di Giuseppe Mazzella
I dubbi non mancano in questo periodo di emergenza. Grazie anche al “riposo forzato” abbiamo tutti la possibilità di riflettere su quello che sta succedendo, che è la conseguenza di quanto accaduto prima.
Non è questo il momento di ricercare responsabilità, politiche e/o scientifiche (ci sarà tempo) ma di concentrarci sull’analisi di quanto sta accadendo.
Usciamo da un lungo periodo di incertezze iniziato con la “santificazione” della globalizzazione e dei mercati, ormai dominanti a livello mondiale, che stanno rodendo le ultime libertà. Libertà per le quali i nostri predecessori fino alla seconda guerra mondiale, hanno immolato la loro vita. Una marea inarrestabile che ha impoverito Paesi come l’Italia non solo dal punto di vista economico, ma delle sue eccellenze identitarie.
Per anni solo a parlare di identità ci si faceva venire l’orticaria, quasi fosse una bestemmia. E pensare che l’Italia è apprezzata e invidiata nel mondo per quella che è: una riserva inesauribile di storia, cultura, arte, enogastronomia, cinema, turismo. Una ricchezza alimentata continuamente da nuovi talenti che purtroppo trovano in patria difficoltà a volte insuperabili, per cui sono costretti ad emigrare per avere successo. Cosa che accade quasi sempre all’estero.
Un vecchio proverbio ci ricorda che chi disprezza intende comprare. E così è avvenuto per il nostro Paese. Le nostre griffe più prestigiose sono state acquistate spesso al di sotto del loro valore da multinazionali che solo apparentemente sono “giunte in soccorso” nel momento di difficoltà. Ora il nostro tesoro sono proprio queste nostre creazioni identitarie che hanno fatto e fanno l’Italia, che ci dobbiamo tenere strette, pena la nostra definitiva decadenza.
I dubbi ci sono perché il coronavirus appare, anche ad una lettura sommaria, come il brodo ideale nel quale “pescare” buone occasioni, approfittando della paura, del caos e delle incertezze nelle quali stiamo vivendo. Un pericolo reale che dobbiamo fronteggiare ad ogni costo. Avere dubbi è sempre salutare, perché ti fa ripensare a cose che consideravamo acclarate e definitive. Solo su una cosa non ho dubbi: la nostra identità e le nostre qualità sono la nostra garanzia per un futuro da costruire. Non ce la facciamo rubare!
Per la nostra Ponza vale lo stesso. Quelli che siamo, nel bene e nel male, è la nostra forza: continuare ad offrire ai nostri ospiti in futuro le nostre specificità deve costituire il manifesto comportamentale e pragmatico. E anche a Ponza bisogna temere in questo stato di emergenza i soliti opportunisti che si preparano ad impossessarsi delle nostre attività. La nostra etnia ha dovuto superare nel corso della sua breve storia quasi trisecolare molte prove e quella che abbiamo davanti non è inferiore a quelle passate. Le dobbiamo affrontare, però, con una visione diversa, pensando che la “salvezza” di uno è la salvezza di tutti. Solo modificando profondamente il nostro atteggiamento, possiamo combattere e vincere. Riappropriamoci orgogliosamente della nostra identità e valorizziamola tutti assieme, senza farci strumentalizzare da “esperti” o da “registi” più o meno occulti. La nostra volontà e la voglia di lavorare devono bastarci a superare anche questo momento. Ce lo auguriamo e lo vogliamo con tutte le nostre forse.
Viva Ponza e i ponzesi!
ndr: la foto di apertura è tratta dal blog Frammenti di Ponza di Francesca Iacono
Emilio Iodice
31 Marzo 2020 at 11:52
Caro Giuseppe, grazie per questo articolo illuminante. Sono ottimista e realista. Ho speranza e abbastanza saggezza per sapere che usciremo da questa situazione più saggi e più forti. Mi rendo anche conto che ci saranno opportunisti che trarranno vantaggio dalla situazione. Alla fine, ne sapremo di più, fare di più e farlo meglio. I migliori auguri, Emilio
“Una mente che è allungata da una nuova esperienza non può mai tornare alle sue vecchie dimensioni.” Oliver Wendell Holmes