Ambiente e Natura

Cronache al tempo del Covid-19 (22). Qui campagna intorno a Lanuvio

di Sandro Russo

.

Costretto come tutti (spero), a restare in casa – rare uscite per motivi di sopravvivenza e contatti sociali minimi e distanziati -, non mi posso però lamentare troppo.

Nella scansione della giornata mi è cambiato poco o niente, tranne i due-tre giorni della settimana che passavo a Roma. Qui in campagna mantengo quel certo numero di ore al computer, dalla mattina prestissimo che è ancora notte… (per assicurare i servizi da base al sito); tanto il mondo del web è già sveglio e attivo. Poi pigramente fa giorno, scandita – l’alba – dai gatti che si accalcano alla porta, ringhiandosi a vicenda e arrampicandosi uno sopra l’altro sull’inferriata. Compiuto il rito collettivo della colazione siamo alla mattina avanzata e bussa alla porta (ma poi si tiene a distanza) il mio amico, sodale, compagno di lavoro (e un po’ negriero) che mi porta a lavorare fuori. In realtà l’accordo è stato preso in tempi non sospetti: il suo compito è tenermi fuori di casa per un certo numero di ore durante la giornata.
Il lavoro è vario: in campagna c’è sempre da fare. È passata da un po’ la stagione delle potature; da “disboscare” c’è sempre, le fave (seppur in ritardo ) sono state piantate; ora c’è da organizzare l’orto… Insomma non ci si annoia, ma si attende con una certa anticipazione l’ora del pranzo e (intorno alle 18 con l’era legale) la fine della (sua) giornata lavorativa. Che riprende (per me) con la lunga coda serale di nuovo al computer.

Le mie impressioni sulla pandemia? Devo dire che – cresciuto a pane-e-fantascienza e poi a film catastrofici a gogò – non mi pare ci stia andando così male. I film li ho in gran parte a mente, per averne scritto anni fa per “Omero”: La fine del mondo e i pop-corn del nov. 2009 e Uomini in cammino dopo la catastrofe del marzo 2010.

La rarefazione dei rapporti sociali peraltro era stata prevista lucidamente da Asimov nel “Il sole nudo”, come evoluzione generale della società, indipendentemente da qualunque pandemia (1).


Tutto questo consola fino a un certo punto. Leggo qua e là opinioni diverse che mi fanno ritenere di essere comunque un privilegiato. Bisogni primari assicurati, ampi spazi intorno a casa (ma sempre casa è), disponibilità di computer e connessione internet. Leggevo appunto qualche giorno fa un twitter della scrittrice napoletana Valeria Parrella, a proposito del virus che sarebbe come ’a livella di Totò nel non far distinzione tra ricchi e poveri… Macchétwitta la Parrella: I ragazzini poveri non hanno il pc, i genitori non possono ricaricare i giga, né uscire a far fotocopie. Nelle case popolari a sei in due stanze senza un balcone ci si abbrutisce. I detenuti come bestie. I disabili senza terapie. I senzatetto senza carità. “’A livella un cazzo”.

Ma noi che siamo più fortunati, e certo non ragazzini, ci difendiamo come possiamo.


Come atteggiamento generale nei confronti dell’emergenza virus mi comporto secondo “scienza e coscienza”. Per la prima, perché non dimentico di essere stato medico (come per i preti: semel abbas, semper abbas); la seconda è intesa come conoscenza: nel mio piccolo (e per il sito) cerco di approfondire il campo dell’informazioni, soprattutto per distinguere il vero dal falso, nella pletora di notizie che girano.

Ma la mia personale contromisura nei confronti del virus e delle limitazioni inerenti è la coltivazione “militante” della bellezza. in senso generale e in pratica; nelle sue varie forme.

Un flash viene dal titolo di un film di Bertolucci di qualche anno fa (ancora con Gianni Silvestri alla scenografia): Io ballo da sola del 1996 – ma il titolo originale inglese è ben più evocativo e illuminante: Stealing beauty (Rubando bellezza). Non uno dei film più riusciti del regista, ma con uno sguardo che ammalia… il paesaggio e la luce delle colline senesi, la giovinezza della protagonista Lucy (Liv Tyler), il commiato di un morente (Jeremy Irons).

