di Nazzareno Tomassini
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Dopo Vulcano, Ponza e Ischia arrivò poi in maniera imprevista un’altra isola del Tirreno, le cui dimensioni e dunque la varietà dei paesaggi finirono per schiacciare le tre piccole isole: la Sardegna.
Il bello è che non ci arrivai come turista, ma perché chiamato a passare i miei quindici mesi di servizio militare. Per i primi quattro del CAR fui
inviato a Cagliari e dunque potei apprezzare subito le spiagge che si estendevano ad est lungo il golfo di Quartu, fino a Villasimius. Ma poi mi spedirono all’interno, al Centro Sperimentale di Perdasdefogu ubicato all’inizio del Salto di Quirra (a 600 m d’altezza). Facevo l’autista di camion e fuoristrada e là il mare dovetti dimenticarlo.
Passati i primi momenti di sgomento, cominciai però ad apprezzare un paesaggio che non aveva niente da invidiare a quelli dei più famosi film western dell’epoca. La domenica la nostra libera uscita consisteva nell’indossare la tenuta da guerra (altrimenti inutilizzata), uscire da un buco nella rete di protezione e perdersi nei profondi ed immensi canyon a nord del Monte Cardiga. E se ci andava bene, potevamo anche farci un bagnetto in qualche ruscello dall’acqua tiepida che scorreva nascosto ed inatteso.
Dopo un’esperienza del genere, non potevo non tornare in Sardegna per scoprire dov’era e com’era veramente il suo mare. Ma intanto avevo avuto una piccola ricompensa per aver sopportato questa esperienza selvaggia, perché, avendo stretto amicizia con un commilitone di Anacapri, subito dopo il servizio militare fui invitato a casa sua e così anche l’isola di Capri entrò nella lista delle piccole isole tirreniche ben conosciute.
Le occasioni per tornare in Sardegna furono molteplici e diverse.
Sulla costa occidentale il primo soggiorno fu a Riola Sardo, a nord di Oristano e dello stagno di Cabras, in un B&B gestito da Luisu e Apollonia, una coppia senza figli e che trattò i miei come fossero stati i loro. Diversi anni dopo scoprii la colonia marina di Fontapazza, a valle del Parco Geominerario di Montevecchio, lungo una incredibile spiaggia dalle dune alte fino a 30 m.
Sulla più aspra costa orientale curioso fu infine un più recente soggiorno a Orosei, dove dormimmo in un B&B gestito da una giapponese.
Ovviamente questi soggiorni principalmente marini furono anche l’occasione per visitare le maggiori città sarde (Sassari, la “catalana” Alghero, Olbia, Nuoro e la bella casa di Grazia Deledda), alcuni dei nuraghi più noti come il Su Nuraxi e anche piccole cittadine come Orgosolo, nota per i suoi murales, e Orani, la città natale di Costantino Nivola, scultore catturato da una ricca turista americana e che trovò incredibilmente successo negli USA. Pensare ora di poter visitare in piena Barbagia l’interessantissimo museo che conserva alcune delle più belle sculture di Nivola è una delle sorprese più incredibili per chi attraversa di corsa quei luoghi, pensando che tanto non c’è niente da vedere.
Certamente non potemmo evitare di dare un’occhiata anche alla Costa Smeralda ed alla bianca spiaggia di Stintino, ma mi rimasero più impresse la chiesa pisana in pietra bianca e nera della SS. Trinità di Saccargia (a sud est di Sassari) e la Valle della Luna (tra Olbia e Tempio Pausania), così chiamata perché quando c’è la luna piena le rocce che emergono tra i cespugli si illuminano di una luce soffusa e misteriosa.
Naturalmente venne anche l’occasione di arrivare in Sicilia, ma anche qui le aree interne presero il sopravvento sulla costa e non soltanto per ragioni professionali, ma per la ricchezza dei siti turistici, dal Castello di Ortigia a Siracusa ai templi di Agrigento e dai mosaici di Piazza Armerina al teatro romano di Taormina, tanto per citarne alcuni. Per ragioni di lavoro frequentai comunque molto la punta meridionale. Facendo perno su Scicli, entrai in particolare a Ragusa, Modica, Noto e Pozzallo; e a Donnalucata riuscii finalmente a farmi un bagno. Sul versante settentrionale visitai ovviamente Palermo e Monreale e feci il bagno a Cefalù. Purtroppo di Catania vidi sempre e soltanto l’aeroporto.
Veduta aerea dell’isola di Ortigia con il Castello Maniace in punta
Trovare sulla costa, lungo la penisola, paesaggi e spiagge eccezionali come si possono trovare nelle isole, non è facile. Ma ci sono delle eccezioni, tutte comunque sul versante occidentale tra il Mar Ligure ed il Mar Tirreno.
Partendo da nord, un ricordo piacevole ce l’ho per Santa Margherita Ligure, che riesce ancora ad avere delle belle spiaggette, pur essendo un concentrato di sviluppo edilizio stretto tra ferrovia e autostrada. Questa è purtroppo la bellezza contraddittoria di tutta la Liguria, che comunque ha un’eccezione straordinaria: le Cinque Terre.
Ancora all’inizio di questo secolo riuscii a farmi tranquillamente a piedi la Via dell’Amo-re, il magnifico sentiero pedonale che collega Riomaggiore a Monterosso, mentre a Manarola potei scendere fra gli scogli e farmi una bella nuotata nell’acqua bella limpida.
Prima di uscire dalla Liguria non posso non citare Montemarcello, nell’omonimo Parco Naturale a sud di La Spezia, dove però il mare era bello vederlo dall’alto, perché discendere fino alla riva era un’impresa da alpinisti.
