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Una canzone per la domenica (79). “Vivrò” di Alain Barrière

di Luisa Guarino

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Non si dica che scrivo di alcune canzoni solo quando i loro interpreti non ci sono più. L’ho fatto mesi fa per Fred Bongusto e la sua “Tre settimane da raccontare” seguendo un impulso irresistibile legato al mare, all’estate, alle notti di luna, a Ponza: un vuoto da esorcizzare al più presto. Anche questa volta la mia canzone per la domenica è di un autore, francese, scomparso neanche un mese fa nella più totale indifferenza dei media. Anche a me, che pure i giornali li leggo sempre e a certe notizie faccio attenzione, la cosa sarebbe sfuggita, se non me l’avesse comunicata il caro amico nonché caporedattore Sandro Russo.

Lui si chiamava Alain Barrière e negli anni ’60 ha spopolato in Italia con “Vivrò” (Ma vie) adattata nella nostra lingua da una leggenda come Gino Paoli, insieme a Sergio Bardotti. Anche altre sue canzoni erano diventate popolari: basta ricordare (a chi come me non è più giovane e ama da sempre la musica, tutta) “Elle était si jolie” Era così carina, “Tu t’en vas” Te ne vai, o “Plus je t’entends” E più ti amo, che entra nella Hit Parade italiana nella primavera del 1964, rendendo il cantante popolare anche nel nostro Paese.

A metà degli anni ’70 “Tu t’en vas” in duetto con Noelle Cordier (nella foto qui sopra, del 1975) vola in testa alle classifiche, vendendo in Francia più di un milione di copie del 45 giri e circa 200mila album, raggiungendo peraltro un uguale record di vendite anche in Germania, impresa mai riuscita a un cantante francese, fatta eccezione per Edith Piaf.

Alain Barrière con sua figlia Gwenaëlle

Nel 2003, dopo alti e bassi soprattutto di carattere finanziario dovuti ad affari sbagliati, Barrière decide di ritirarsi dalle scene, dando l’ultimo concerto nel suo castello. Con l’avanzare degli anni subentrano problemi legati alla salute, con complicazioni di carattere cardio-vascolare. E un mese fa se n’è andato, dodici giorni dopo la scomparsa dell’adorata moglie Anièce, morta di tumore: quasi un “regalo” del destino, per un artista così romantico.

Negli anni Sessanta a scuola si studiava il francese, sia alle medie che al liceo, e a Ponza, grazie al Club Azur del professor Baridon alla Torre dei Borbone, noi ragazzi ponzesi appena un po’ più ricettivi e acculturati eravamo diventati mezzi madrelingua francese. Alain Barrière all’epoca era un giovane uomo, bello, come l’altro Alain del cinema, Delon. E con quella nota lunghissima proprio sulla parola “Vivrò” che dà il titolo al brano strappava l’anima alle coppie che ballavano e sognavano sotto il cielo ponzese che, come si sa, è più bello di qualsiasi altro cielo. Ecco perché la sua voce potente e struggente che scandiva quel verbo, prima persona singolare del futuro prossimo di “vivere”, non ho voluto che fosse dimenticata.

Vivrò (1964)

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Plus je t’entend (1963), con testo francese sulla versione YouTube

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