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Momenti pestiferidi Nazzareno Tomassini . Attraverso Patrizia Maccotta, nostra comune amica, e per il tramite di Tano Pirrone che lo conosce personalmente, riceviamo e pubblichiamo quanto scrive Nazzareno Tomassini, un italiano che vive a Bourges, economista alla Coop quando viveva a Roma. Lo ha pubblicato di recente per il giornale della sua Associazione Italia-Francia. Nel 2011 uscì un film di Steven Soderbergh, dal titolo “Contagion”, che non ebbe grande successo; riuscì infatti a guadagnare quel tanto che bastava per pareggiare i conti. Oggi è ricercato su Google in mezzo mondo ed è uno dei dieci film più visti sul piccolo schermo, insieme a Parasite, Joker e ll était une fois à Hollywood. Potete facilmente immaginare perché. Pare che allora alcuni esperti avessero commentato al riguardo dicendo che “la questione non è di sapere se una pandemia potrà svilupparsi o no, ma quando lo farà”. Con tutte le notizie che ci arrivano dai giornali e dalla televisione e coerentemente con le severe disposizioni prese dalle autorità nazionali e regionali, l’immagine che ci stiamo facendo di questa pandemia non è per niente rassicurante. Ebbene, un secolo fa l’influenza “spagnola” (così chiamata perché all’inizio ne avevano parlato solo i giornali spagnoli) era arrivata a contagiare 500 milioni di persone in tutto il mondo e i morti erano stati 50 milioni (qualcuno dice anche 100!), di cui 600 mila nella sola Italia, allora prevalentemente giovani adulti. Curiosamente, gli italiani ricordano di più l’epidemia del 1630, perché descritta da Alessandro Manzoni nel suo testo letterario, d’obbligo per tutti quelli che continuavano a studiare anche dopo i 14 anni. Ed è una coincidenza di non poco conto il fatto che anche allora si sviluppò prepotentemente lungo tutta la pianura Padana da Milano a Bologna, con diramazioni fino a Venezia e Firenze, anche allora comunque l’area più ricca e trafficata della penisola. Non ci sono stime ufficiali, ma si legge che i morti arrivarono al milione e molte città, come il capoluogo lombardo, arrivarono a perdere tra il 50 ed il 60% della propria popolazione. Tornando ancora indietro nel tempo, non si può non ricordare quella che passò alla storia come la “peste nera”. Si legge che venne anch’essa dalla Cina, ma fu soprattutto in Europa che provocò i danni maggiori. Durò dal 1346 al 1352 e morirono tra i 20 ed i 25 milioni di abitanti, circa un terzo della popolazione europea. Ma allora erano altri tempi, direte voi. Oggi per contro dovremmo essere in grado di affrontare l’epidemia più razionalmente, ad esempio contrapponendo il coraggio alla paura. Ha scritto recentemente su La Repubblica Gianrico Carofiglio (autore italiano di diversi libri di successo) che “il coraggio è una dote del carattere, ma anche dell’intelligenza: esso consiste fra l’altro nella capacità di entrare in un rapporto razionale ed equilibrato con il pericolo e il rischio, gestendoli nei limiti in cui questo è possibile”. Per concludere, è opportuno ricordare che di questa capacità negativa ci sarà sempre bisogno anche in futuro, anche quando avremo debellato il Covid 19. L’arrivo di questo virus ci ha fatto dimenticare che esiste ancora la SIDA (Sindrome d’immunodeficienza acquisita), con cui convivono oggi circa 150 mila francesi, mentre nei paesi poveri e sottosviluppati la tubercolosi fa ancora molte vittime (1,5 milioni nel 2014, secondo le stime dell’OMS). N.T. – 19/03/2020 In copertina e nell’articolo: immagini di Bourges (France), città è situata lungo l’Yèvre, a pochi chilometri dal centro esatto della Francia, nella regione storica del Berry Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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