Entrando in Toscana ho conosciuto il grazioso villaggio di Castiglioncello, che tuttavia ricordo soprattutto per la bella strada panoramica che risale verso Livorno e la incredibile spiaggia di Rosignano Solvay, dove la sabbia è bianca come la calce e l’acqua celeste chiaro come la soda (da cui il nome).
Scendendo ancora verso sud, ricordo di essere entrato a Piombino per riportare al Commissariato di Polizia un portafoglio di un residente di quella cittadina che avevo trovato per strada dalle parti di Vignale Riotorto.
La cosa curiosa è che ancora oggi mi chiedo perché, passando da quelle parti tante volte, non mi venne mai voglia di prendere un traghetto per l’Isola d’Elba.
Continuando lungo il mare in direzione di Castiglione della Pescaia, scoprii poi Riva del Sole ed il villaggio riservato ai turisti svedesi, dove aveva
alloggiato nel lontano 1964 la famiglia Karlson, quella che poi mi ospitò nella sua casa a Farsta (sobborgo di Stoccolma), quando dovetti raccogliere la documentazione necessaria per la redazione della mia tesi sul Partito Social Democratico svedese.
Al Monte Argentario sperimentai con soddisfazione la formula mista mare/agriturismo.
Alloggiavamo in una casa colonica nella campagna di Albinia e ogni tanto aiutavamo i vicini contadini a raccogliere le melanzane, mentre per fare il bagno ci trasferivamo sulla solitaria spiaggia del Tombolo di Feniglia, non lontano dal luogo dove fu raccolto morente Caravaggio (caduto in disgrazia per aver ucciso a Roma un certo Ranuccio Tomass …oni).
Ignorai da sempre tutto il litorale che partiva da Tarquinia e, superato il porto di Civitavecchia, arrivava fino a Fiumicino, passando per Santa
Marinella, Ladispoli e Fregene, mete privilegiate dei turisti romani di fine settimana e sempre superaffollate.
Verso la fine degli anni ’60 non potei comunque non apprezzare la nuova spiaggia libera di Castel Porziano, finalmente una ragionevole alternativa al summenzionato lido di Ostia.
A sud di Roma stessa repulsione fino a Nettuno, fatta esclusione per il porto di Anzio, altrimenti non sarei mai arrivato a Ponza.
Ma subito dopo, ecco finalmente una bella sorpresa: la scoperta della spiaggia senza dubbio unica di Torre Astura, 12 km a sud del comune di Nettuno.
Già per arrivarci bisogna conoscere bene la strada, perché tutto il tratto della costa compreso tra Nettuno e la Torre fa parte di un poligono militare ed è dunque inaccessibile. Ma è già questo il primo pregio, perché in un giorno feriale estivo può succedere di prendere il sole e fare il bagno anche in perfetta solitudine. L’altro pregio è che si può prendere il sole guardando le severe forme della pentagonale Torre Astura, un castello costruito su alcune non meglio identificate rovine romane e che si protende verso il mare come per nascondere chissà quali segreti. Uno comunque lo conosciamo e riguarda un episodio di storia medievale: dopo essere stato sconfitto da Carlo d’Angiò alla battaglia di Tagliacozzo del 23 agosto 1268, è in quel castello che si rifugiò inutilmente Corradino di Svevia, perché fu poi preso e condannato alla decapitazione. La cosa straordinaria è che per più di sette secoli – dall’arrivo di Corradino a te che fai il bagno – non successe più niente; o almeno così sembra.
Dopo aver attraversato con interesse l’Agro Pontino, l’altra meta inevitabile fu per molti anni il promontorio del Circeo, in particolare in quel tratto di spiaggia che va da Torre Paola alla Grotta della Maga Circe e non lontano dalla quale non erano pochi i siti archeologici da scoprire. E fu seguendo questa pista che arrivai anche a Terracina per salire fino al Tempio di Giove Anxur.
Con lo stesso intento frequentai anche Sperlonga, lungo la spiaggia che va dal paese alla Grotta di Tiberio e dove sperimentai per la prima ed ultima volta il soggiorno in tenda!
A Gaeta invece mi limitai ad una visita giornaliera e la trovai comunque attraente.
Dopo di che si entra nell’area di influenza della metropoli partenopea, talmente vasta e piena di risorse, che ci potrei scrivere un romanzo, anche perché il mio compagno di banco fu per cinque anni un ragazzo di Castellammare di Stabia ed una collega di lavoro che mi rimase amica per più di trent’anni veniva dal lungomare di Posillipo.
Ma ora delle isole del Golfo abbiamo già parlato e le altre località non sono strettamente legate ad un soggiorno specificatamente marino.
Ovviamente tutto resta indimenticabile, dalle solfatare di Pozzuoli alle rovine di Ercolano (che trovai più suggestive di quelle di Pompei) e dalla salita sul Vesuvio all’attraversamento della penisola sorrentina, continuando fino a Positano, Amalfi e Vietri sul Mare.
Purtroppo, debbo aggiungere che, come tutti i grandi amori, anche con Napoli arrivò bruscamente la fine. Eravamo già all’inizio del nuovo secolo e in occasione del Natale avevo portato alcuni amici a visitare i presepi di San Gregorio Armeno. E lì, nella confusione generale, qualcuno riuscì a sottrarmi il portafoglio con soldi e carta di credito (spendendo subito 2.000 euro, di cui però 1.800 mi furono rimborsati).
Per me fu un vero tradimento da parte di una città che era stata per tanti decenni la mia seconda città natale. Ma forse fu una vendetta da parte di Napoli, perché la mia vita stava cambiando ed i miei orizzonti si stavano spostando verso nord, addirittura oltre i confini nazionali.
Fatto sta che da allora non sono più tornato a Napoli.
[Il mio mare (2) – Continua]