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Il tempo di Bettino (2). Per la puntata precedente, leggi qui Se, come dice il Manzoni “Del sen di poi son piene le fosse” non bisogna prendersela con il passato o per meglio dire con questo o con quello, ma bisogna rimboccarsi le maniche e cercare di rimediare agli errori fatti da noi tutti. Qualcuno ha detto: “Chi è senza colpa scagli la prima pietra!” – Parole sante! (appunto). La classe politica dirigente avrebbe dovuto tenere sotto controllo, avrebbe dovuto discernere tra Enti utili ed enti inutili. Ma chi si permetteva di fare ciò? Avrebbe sicuramente perso i consensi (allora come adesso). Non tanto i big, quanto il loro entourage ramificato dappertutto. E non parlo soltanto di quelli che governavano ma anche di quelli che erano all’opposizione di sinistra a cui, per avere più peso a livello internazionale, a mio avviso, si dava facoltà di avere una nutrita base elettorale: sempre pronti a sovvertire i governi, ma senza mai riuscirci. Anche loro, infatti, avevano ramificazioni in ogni settore. Pertanto nei confronti degli alleati, non si andava a chiedere l’elemosina, come asserisce qualcuno, ma si metteva sul piatto della bilancia oltre alla posizione strategica della Penisola anche il peso del partito comunista. Comunque il sorpasso sembrava a portata di mano: era temuto per quegli eventi imprevedibili della storia. Ma ciò non avvenne mai. La D.C. del tempo, dilaniata al suo interno da vari gruppi e gruppetti – fanfaniani. andreottiani, morotei, dorotei, proposta, peones ecc. – non guardava soltanto alla sua destra (P.L.I. e P.R.I) dove erano erano rimasti “quattro gatti”, ma allungava a sinistra il suo occhio, secondo i dettami del defunto Aldo Moro che aveva parlato di “convergenze democratiche” o, secondo alcuni, di “convergenze parallele” tendendo la mano prima al P.S.D.I e poi al P.S.I. facendoli entrare nel gioco del governo. Ma la nostra era un’economia debole, non fondata su solide basi ma su basi aleatorie (il mattone soprattutto) che prima o poi mostrano la loro debolezza intrinseca. L’arrivo della nave Vlora nel porto di Bari, l’8 agosto 1991; leggi qui su Il Fatto quotidiano Detto per inciso, quando accadde l’imprevedibile e cioè l’afflusso di gente che veniva dai Paesi che erano stati al di là della cortina di ferro (chi non ricorda la nave stracarica di albanesi che approdò sulle coste pugliesi nel 1991?), qualcuno (Bossi) cominciò a parlare di “Roma ladrona” e a dire di volersi separare dal resto d’Italia perché il Sud era parassita. Quando, invece, si potrebbe asserire il contrario: il Nord ha decollato spesso a scapito del Sud (protezionismo doganale) e sfruttando la manodopera del Sud. Questa non era, però, una novità: già nel XIX secolo i suoi antenati avevano detto la stessa cosa nei confronti del governo austriaco, nonostante questo fosse piuttosto efficiente per quei tempi e migliore di quello degli staterelli in cui era stata suddivisa la Penisola. Ma le regole economiche non guardano in faccia a nessuno e grosso modo sono sempre le stesse! Cambia soltanto il modo di porgerle! Così come l’unità d’intenti che oggi si declama davanti a tutti mi sembra soltanto di facciata. Perché, ad esempio, non so come facciano a coesistere due visioni differenti dello Stato: una accentratrice e l’altra che vuole una larga autonomia delle regioni. O le idee sono cambiate e quindi labili, o se ne deve fare a meno, oppure può succedere un parapiglia. Non esiste mediazione a meno che non si voglia disgregare tutto. Ma da tutte le parti mi sembra che si navighi a vista oppure non si guarda oltre la punta del proprio naso. Dunque ad un certo punto qualcuno notò che tutto questo “ben-godi” non era più sostenibile a causa del debito eccessivo e della debolezza strutturale dell’economia. Inoltre per effetto del dissolvimento del comunismo paventava che sarebbe venuto a mancare anche quel valido supporto economico delle altre Nazioni. Non aveva tutti i torti. Francesco Cossiga (qui con Bettino Craxi) è stato l’VIII Presidente della Repubblica Italiana, dal 3 luglio 1985 al 28 aprile 1992 Per prima cosa però bisognava rimuovere o per meglio dire rinnovare la vecchia classe dirigente. Ma ciò risultò impossibile perché era saldamente abbarbicata e radicata sul territorio con i suoi apparati. Allora qualcuno escogitò di far intervenire un ente esterno alla politica: la magistratura. La quale ancora oggi mi sembra che regga le sorti della Nazione. Vista quindi l’impossibilità di rinnovare la classe politica qualcuno decise che questi politici dovessero andare a casa. Si sa, il popolo è sensibile a certe cose. Lo stesso popolo che fino a quel momento li aveva votati, si schierò contro di loro anche senza una valida alternativa perché tutto successe in poco tempo e all’improvviso. In questo quadro si inserì il Cavaliere che decise di scendere in campo, con tutta la sua potenza “eterea”, quale alfiere dei moderati di centro, di destra e di sinistra. A sua volta anche il partito comunista, uscito “vergine” da tangentopoli, capì che non era più il caso di stare sulle barricate ma che per avere la possibilità ( che inopinatamente si era aperta) di governare, avrebbe dovuto prendere la via del “ moderatismo”. [Il tempo di Bettino (2) – Continua] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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