E quante volte abbiamo sentito l’espressione “La bellezza ci salverà”?
Mai come di questi tempi la bellezza può essere un’ancora di salvezza, nelle forme che più frequentiamo: la bellezza delle persone, degli animali, della natura.

E proprio perché ne sono il simbolo più diretto, mettono tristezza le immagini di fiori e piante mandate al macero per il crollo delle richieste. Questa è una foto apparsa sul sito, ma ce ne sono altre di orchidee, buttate via:

Mai come quest’anno qui la primavera è rigogliosa e piena di idee…
Dal trapianto di una Paulownia tomentosa fatta crescere da una piantina che per qualche strana via era nata dentro un muro (per l’opera delle formiche, forse, come i capperi). Diventerà un grande albero.

A tutte le altre piante cui dedico tempo e cure…
Spesso c’entra Ponza in qualche modo, per luogo di provenienza o suggestione…
La fioritura del glicine,; sulla destra della foto palette dei fichidindia di Ponza /nelle tre varietà: polpa arancio, polpa rosso bordeaux, polpa bianco verde.

La base del grande pino è sede di un fenomeno che si è prodotto spontaneamente: in primavera è un tappeto di acetoselle; man mano che avanza l’estate, da tuberi più sotterranei prorompono i getti delle belle di notte, che sostituiscono le prime con la loro fioritura (e profumo), mentre la vegetazione precedente scompare. Questo si ripete ogni anni con regolarità: due vegetazioni non competitive tra loro che convivono benissimo

Un Lentisco (Pistacia lentiscus) trapiantato da Ponza quand’era una pianticella di pochi centimetri; con la terra grassa dei Castelli è cresciuta negli anni a dismisura.

E’ poi stato invaso da un’edera che ne aveva invaso l’intera cima per andare a prendersi tutto il sole; abbiamo dovuto capitozzarla e legarla al trattore per tirarla via!


Anche la Tamerice (ora in fiore) viene da Ponza: da una talea presa sopra la Panoramica, lungo la strada, versante mare, ex zona discarica

Lithodora rosmarinifolia. È endemica di Capri (“D’inverno per isole. La ricerca del blu”: leggi qui). Non ha “arrazzato” a Ponza – e sì che ci ho provato -, figuriamoci qui! La ricompro ogni anno.

Piante fiorite di Aquilegia. sullo sfondo del campo di kiwi (ancora nudo, ma per poco: i germogli con le prime foglioline si stanno aprendo). La svolta per gli acquisti è stato un vivaio che le piante le porta a domicilio: basta sapere cosa chiedere.

Le stesse piante rinvasate per la gioia degli amici della Lazio. La minaccia sottesa è che ne ho una (ancora non fiorita) con i colori rosso e giallo: comportatevi bene!

Altra fioritura travolgente, qui ai Castelli, è quella delle peonie. Non dura quanto le camelie (da fine gennaio a metà aprile), ma avviene in sequenza. La prima a fiorire è P. rustica, di colore rosa; seguono quelle bordeaux, rosse e bianche; ultima è quella gialla. Naturalmente parlo delle peonie arboree; quelle erbacee sono molto meno belle e ambite.


Una delle gatte del casale, che risponde – ma non sempre – al nome di Mammina. Pensando a come stanno bene qui i gatti, qualcuno ha detto: “Se esiste un’altra vita, voglio rinascere gatto a Lanuvio!”

Per una serie di circostanze, “il rito” della piantagione delle fave quest’anno è stato ritardato oltre la decenza: nei negozi le fave sono già in vendita e le mie sono ancora piccole. Saranno pronte per San Silverio!

Anche Lavandula stoechas è oriunda ponzese: viene dalla collina di Santa Maria, dietro la terra di Domenico Musco

Plectranthus barbatus è un’altra ponzese naturalizzata castellana. Mi sono stati fatti arrivare (grazie!) due zeppetti ed in meno di un anno ha invaso tutto

Ajuga reptans è una pianta selvatica, del sottobosco e delle siepi; questa è stata raccolta intorno al lago di Nemi (dai genzanesi detto “di Genzano). Tenuta al sole si allarga cuscini compatti fioriti di blu. Si sarà capito che il blu è il colore che preferisco?!

