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La mia esperienza di medico in pensione. Non sono infettivologo e non sono virologo, ma qualcosa posso dire per aver sofferto nelle sale operatorie e rare volte come rianimatore… in più mi sento coinvolto come cittadino… La pulizia degli ambienti contaminati precede qualunque altra attività. Nel caso di una infezione virale come da coronavirus diamo nella maniera più assoluta la precedenza alle procedure di sterilizzazione, perché il malato deve essere isolato e così tutti coloro che sono entrati in contatto con lui, mentre febbrili attività di svolgono per il trasferimento… Questi sono i passi che si compiono in un comune ospedale… Ma che succede in un ospedale attrezzato per il coronavirus con una dotazione – diciamo per assurdo -, di cento posti di rianimazione? Quale è il succo del discorso? L’unica possibilità è quella di ridurre il contagio con restrizioni draconiane alla faccia della democrazia, sperando in una tregua che permetta di avere meno malati bisognosi di rianimazione e di avere tempo per procurarsi dei nuovi respiratori… Bisogna prendere atto che siamo ridotti proprio male… quel barlume di civiltà che ci proviene dal nostro passato è stato bruciato da episodi come il ponte Morandi (con relativo rimpallo delle responsabilità), e dalla fuga al sud dei milanesi di origine “sudista”…. E qui mi fermo. Forse il coronavirus ci sta davvero indicando nuove strade per tornare ad essere un paese civile… 1 commento per La mia esperienza di medico in pensioneDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Il caso ci deve aiutare: un farmaco trovato, un vaccino prima del previsto… Perché questa è peggio di una guerra visto che isola tutti i cittadini e impedisce le attività lavorative… Certo che andremo avanti a debito, questo lo sappiamo fare bene, ma non è sufficiente… Abbiamo il cuore pieno di canzoni, di campane suonate, del nostro inno di Mameli; dei nostri applausi a tutti coloro che ci curano…
Ecco, queste sono le note vincenti contro il coronavirus…