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A gennaio, di sera, a Giancos

di Francesco De Luca

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Luci appese alle ombre calanti, lassù… una rossa… una bianca, a contornare i caseggiati e il verde nel cielo corruscato dal nero. Il nero della sera e il vento radente la spiaggia deserta tentano di sopraffare il vocìo dei bambini, nel rettangolo dei giochi pubblici.

Una palla anticipa un grido, seguito da risate. La radio continua a celiare “Ancora tu… non dovevamo vederci più…”.
Sto in macchina e mi circonfonde questo microcosmo rarefatto di uomini imbruttiti da copricapo mentre le ragazze sfidano il freddo coi capelli fluenti. Visi raggrinziti dalla incombente vecchiaia, immalinconiti dalla solitudine, e visi raggianti per la gratuita giovinezza. “Ancora tu … ma non dovevamo vederci più…” La radio… nemmeno lei riesce a disincarnarmi da questo quadro desolante.
Passa Zeppegna e mi bussa al finestrino. Mi ha riconosciuto e vuole rinnovare un legame. E’ troppa la solitudine.
Nemmeno la colorita insegna CONAD riesce a rendere vividi gli sguardi. “…Non dovevamo vederci più…” e la lastra del mare ormai scura e il vento muto seccano la voce della radio.