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Cronache da Ponza al tempo del Covid-19 (13). Qui Latina. Perfettamente convinta che di come stia vivendo questo periodo io, in quanto ponzese, non interessi a nessuno, procedo comunque con il mio racconto, sostituendo volentieri i titolari di questa rubrica, Martina e Enzo. Latina è una città del Centro Italia con tendenza al sud, dove vivono molti ponzesi. Però non è di questo che voglio parlare. Volenti o nolenti, voi, vi dirò come me la passo in questo periodo d’emergenza: e non vorrei trovarmi in nessun’altra città, tranne naturalmente a Maputo (capitale del Mozambico) dove avrei dovuto raggiungere mio marito sabato 21 marzo per rimanere fino a Pasqua: avevo anche anticipato l’epicrisi per questo motivo! Meglio non pensarci e tirare dritto, come i cavalli con i paraocchi. Non vivo in centro e quindi per fortuna non devo assistere quotidianamente allo spettacolo di strade e piazze vuote: ville e palazzine basse intorno a me hanno parchi e giardini, più animati del solito, ma anche terrazzi stranamente frequentati non solo per stenderci i panni. Mi ricordano un periodo di coprifuoco a Tripoli, decine di anni fa, quando ci si vedeva e salutava solo così, da un terrazzo all’altro: ma lì la cosa era durata solo qualche giorno, mentre qui… Adotto un personale manuale di sopravvivenza: solo due Tg al giorno, alle 13.30 e alle 20, rigorosamente su RaiUno, quella nazional-popolare; poi guardo qualche programma in prima serata a piacere: per il resto della giornata tutto spento, anche la radio. I social non li frequento proprio, e mi sembra anche eccessivo tutto ciò che tra messaggi, foto e video, mi arriva tramite whatsapp. In quello stesso periodo, proprio per un innato istinto di sopravvivenza (o resistenza?), ho comprato in farmacia una crema antirughe, ma non una qualunque: un “instant wrinkler corrector” che distende un po’ la pelle ogni volta che lo applichi al mattino. Chi avrebbe immaginato di dover girare, per quel poco che si può e si deve, con la mascherina coprifaccia? A questo proposito, ho dietro la porta d’ingresso un piccolo tavolino dove di solito metto “i generi di prima necessità” prima di uscire, occhiali da sole, chiavi: ebbene da quando c’è il Covid-19 l’ho dovuto attrezzare diversamente, con tanto di mascherina e guanti monouso, per non dimenticare niente. Raramente vado in centro, dove in pochi metri si concentrano diversi servizi essenziali come banca, tabacchi, edicola, alimentari e supermercati. Dato che non guido prendo il bus, come ho sempre fatto: solo che ora, che tra l’altro hanno giustamente ridotto le corse, arriva puntuale, anzi in anticipo. Di solito oltre al conducente ci sono solo io: sabato che era “affollato” eravamo in tre. Ieri a Latina è stata la prima domenica con il nuovo orario dei supermercati aperti solo fino alle 15: come speravo non c’era molta fila, solo che una volta dentro invitavano ad essere veloci negli acquisti. Speriamo che la smettano: di ansia ne abbiamo già abbastanza. Nel frattempo però, proprio per evitare le file, ho scoperto i piccoli negozi con produzione propria di frutta e verdura: hanno cose più fresche, usano le buste di carta, e non è vero che hanno prezzi più alti. Parlando di altri aspetti legati all’emergenza, stamattina ho dato un’occhiata al taccuino in cui segno tutti i film che vedo, divisi per mese: ho verificato così che l’ultimo, visto prima del 20 febbraio, è stato “Il concertone ritrovato”, che non è neanche un vero film, con Fabrizio De André e Pfm. Banale dire che sembra un secolo. Ma questo pensiero mi riporta per antitesi a riflessioni più dure e alla drammatica cronaca di oggi sul fronte coronavirus a Latina e provincia. La prima pagina di Latina Oggi titola infatti: “Il virus cala al nord ma non da noi. Allerta Lazio”. I casi nei comuni pontini sono 183, con 8 decessi, dopo che per diversi giorni quest’ultima cifra era rimasta ferma a 6. Il maggior numero di casi di contagio vedono come sempre al primo posto Fondi con 55 persone, seguita da Latina con 42.
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