Ambiente e Natura

Cronache da Ponza al tempo del Covid-19 (7)

di Enzo Di Giovanni

 

Settimo giorno di “ritiro”…
Quando è nata l’idea di scrivere un pezzo giornaliero eravamo consapevoli delle difficoltà oggettive cui saremmo andati incontro.
Perché le giornate sono tutte uguali, lo sappiamo, e fingere di inventarsi cose nuove è un esercizio che alla lunga rischia di diventare retorico.
Lo sappiamo.

Lo sappiamo quando ci affacciamo alla finestra per cantare alle 18 di ogni giorno. Non a tutti piace, ed è legittimo, perché ognuno ne coglie un aspetto, una percezione personale. A me è piaciuto, anzi, confesso che mi ha emozionato, che tutta Italia riesca a manifestare quell’unità, che non abbiamo mai avuto, nel momento in cui siamo costretti ad essere separati da tutto e da tutti. Perché se “libertà è partecipazione”, la stiamo vivendo adesso che liberi non siamo.

Ma come è possibile essere liberi quando si è confinati in casa, uniti quando si è da soli?

Gli apparenti paradossi di questi giorni ci danno la misura del fatto che, evidentemente, quando la vita scorre nella sua quotidianità, ci sfugge gran parte del suo senso. Non abbiamo tempo per questo, o non riusciamo  a meritarcelo.
Sarebbe bello che lo ricordassimo quando tutto questo sarà finito, e, forse per un breve periodo sarà veramente così, come accade nei dopoguerra.
Ma al momento siamo ancora, pienamente, in guerra.
Mi ha colpito una cosa che leggevo stamattina sui quotidiani: in tutta Italia si canta. Dappertutto, tranne che a Bergamo. Nella Wuhan italiana non si può cantare in nessun momento della giornata, perché “si può rompere il silenzio della paura, non quello della morte”.

La cronaca di oggi è diversa da quella precedente.
Oggi sono solo io, Enzo, a scrivere, Martina è in pausa.
E succederà ancora, nei prossimi giorni. Quando non avremo argomenti di interessi collettivi, a turno, potremo dare un contributo personale.
Beninteso, non solo noi di Ponzaracconta: chiunque di voi che legge può entrare nella “Cronaca di Ponza ai tempi del Covid-19”.
Perché, e anche questo sembra un paradosso, la cronaca non è solo fuori, ma anche nelle mura in cui siamo rinchiusi.
Sul campo combattono medici, infermieri, autisti, volontari, che tutti i giorni rischiano la propria vita per difendere la sacralità della vita di tutti.
Si: sono le stesse persone, che enfaticamente oggi chiamiamo eroi, che fino a qualche giorno fa sono state costrette persino, come successo in alcuni ospedali, ad assumere guardie del corpo per la propria incolumità… Come cambiano le cose, vero?

A casa invece combattiamo noi. Una guerra sicuramente meno, molto meno eroica, ma non meno importante nel mondo che verrà.
Perché dopo l’emergenza medica, ci sarà l’emergenza economica.
Perché noi italiani abbiamo scelto di salvaguardare la vita, non il profitto.
Non era una scelta scontata, e infatti ci sono Paesi, come Usa e Gran Bretagna, che al momento seguono altre strade.
Come supereremo l’emergenza economica?
Solo in un modo: facendo tesoro di questa esperienza.
Non vanificando il sacrificio, appunto, di chi oggi è in prima linea.
Lo sappiamo fare, l’abbiamo già fatto, è nel nostro Dna.
Si chiama solidarietà, mutuo soccorso, politiche sociali.
Ma è ancora presto, per questo.

Per il momento, mi limito ad andare a lavare i piatti (è il mio turno), a portare Pluto a fare le sue cose – ma vi assicuro che ne farei a meno, non è bello girare nel deserto.
Poi un buon film, tanti contatti “social”, mai così reali come adesso, e rileggere qualcosa di Márquez, uno dei miei autori preferiti.
Ma non “L’amore ai tempi del colera”, quello me lo riservo per quando tutto questo non sarà più, per ricordare che è successo veramente.
Questo è il programma di oggi.
Col disagio di non poter fare di più e la consapevolezza che comunque, come mai prima, questo “minimalismo” è importante.
Buona giornata a tutti, vicini e lontani.
Anzi, lontani ma vicini, come siamo adesso.

1 Comment

1 Comment

  1. Luisa Guarino

    17 Marzo 2020 at 18:25

    A proposito dell’emergenza da Covid-19 ho letto oggi su un quotidiano, che non è la Repubblica, una notizia raccapricciante. Pare infatti che “con i tempi bui ci si riscopre scrittori”. L’articolo si riferiva a un autore sconosciuto, che medita sullo scenario attuale rifacendosi al passato. Ma non è questo il problema: non sono né la persona né l’argomento. E’ l’idea che in un Paese come il nostro, oltre a quelli che parlano a sproposito, crescano a dismisura anche quanti scrivono a sproposito. Sono già talmente tanti! Questo coronavirus proprio non ci voleva.

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