***

Foto inviata da Patrizia Maccotta (cfr. Commenti)

La peonia davanti alla casa di Patrizia, in Sabina

 

12 Comments

12 Comments

  1. Tea Ranno

    9 Aprile 2020 at 12:39

    Che meraviglia la tua bellezza, Sandro. Tutti quei fiori, tutte quelle piante.
    Grazie. E’ un pezzo molto bello.
    Auguri di buona Pasqua.
    Tea

  2. Adriano Madonna

    9 Aprile 2020 at 15:05

    Bella cronaca, complimenti! Uno stile darwiniano tra impressioni personali e il naturalistico, con le immagini didascalizzate delle specie vegetali. Ci penserei a fare una raccolta della descrizione delle tue giornate. Verrebbe una bella cosa. Buona Pasqua e… teniamo duro! Come onorerai il desco pasquale?

  3. silveria aroma

    9 Aprile 2020 at 15:39

    Leggo con piacere che i miei due “zeppetti” hanno attecchito bene. Sorrido un po’ pensando che qualcosa abbia invaso il tuo spazio, e finalmente! Abbiamo (parlo per me) bisogno – ora più che mai – di luce, di colore, di bellezza e di solidarietà, tanta solidarietà. La natura è sempre generosa di offerte. Anche i boccioli che aspettano di aprirsi sul mio balcone mi sembrano più belli di prima.
    Uniti ma distanti, manteniamo la distanza di sicurezza… io ne vorrei una siderale da chi ha un problema per ogni soluzione. Sono tempi duri, molto duri, spegnere la luce mi pare un’aggravante.
    Voglio sperare che torneremo a vivere e a lavorare con una miglior capacità di apprezzare i nostri giorni più comuni o quelli di lavoro più pesante. In queste settimane ho letto, scritto, guardato film, impastato pizze, zeppole, gnocchi… ma è proprio vero: “non lavorare stanca”, e per campare tra divano e televisore ci vuole talento.

  4. Annalisa Gaudenzi

    9 Aprile 2020 at 17:19

    Ti devo dire una cosa bellissima, Sandro caro: ti invidio dal più profondo del cuore.
    E siccome si dice “anche l’invidia è un omaggio”, sappi che ti arcisuperstraomaggio in questa tua fortuna campagnola. Beato te!
    Hai ragione: la Bellezza ci salverà. Ma la Natura ci salverebbe.
    Alla prossima
    Annalisa

  5. Gabriella Nardacci

    9 Aprile 2020 at 17:25

    Ciao caro Sandro, volevo ringraziarti del pezzo che hai postato su Ponzaracconta. E’ bello poter immaginare come trascorri le tue giornate e tra l’altro, mi sono deliziata dei fiori e delle piante e della conoscenza che hai di esse.
    Mi sono piaciute le immagini dei gatti e la storia del tuo amico che viene a ‘prelevarti’ per portarti sui campi a lavorare…
    Fa piacere sapere del “quotidiano” di ciascuno in questo periodo.

  6. Liliana Madeo

    9 Aprile 2020 at 19:06

    Grazie! Grazie dei fiori, della luce e dei profumi della primavera, del viaggio intorno alla tua casa e nelle tue ore di “lavoro”! E grazie delle peonie, che amo molto nella loro consistenza e lievità, fragilità. Ora, quando vedo il sole a picco, ti vedrò in giro con il tuo uomo-amico-datore di ore all’aperto. Ti invidierò, da privilegiata come anch’io mi sento.
    E’ bello condividere piaceri e slanci in un momento come questo invaso da dispiaceri e ostacoli.
    Caramente. Liliana

