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Il meglio dai media (5). Ogni morto era una persona

proposto dalla Redazione

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L’immagine di qualche giorno fa dei camion dell’esercito che entrano nella città di Bergamo per caricare le bare che non riescono ad essere smaltite dal forno crematorio della città,  rimarrà impressa nella memoria e negli occhi di tutti, quale segno tangibile di questa inaspettata ed immane tragedia. Ne ha parlato Sandro Vitiello nella sua cronaca [1] dell’altro giorno. Le notizie sono accompagnate sempre da numeri e da statistiche e, a farci caso, istintivamente ognuno di noi è a quelle che presta maggiormente attenzione nella speranza di vedere la curva di quei dati finalmente cambiare direzione. Scordandoci  colpevolmente  di rivolgere il pensiero alle persone e alle storie che sono dietro a quei numeri.

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Da La Repubblica di oggi, ripreso dalla rubrica quotidiana L’Amaca, segnaliamo

Ogni morto era una persona

di Michele Serra

 

Ogni morto era una persona, la cosa tremenda di un’epidemia è che ogni morto diventa invece un numero. Parliamo dei morti, in questi giorni, come di un vago insieme, un corteo indistinto di bare che partono verso il nulla, una percentuale da conferenza stampa, la variabile di una statistica.

Ma i morti sono importanti, lo sono uno per uno e lo sono in tutte le culture, tornano in sogno, consigliano e rimproverano, sentiamo la loro voce, parliamo con loro. Non hanno età, hanno perduto questa banale dipendenza dal tempo, sono più liberi di noi, mi è capitato di sognare mia madre e mio padre giovani, erano fermi a un semaforo e sorridevano, eppure erano nati nel 1918 e nel 1920: avrebbero, se fossero vivi, centodue e cento anni. Da morti ne avevano trenta, come quando ero bambino.

Facciamo conto, per esercizio umano, che ogni morto sia importantissimo, anche i morti sconosciuti, i morti degli altri. Pensiamoli, proviamo a pensarli uno per uno, non come una folla anonima. È un modo per difendere anche i vivi dall’angoscia: immaginare ogni morto con il suo viso, la sua voce, il suo nome, insomma immaginare ogni morto come un vivo.

Guardiamo meglio questo corteo costretto all’esodo per cause eccezionali: è un corteo di persone. Ognuna di loro ha fatto un sacco di cose, generato figli, guadagnato soldi, viaggiato, costruito, cucinato, rotto e aggiustato, sbagliato e rimediato. E ne farà ancora, di cose: popolerà i sogni e i ricordi. I ricordi del giorno, i sogni della notte.
I morti ci accompagnano, accompagniamoli. Salutiamoli meglio: ognuno di loro è uno di noi.

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Aggiornamento del 21 marzo 2020

Dato che sono fatto la nomina di essere il promoter di Michele Serra all’interno di Ponzaracconta, non farò mancare ai lettori la quotidiana nota da la Repubblica di oggi. Sul comportamento dell’America e degli americani nei confronti del virus. Tosta, ma sacrosanta!
L’amaca
Morire armi in pugno
di Michele Serra
Gli americani in coda davanti alle armerie sono l’immagine peggiore della catastrofe, il dettaglio deprimente che si vorrebbe non vedere, peggio del dolore c’è solo lo squallore. E peggio del day after c’è il day before, cioè loro adesso.
Gli americani hanno visto troppi film americani. Credono che, se tracollasse la civiltà (parola grossa, se rapportata a quelle code di pistoleros sovrappeso) si tornerebbe a una preistoria ferina, una specie di western universale nel quale ci si accoppa per il controllo dei barbecue. Non conoscendo altro parametro se non l’individuo, possibilmente armato, non immaginano che possano esistere una socialità, una mutualità, dei sistemi di supporto reciproco che potrebbero sopravvivere alla catastrofe e rendere il “dopo” meno anarchico e disperato. Se non hanno il Welfare, è perché non lo vogliono.
Preferirebbero morire armi in pugno che vivere grazie all’aiuto di qualcuno.
Vale la pena ricordare che il virus, negli Stati Uniti, difficilmente riuscirà ad ammazzare tante persone quante le armi da fuoco ogni anno, tutti gli anni: circa quarantamila. Vale anche la pena ricordare che, secondo notizie non smentite, il loro presidente avrebbe offerto un miliardo di dollari a un’industria farmaceutica tedesca per comperare «in esclusiva per l’America» il vaccino non appena sarà pronto. America first.
Pare che il governo tedesco abbia fatto sapere che la sola idea è semplicemente ributtante. E lo è: ma è perfettamente in linea con le code davanti alle armerie. La sola cosa che ci consola è sapere che anche molti americani si vergognano di quelle code e di quel presidente. Ma sono quelli che hanno perduto le ultime elezioni.