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Il mondo che vediamo

di Sandro Russo

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L’articolo di Riccardo Alongi sulla Ponza che gli hanno fatto conoscere i cacciatori (leggi qui) mi spinge a scrivere qualcosa di più sulla pluralità delle esperienze – e quindi di mondi sensoriali – cui per caso o per scelta abbiamo accesso. A Ponza come altrove.

Per successive associazioni di pensieri sono stato a rimuginare sulle distanze dei mondi interiori delle persone, quali cose vedono/selezionano nel vasto campo dell’esistente e con quali conseguenze. Per dire, anche le letture fatte (o non fatte) in età giovanile e nel corso della vita condizionano tale aspetto; in definitiva la stessa personalità.
Di qui a chiedermi quali mondi abitano le persone con cui interagisco il passo è breve… Cosa guarda e sente in realtà il vicino di casa o l’amico con cui sto parlando?

Ho ricordato tante occasioni di chiacchiere con persone diverse – in camminate a piedi o in macchina -, al mutare del paesaggio davanti ai nostri occhi: ognuno mi mostrava quello che vedeva…

Con qualcuno ho parlato dello scorrere delle stagioni, segnato dai colori, dalla forma o dalla ricchezza delle foglie e dei fiori nel mondo vegetale circostante.

Altri mi facevano notare la natura e i colori del terreno, le faglie, i profili e le rocce; come in una gola tra due crinali crescono le canne, un sicuro indizio della presenza di acqua.

Alcuni hanno mostrato un’attenzione maggiore per il lavoro dell’uomo, la gente nei campi e i trattori lungo la strada; e anche per le case, le abitazioni dei poveri e dei ricchi; mi hanno parlato di illeciti edilizi, di corpi aggiunti, dove è stato costruito e non si poteva; perfino di come le leggi urbanistiche e le sanatorie hanno cambiato il paesaggio.

Gli stessi cacciatori, a cui talvolta anch’io mi sono accompagnato, mi hanno fatto notare cose ancora diverse: quanto è importante la direzione da cui spira il vento rispetto alla preda, perché col vento non viaggiano solo gli odori, ma anche i rumori, i minimi fruscii. E l’importanza dello sfondo: se l’uccello si staglia contro il cielo o su uno sfondo confuso; di conseguenza, le difficoltà che può avere il cane a recuperarlo, se per caso c’è un dirupo di mezzo.

Con qualcun altro ho guardato il cielo, le nuvole e le forme che esse disegnano; come la luminosità e il colore del cielo modificano l’aspetto del mare; il suo stesso essere minaccioso o rassicurante.

O ancora, il mondo intorno può essere scandito dal suono; dal tono cupo dei bassi dell’autoradio a tutto volume nella notte, quando i tronchi degli alberi ai lati della strada, illuminati dei fari, sembrano sincronizzarsi con i suoni e balzare in avanti al tempo giusto, la velocità stessa adattata a quel ritmo. Del suono che tutto pervade; dei ritmi primitivi che hanno riprodotto il battito vitale; il primo fra tutti: il ritmo cardiaco. O del ritmo del respiro, che modula perfino la lunghezza delle frasi di uno scrittore, da cui – dicono – si riconosce l’asmatico per la brevità e la fame d’aria.

Come ci sono universi di sola forma; mondi che sembrano esistere per essere trasposti in immagini; non per essere raccontati..
Al contrario, ho spartito l’esperienza di persone prive della vista, come il mio amico Angelo, ai tempi dell’università. A lui chiedevo, incuriosito, della natura dei suoi sogni. Una sequenza di emozioni, odori e sensazioni tattili al posto di quello che rappresenta per noi il mondo visivo. Una successione di tempi in sostituzione del nostro panorama, il colpo d’occhio che tutto comprende: così difficile da raccontare a chi non vede.

E che dire degli innamorati? Dell’esperienza di spartire con loro un mondo pieno di una sola persona, di un volto che occhieggia da ogni manifesto, riconosciuto nella forma stessa delle nuvole..?

Con altri occasionali compagni di strada ho guardato più attentamente le facce della gente, le espressioni dei volti, i segni della solitudine; da piccole impronte sul viso, da poche parole scambiate, ho imparato a capire chi ancora sogna e chi ha smesso. E’ stato il gioco di una stagione, legare le facce alle storie che potevano esserci dietro e fantasticarci sopra.

Come ci sono tutti altri aspetti del guardare, più o meno viziati dall’interesse professionale o da private ossessioni: il modo di camminare, la distribuzione del carico, la forma della colonna; i denti, le orecchie. Come c’è chi guarda solo le donne, o solo gli uomini…

Oppure nel ‘craving’, la ricerca spasmodica della droga, qualunque droga, che riduce il mondo ad una sola dimensione.
Alcuni poi, vedono, si riferiscono e sanno parlare solo di se stessi…

Infine, dove le strade finiscono, ho visto anche persone per cui la vita non è più colore, né suono, né forma definita, ma una sequenza di respiri trascinati a fatica, uno dopo l’altro, per arrivare a vivere l’attimo successivo.

Cose tanto diverse vede e sente la gente che incontriamo, da poter pensare che siano altri universi, in realtà; sistemi ruotanti intorno a soli sconosciuti, diversi dal nostro.
E quanto avremmo bisogno, di un modo più efficiente per capirci, per partecipare dei mondi degli altri.
Chiamiamo questa sensazione di condivisione, empatia. A volte, amore.

2 Comments

2 Comments

  1. Silveria Aroma

    6 Marzo 2020 at 19:10

    Stamani mi sono svegliata con il suono della pioggia sulla ringhiera, acqua che manca alla terra ma che è svanita in fretta, forse troppo in fretta. Il sole è tornato fra nuvole bianche.
    Nelle parole di Sandro mi è sembrato di cogliere l’incedere costante e inarrestabile della vita che cambia attraverso le sue stagioni, e il suono della natura unito a quello dei ricordi. Un percorso sensoriale di cieli in movimento e volti che scorrono danzando, a tratti, come foglie. In sottofondo, leggera, mi arriva la sonorità delle voci che hanno animato, e diretto talvolta, il passo di ciascuno di noi lungo il sentiero della vita. Emozionante.

  2. Patrizia Angelotti

    7 Marzo 2020 at 17:20

    Fiuuuu… Come si rappresenta il fischio di ammirazione?
    Complimenti Sandro, sei riuscito a cogliere e a comunicare con una carrellata veloce ma direi esaustiva immagini, sensazioni, sentimenti che in modo e grado diverso appartengono – credo – a tutte e a tutti.
    Personalmente mi sono ritrovata spesso ora in un sorriso ora in un moto di commozione. E ogni volta mi è dispiaciuto che quel discorso fosse interrotto per sottolineare altro.
    In effetti se vorrai, hai molti spunti per imbastire veri e propri racconti.
    Perché no?

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