  7. Rinaldo Fiore

    9 Aprile 2020 at 21:22

    Delle piantine avute in regalo da Sandro a Lanuvio ignoro il nome, dimenticato in fretta, ma non la loro bellezza… Fiori rossi, blu notte-violaceo, un banano che ho in misero vasetto non sapendo dove metterlo… insomma di Sandro ho salvato ogni singola piantina.
    Insieme ad un mirto fanno parte del piantinaio che accompagna la vista di buon mattino accanto alla nandina e alle piantine di albicocchi che limitano la crescita di rose giallo-rosse: margherite gialle bellissime e un alberello di susine… Tutte aspettano di essere trapiantate in piena terra.
    Da giorni con grande fatica sto estirpando rovi di more, goduriose sì, ma diventate troppo invadenti: al loro posto pianterò degli alberelli…
    Quest’anno – lo dico con prudenza – si annuncia produttivo: molti olivi carichi di grappoli di gemme fanno sperare in una buona produzione del sacro olio, le foglioline dei fichi mostrano i ficucci laterali, mentre una miriade di prugne crescono giorno dopo giorno. Mandorle silenziose fanno a gara con le vicine nespole a crescere più del noce troppo in ritardo. I ciliegi innamorati portano in dono consolle di fiori per api ed insetti impollinatori mentre gli agrumi riempiono le narici con il loro profumo prorompente (…e rassicurante: pare che uno dei primi segni del virus sia la perdita dell’olfatto!). Centinaia di fiori son preda di voraci insetti ma immediatamente un frutticino a punta compare benvenuto…
    Anch’io combatto il coronavirus con la bellezza della natura, mentre ho preparato il terreno dell’orto e già i semi alzano il terriccio alla ricerca della luce… Tra poco pianterò anche i semi dei pomodori per il ciclo annuale del prelibato ortaggio. Anche i cachi hanno deciso di essere generosi.
    La potatura degli olivi quest’anno per il Covid l’ho fatta tutta io con santa pazienza e senza grandi problemi e così anche il taglio dell’erba che devo ancora concludere, necessariamente perché le erbacce son troppo pericolose per cane e gatto: il tempo passa e degna la mia vita…

  8. Patrizia Maccotta

    9 Aprile 2020 at 21:41

    Che meraviglia Sandro! Rallegra il cuore. Le mie peonie sono fiorite senza di me: non siamo indispensabili, in fondo. Non credi?
    Auguri
    Patrizia

    Nota della Redazione
    La foto inviata da Patrizia, della peonia davanti alla sua casa in Sabina è annessa all’articolo di base

  9. Maurizio Moriconi

    9 Aprile 2020 at 21:54

    Salve Alessandro. Ho letto il tuo ultimo articolo e vedo che dopotutto sei impegnato alla grande. Non sapevo che sei anche un pollice verde.
    È sempre un piacere leggere i tuoi articoli e quelli degli altri su Ponza Racconta

  10. Pino Moroni

    10 Aprile 2020 at 09:36

    Caro Sandro,
    un bellissimo pezzo.
    Una primavera in meno per tutti ma soprattutto per chi ancora ama la natura e la vede come parte della bellezza. E non come oggetto di consumo o di distruzione!
    Poi tu la alimenti e la curi, mescoli le specie ed i luoghi e puoi ricevere quell’esplosione vegetativa che dà tanta forza alla sensibilità.
    Giusto in un momento in cui l’uomo è ‘in guerra’ contro altre razze (gli animali) che chiede di distruggere o ‘ingurgita’.
    Quando la finiremo di essere così presuntuosi e cattivi!
    Un caro saluto.
    Pino

  11. Nazzareno Tomassini

    11 Aprile 2020 at 19:51

    Sandro,
    ho letto del tuo botanico racconto lanuviese (a lanuviano?) e non sapevo se continuare a leggere o osservare con piacere tutte le immagini delle piante che hai messo. Era come passeggiare in un giardino pieno di piante, di fiori e di foglie e devi farti largo con le mani per riuscire a passare senza fare danni….
    E poi Lanuvio… ancora ho il ricordo di una gita organizzata dal dopolavoro delle FFSS per arrivare a Lanuvio con un vecchio treno tirato da una locomotiva a vapore. E là ci aspettavano per partire con la corsa delle botti….

    Risponde Sandro
    Grazie Nazzareno. Gli abitanti di Lanuvio si chiamano lanuvini o civitani, dal nome romano (Civita Lavinia) della piccola cittadina arroccata, tra Genzano e Velletri.
    Quindi il racconto è lanuvino (lanu/vino… ce sta… ce sta!)

  12. Emanuela Siciliani

    11 Aprile 2020 at 20:29

    A proposito della lavandula mi hai fatto ricordare dei primi lavori di sistemazione del terreno di Santa Maria e dei tuoi preziosi suggerimenti sulle erbe da piantare sui bordi delle varie catene: il rosmarino che ha vegetato oltre misura; la salvia e la lavanda non hanno fatto purtroppo la stessa riuscita.
    In compenso l’albero del pepe rosa – altro tuo suggerimento- fornisce la delicata spezia a tutta Ponza!

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top