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‘A pennelazione. Oggi è San Biagio, protettore della gola: vedrete che c’entra con questo racconto… …E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, [Dal Sinassario armeno, su San Biagio]
Civitina, mia cugina, nonostante l’età, è una persona di bell’aspetto: alta, slanciata, i capelli rossi sempre in ordine, l’occhio vivace, attento e scrutatore. Con lei quando il tempo tiranno me lo permette, amo conversare. Ce ne andiamo spesso in… soffitta. Andiamo cioè a ritrovare le “buone cose del tempo antico” o, come direbbero i crepuscolari, “le piccole cose di pessimo gusto”. Vecchi racconti, vecchie foto di famiglia, aneddoti ed altro. Dunque, anni ’50 o giù di lì: si ha un bel mal di gola. La mano passa lungo il collo dolorante come per cercare di buttare nello stomaco il muco che si sente appiccicato. Niente da fare. Neppure il decotto puzzolente riesce a scioglierlo. Allora che si fa? Si prende in bel bastoncino, sottile, possibilmente. Ad un’estremità si mette un batuffolo di garza o di ovatta o non so di che. Questo batuffolo si bagna in un qualche prodotto, costantemente puzzolente, forse comprato in farmacia o fatto da nonna, ricavato da qualche erba o pianta. E poi? Ecco: arrivano le… torturatrici (in genere sono sempre due o più di due: di norma zia Malvina e mamma). Si sente il loro passo. Si vede il bastoncino. Immediatamente le pesantissime coperte volano dal letto riscaldato da una borsa d’acqua calda (che oramai si è raffreddata) o da una specie di bottiglia di creta, marrone scuro, anch’essa riempita d’acqua. Il tepore del letto non riesce a trattenerlo… La vittima del sacrificio si butta dal letto e corre per casa da tutte le parti, gira intorno al tavolo… Non c’è niente da fare. Il “galletto” refrattario viene letteralmente acchiappato. Hai voglia di piangere, strillare, scalciare. Nulla da fare. Mani robuste lo agguantano. Ma lui tiene la bocca chiusa, stringe le labbra. Vana difesa. Il naso viene tappato, di conseguenza la bocca è costretta ad aprirsi. Zac! Il bastoncino viene infilato in bocca e viene passato velocemente sulle tonsille o non so dove altro. Vomito, muco e, a volte, sangue. Alla fine: “Non è niente”- dicono le adulte “torturatrici”, gli fanno una carezza e lo rimettono a letto, spossato e tremante. Si rannicchia e cu’ ’u rasiere” (braciere) nelle vicinanze, dopo un po’ riprende calore e cade in un sonno ristoratore. Che stress! Diremmo oggi… Da “Telefono azzurro”. Ma questa parola non fa parte ancora di nessun vocabolario! Non esiste. Sociologi, psicologi sono di là da venire. Quindi nessun dibattito in…TV. Ma, a parte queste sue sciocche considerazioni, qualcuno potrebbe dirmi quale fosse il prodotto che si usava? Ah dimenticavo: questo succedeva più o meno in questo periodo dell’anno!
Appendice del 5 febbr. (cfr. commento di Sandro Russo) Sulle pennellazioni, ho trovato una chicca su Youtube che mi fa piacere condividere.
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Caro Pasquale, la “tua” pennelazione a Roma la chiamavano “spennellata”. É stata il tormento–rimedio casalingo per tanti dei miei mal di gola di quando ero bambino (è inutile che qualcuno faccia il classico commento che ‘era quando anche Nerone era ‘nu ‘uaglione’, data la mia età).
Non so bene per quale mistero, ogni volta il mio mal di gola evolveva in ascesso paratonsillare, fino a quando non mi hanno tonsillectomizzato. Le tonsille sono state tolte ma il mal di gola si presentava ogni volta preciso al suo appuntamento invernale.
Ti chiedi che strano e puzzolente liquido serviva per imbibere il bastoncino?
Presto detto: la vecchia e mai superata “Tintura di jodio” che ovviamente era stata ribattezzata per il tormento che infliggeva “‘a tintura, te odio!”.
Non era Iodosan o prodotti simili modernizzati: tintura di jodio, sic et simpliciter, senza aromi aggiunti, e si comprava in farmacia in una bottiglietta di vetro scura per mascherare forse l’ancor più ‘oscuro’ prodotto.
Per chiudere con un sorriso, pensa che ‘a spennellata con lo stesso ingrediente serviva anche per le emorroidi. Bruciava un po’ ma… risultato garantito!
Ovviamente chiedevamo solo di cambiare “er pennello”.
Ciao
Caro Pasquale,
anche vivendo nella stessa realtà culturale, non ricordo di aver avuto simili torture.
Nel tuo testo ho mantenuto “pennelazioni” perché ho immaginato che così le hai sentite chiamare e hai ricordato per sempre.
In realtà erano “pennellazioni” e – da medico – potrei ipotizzare che si trattasse di tintura di iodio, spero alla concentrazione adatta [la tintura di iodio è una soluzione idroalcolica (miscela di etanolo e acqua) contenente il 7% m/V di iodio e il 5% m/V di ioduro di potassio, per uso esterno]. Tuttavia, esistono anche soluzioni idroalcoliche per impiego orale (per gargarismo o pennellazioni appunto, da non ingerire!) con concentrazioni di iodio inferiori (2% m/V iodio e 2,5% m/V ioduro di potassio) [N.B – la percentuale massa/volume (% m/v) di una soluzione corrisponde ai grammi di soluto sciolti in 100 millilitri]
La pratica delle pennellazioni con tintura di iodio non è attualmente più in uso perché gli effetti collaterali negativi superano di gran lunga i vantaggi, rispetto a più moderni antisettici del cavo orale.
Comunque, bella prova! San Biagio ti avrà assistito!
Ancora sulle pennellazioni, ho trovato una chicca su Youtube (una barzelletta in napoletano) che mi fa piacere condividere.
Audio-video nell’articolo di base.
Si, comunque confermo che il liquido puzzolente era tintura di jodio (“a tintradorio” delle nonne), ed inoltre come pennello la nonna usava una piuma di ala di gallina…..