Ambiente e Natura

Coronavirus. Un altro modo di vedere i fatti

di Sandro Vitiello

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In questi giorni pieni di paure ed incognite, che ci hanno proiettati in un passato che credevamo ormai superato, scopriamo che anche le nazioni più evolute hanno una loro fragilità.

E’ stato facile liquidare con una battuta la tragedia che prima di tutti ha colpito la Cina.
Si mangiano i topi vivi!, ha detto l’autorevole governatore del Veneto, Zaia – ma quando poi anche il nostro paese ha incominciato a scoprire che il virus è entrato nelle nostre vite, oltre a domandarci “che fare”, piano piano viene fuori anche un’altra domanda: “Perché ci troviamo in questa situazione?”.

Il “perché” ha giustamente più risposte ma una salta all’occhio in maniera indiscutibile; negli ultimi quaranta anni si è fatto di tutto per ridimensionare il servizio sanitario nazionale.
Dal 1980 al 2013 sono andati perduti quasi il settanta per cento dei posti letto ospedalieri.
In tutto abbiamo poco meno di ottomila posti letto di terapia intensiva.
Centri d’eccellenza per le malattie pneumologiche come il Forlanini di Roma sono stati completamente smantellati.

Negli ultimi dieci anni sono stati portati via al servizio sanitario nazionale circa 29 miliardi di euro.

Quando si aspettano mesi per una visita specialistica o per un esame, quando si pagano ticket che forse si potrebbero evitare, quando si è costretti a spostarsi con tutta la famiglia verso altre regioni nella speranza di poter guarire da mali seri, ecco… quando succede tutto questo dobbiamo ringraziare chi ha dirottato tutti quei soldi ad altre voci di bilancio.

Destra e sinistra, grillini e leghisti non si salvano da questa vergogna; più o meno ci hanno sguazzato tutti, senza remore.
In compenso quei soldi sono serviti soprattutto a dotare il nostro paese di una portaerei come la Trieste che costa qualcosa come un miliardo e cento milioni.
Con quei soldi ci si potevano costruire due policlinici da duemila posti letto.

I novanta cacciabombardieri F 35 sono costati 14 miliardi di euro (!).
Con quei soldi avremmo costruito non so quanti moderni ospedali, risolto il problema dei terremotati e sistemato tante altre questioni.

Oggi il Coronavirus fa paura perché se si trasforma in una polmonite seria non ci sono posti in terapia intensiva dove curarsi.

E’ una influenza un po’ più bastarda.
Solo che è capitata in un paese (e in un mondo) che ha perso la bussola.

Maggiore approfondimento a questo linkCoronavirus – Lo stato delle cose

Riporto integralmente il periodo conclusivo del lungo e documentato articolo:
“La prossima epidemia,  se supereremo questa nel migliore dei modi possibili, potrebbe essere dieci volte più potente. E ci saranno prossime epidemie, perché è nella natura della globalizzazione.
Questa è la vera Difesa da approntare.

Le armi si chiamano Scuola, Università, Ospedali, Medici, Infermieri, Ingegneri, Ricercatori, Macchinari diagnostici,  Reparti di terapia, Laboratori di ricerca, Aggiornamento Industriale e via dicendo… Non bombardieri da centinaia di milioni e navi da guerra da miliardi, per decine e decine di miliardi ogni anno.
Le armi della difesa si chiamano riammodernamento delle strade, sostituzione di tutti i ponti delle autostrade e superstrade e provinciali oggi in cemento che abbiamo capito essere tutti putrescenti, con opere di acciaio e nuovi materiali, aggiornamento delle industrie, ricerca, ricerca  e ricerca… come quella che fanno le precarie che hanno isolato il virus.
Se investissimo i 2/3 dei soldi che bruciamo per le armi e la preparazione alla guerra ogni anno, svilupperemo una mole di lavoro infinita e una fiorente economia. Una epidemia non metterebbe in crisi il SSN con appena 1600 infetti”.

L’Autore dell’articolo
David Colantoni è poeta, scrittore, saggista pittore e artista visivo. E’ autore della rivista Nuovi Argomenti, fondata da Alberto Moravia, della rivista Fermenti, e altre testate. Ha fondato e diretto il mensile di pensiero e letteratura Lettere dalla Frontiera. Insieme ad Aldo Rosselli, figlio dello storico del risorgimento Nello Rosselli e nipote di Carlo Rosselli, di cui è stato amico e allievo per quasi 30 anni, ha fondato nel 1999 il quadrimestrale di cultura Inchiostri.
Per il cinema ha sceneggiato “Io, l’altro” (2007), di Moshen Melliti, distribuito da 20th Century Fox. La sua ultima esposizione come artista è avvenuta al Moscow Museum of Modern Art a giugno del 2015

2 Comments

2 Comments

  1. Enzo Di Giovanni

    7 Marzo 2020 at 17:31

    Aggiungo che oltre alla dismissione delle strutture sanitarie l’altro grande problema è la penuria di medici e paramedici.
    Un problema che l’eccezionalità di questi giorni fa solo acuire ma che in realtà lamentiamo da diversi anni. Siamo arrivati alla follia di “vietare” ai nostri ragazzi si intraprendere la professione medica pur sapendo che ci sono meno medici di quanti servirebbero, costringendoli ad abbandonare un sogno oppure ad emigrare all’estero per conseguire una laurea.
    Quale è stata la risposta della politica a questa problematica?
    Parlare di “bamboccioni”, o di migranti che “vengono a rubarci il lavoro” per distrarci e per nascondere la verità: che una classe dirigente inappropriata ha svilito le potenzialità di un intero paese e tolto futuro ad intere generazioni, nascondendo la classica polvere sotto il tappeto, e pensando solo ad autoreferenziarsi per conservare un potere senza prospettive sociali, senza idee.
    Il coronavirus sta solo mettendo a nudo il Re.

  2. silverio lamonica1

    7 Marzo 2020 at 18:54

    Ma io credo che oltre ad eliminare le spese folli per gli armamenti (fattore importantissimo) bisogna modificare radicalmente l’attuale mentalità di governare ed amministrare, tenendo di mira un unico obiettivo, quello economico: “Far quadrare i conti dei vari bilanci a tutti i costi!”“ce lo dice l’Europa!”
    In questa ottica si è mosso anche l’attuale governatore del Lazio, Zingaretti – gli auguriamo di guarire presto -, il quale ha sanato con “una cura da cavallo” il bilancio della sanità regionale, tagliando paurosamente le spese per quel settore, così importante, riducendo quasi all’osso personale e strutture sanitarie, come Sandro V. ha già ampiamente illustrato.
    Si spera che questa grave calamità serva di lezione a lui e a tutti quei politici che antepongono il fattore economico ai beni primari dell’uomo: la salute che comporta il sacrosanto diritto alla vita, il lavoro che conferisce all’uomo la dignità, l’istruzione che è alla base del sapere e, quindi, della libertà.

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