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Il mio mare. Le isole (1)di Nazzareno Tomassini . Ero nato a Roma, a 25 km dal mare, e il mare non poteva non far parte delle mie esperienze di vita. Solo che per molti anni (a partire dagli anni ’50) mi dovetti accontentare della grigia spiaggia di Ostia, ostaggio di famelici ed invadenti stabilimenti balneari, e il panorama non era certo dei migliori. Avendo però dei genitori marchigiani, d’estate provai anche le spiagge di Fano, accessibili senza dover forzatamente pagare un biglietto d’ingresso e disponibili in due versioni: con la sabbia chiara già più accogliente e con i sassi bianchi (spiaggia che non a caso era chiamata La Sassonia). La spiaggia fanese a me piccolino piaceva di più anche perché potevo avanzare verso il largo senza che l’acqua superasse l’ombelico e, non sapendo ancora nuotare, questo mi metteva a mio agio. Ricordo che per i miei genitori il mare non faceva parte delle loro abitudini; anzi non era proprio nella loro natura. Fatto sta che mia madre non entrò mai in acqua e mio padre ci mise solo i piedi; da qui la necessità di arrangiarmi da solo. La prima isola che visitai fu ovviamente Capri, ma ero con i miei genitori e dunque l’unico approccio con l’acqua fu la tradizionale gita in barca per visitare la famosa Grotta Azzurra. Era il 1963 quando scoprii un’analoga offerta conveniente, dedicata a giovani studenti, per passare una settimana di vacanza al mare. E fu così che sbarcai all’isola di Ponza, ospite del “Centro Internazionale di Cultura Mediterranea a La Torre”. Così trovo ancora scritto nei miei vecchi appunti, ma cosa fosse questo centro non ricordo. So solo che dormivamo nelle aule di una scuola trasformata in albergo, dove i banchi erano stati sostituiti da semplici brande. Alla mattina, dopo aver fatto colazione, si trattava soltanto di scegliere in quale tratto della costa conveniva scendere. Purtroppo non fu quasi mai la affascinante spiaggia di Chiaia di Luna perché lontana per noi e troppo difficile da raggiungere La cosa curiosa è che trovai una numerosa presenza di tedeschi. E così feci la conoscenza di Gunther Muller (Molli per gli amici), un laureato in legge aspirante giudice, proveniente da Amberg (in Baviera) e sbarcato a Ponza al seguito di una fanciulla di Bracciano. Ma c’era anche una comitiva di studentesse di Freiburg, venute a festeggiare la fine del liceo, e per rinsaldare la fama degli italiani sempre a caccia di ragazze straniere (fama messa in discussione da Molli), cominciai a fare la corte a quella che mi sembrava la più bellina: Brigitte Keller. E la fanciulla accettò ben volentieri la mia compagnia, con una disponibilità ed una simpatia che non avevo mai incontrato fino ad allora. Una terza isola della mia giovinezza fu Ischia, visitata per la prima volta con la mia futura moglie ed altre amiche. Allora l’esperienza più incredibile fu quella di aver fatto da solo il giro a nuoto del Castello Aragonese, all’entrata del porto. Restai sempre a non più di 50 metri dalla costa rocciosa, ma l’acqua era già di un blu scuro impressionante e mi sembrava di essere come sospeso nel vuoto. Ovviamente avevo le pinne, altrimenti sarei morto di paura, soprattutto quando arrivai dal lato opposto del castello e non c’era più nessuno. Tornai ad Ischia molti decenni dopo, ma allora restai piuttosto deluso. L’unica cosa bella rimasta com’era furono i giardini de La Mortella. Tutto il resto era diventato un insieme multiforme di presunti impianti termali, perché anche l’albergo più modesto aveva messo su una piscina con l’acqua calda ed assunto un paio di massaggiatrici e il mare sembrava dimenticato. Per finire con le piccole isole tirreniche, non posso non ricordare Procida, ma non perché l’ho conosciuta veramente, ma perché dal porto di Procida partii insieme a due amici un giorno di fine estate per riportare indietro (a Fiumicino) una barca a vela di uno dei due. Era un’esperienza che non avevo mai fatto e non potevo rinunciare ad un invito così singolare.
Stando al timone ancora una volta, mi ero voltato indietro così per curiosità e alla scarsa luce di una sera ormai vicina avevo notato la presenza di una collina. Ma come – mi chiesi – siamo così vicini alla costa? Guardai meglio e la collina non c’era più… Guardai meglio ancora e capii: l’ombra scura che appariva e spariva non era altro che il susseguirsi di onde sempre più alte. Era il vento sempre più forte che le spingeva, ma tirava nello nostra stessa direzione e per questo non lo avevamo sentito.
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