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Cronache al tempo del Covid-19 (15). Qui Parigidi Annalisa Gaudenzi
Diamo il benvenuto tra i nostri collaboratori a Annalisa Gaudenzi, amica di penna (di tastiera) da qualche tempo, italiana a Parigi. Pubblichiamo un suo scritto recente, in tema con le ambasce di questi giorni. . Oggi, angioletto da una e diavoletto dall’altra, a tirarmi i capelli, ho ceduto. Sono uscita. Non so se ha vinto più il piacere di trasgredire o sette giorni di digiuno solare, resta che una forza impellente, insopprimibile, mi ha convinta dell’urgenza vitale di comprare una vernice lillà (“devo” ridipingere il bagnetto di servizio) e il nastro per una torta (la mia, di compleanno). Ovviamente non ho trovato nulla. Anche se mi sono spinta oltre il mio mini Monoprix, dietro l’angolo, ma come una saetta fino a quello grosso grosso, a 400 metri. Niente. Volevo andare là. Il palazzo è Art Deco, notevole, imponente: nasce Félix Potin, all’incrocio Rue Réaumur con Sébastopol. Era una épicerie, quindi che sia convertito in un supermercato non fa notizia. Ai tempi in cui facevamo un po’ tutti i finti tonti, diciamo due mesi fa, ho avvertito analogo desiderio viscerale: visitare le Catacombe di Parigi. Chiamo le conoscenti di qua, ma tutte si danno alla macchia. Troppo lugubre. D’accordo. Il reticolo – in origine cava di pietra – è estesissimo sotto Parigi e ha tanti sbocchi in superficie. Uno di questi (al momento non praticabile) si trova sotto il famoso Monoprix/Réaumur/Sébastopol e, a voler essere precisi, durante precedenti lavori di ristrutturazione, si imbatterono in un ossario del Medio Evo, avendo costruito sopra l’Hôpital de la Trinité. Il Félix Potin è del 1859. In quell’anno nasceva Alfred Dreyfus. Che ci riporta al “J’accuse” di Émile Zola (1840 – 1902) e a L’ufficiale e la spia (J’accuse) di Roman Polanski (2019), vi è piaciuto? Il primo un gigante, il secondo ha saputo renderlo, io credo. Al di là della settima arte: uno condannato ingiustamente, in definitiva un dannato. J’accuse. Pubblicato il 13 gennaio 1898 dal giornale socialista L’Aurore E allora – mi ricollego con lo spunto sui detenuti e sulla detenzione, segnalato da Riccardo nel Forum – un altro film sui condannati/dannati (magari vi ci imbattete in questi giorni: non lo trascurate). “Les choristes” (I ragazzi del coro, di Christophe Barratier; 2004). Narra di un aspro riformatorio degli anni ‘50 ma anche di una speranza (gigantesca, ma stavolta non si chiama Zola) di nome “Musica”. Ritrovate in internet almeno i canti. Fanno fare pace con tanto, se non col mondo. Dopo potete pure fare la guerra con “Les Misérables”, il film urto di Ladj Ly, 2019. I dannati/condannati delle banlieue: i più fragili, cioè i bambini che, dopo soprusi agghiaccianti, propinati come fosse la normalità, hanno la forza folle di reagire, in un rito d’iniziazione, che però – purtroppo – li trasforma in maledetti adulti. In dannati. La normalità, altro spunto egregio del Forum. Torneremo alla normalità? Tutti lo desideriamo. E dimenticheremo non solo i morti delle pesti seicentesche, ma pure quelli di ingiustizia e violenza e malattia. Temo. Era questa la lezione che ci serviva? O non ce n’è, di lezione? Non so quale ipotesi mi inquieta di più. A proposito. Hugo ha molto amato le Catacombe di Parigi.
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