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Un giornale per amico. Lettera al “Corriere del Mezzogiorno”di Giuseppe Mazzella di Rurillo . Caro Direttore, senza alcun falso scopo – da vecchio giornalista “locale” che ha fondato e diretto giornali “locali” e maturato molte esperienze nel giornalismo “provinciale” o “regionale” per 50 anni – desidero esprimere la profonda condivisione al tuo editoriale di mercoledì 19 febbraio 2020 dal titolo: “I successi dei nostri lettori”, dove sottolinei il proficuo rapporto con i lettori ed alcune significative battaglie civili che il tuo Giornale ha portato avanti negli ultimi tempi come lo scandalo del Palazzo d’Avalos e l’abbandono del Teatro Totò. Io non credo ai giornali “neutri”. A quelli che non prendono posizione in nome del “pluralismo” perché a tutto c’è un limite come insegnavano i latini ed esistono “confini certi oltre i quali non può esserci rettitudine”. Le battaglie per Palazzo d’Avalos e per il Teatro Totò che hanno coronato “un lavoro d’inchiesta compiuto dal nostro quotidiano con tenacia e pacatezza, determinazione e ragionevolezza senza indulgere nella denuncia fine a se stessa che solleva polvere un giorno appena prima di svanire all’orizzonte” come scrivi mi hanno portato in memoria quella fondamentale osservazione di Ernesto Rossi (1897-1967) che ricordo spesso perché forse i Lettori di oggi non ricordano più l’autore di memorabili inchieste come “i padroni del vapore”, “Settimo, non rubare”, apparse su “Il Mondo” di Mario Pannunzio negli anni ’50 e ’60 del ’900, secolo di progresso e di barbarie. Ernesto Rossi diceva che “non si deve pretendere di raccogliere subito dopo aver seminato. Se siamo convinti che una soluzione è buona non dobbiamo stancarci di battere e ribattere sullo stesso chiodo finché non sia entrato anche nelle teste più dure. L’avvenire dipende anche da quello che ognuno di noi è capace di fare”. Il “buon giornalismo” di cui scrivi – Caro Direttore – mi ha ricordato altri due Maestri, uno poco noto al grande pubblico italiano ma l’altro abbastanza conosciuto almeno a chi si occupa di giornalismo. Il prof. Edoardo Malagoli (1928-2001), un lombardo professore di lettere ed allievo di Benedetto Croce che negli anni ’50 venne ad insegnare al Liceo Classico di Ischia per amore del “mare e della cultura meridionale”, in occasione dei 500 numeri de “Il settimanale d’ Ischia” nel 1988 in un articolo sul “ruolo della stampa locale in una società squilibrata” affermò che “la stampa locale è “minore” solo in senso quantitativo in rapporto ad un’area di diffusione più ristretta di quella nazionale di cui è continuazione e completamento; ma tale distinzione non deve incidere sulla qualità cioè sull’efficacia del suo impegno volto a fornire ai lettori un’informazione precisa ed una interpretazione dei fatti equilibrata e non faziosa”. È una lezione fondamentale che mi piace verificare ogni giorno leggendo il “Corriere del Mezzogiorno” poiché è quella che ho cercato di applicare nella mia lunga e modesta vita professionale. Certo. Le battaglie del “Corriere del Mezzogiorno” per il Palazzo d’Avalos e per il Museo Totò sono solo la punta di un iceberg.
Anche questo è Napoli anche se bisogna riproporre il Cristo di Carlo Levi perché si è fermato alla Città e non è andato in periferia. L’altro Maestro che vorrei ricordare – caro Direttore – è Piero Ottone (1924-2017). L’ho conosciuto nel 1987 in occasione di una conferenza che organizzammo come Assostampa Ischia-Procida sul suo libro “Il Buon Giornale”. Ci parlò del suo amore per l’obiettività, per il giornale “spettatore” e non “protagonista” e ci parlò anche del “giornale come amico”. “Un quotidiano – ci disse – è strumento di analisi, di comprensione della realtà; fondamentalmente però è una persona. È equiparabile a un individuo che nella nostra vita ha certe funzioni: informare, spiegare; e le svolge come una persona viva. Per questo deve avere una personalità integra: essere se stesso”. Auguri al “Corriere del Mezzogiorno”! Giuseppe Mazzella – Giornalista Casamicciola, 19 febbraio 2020 Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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