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Vucciria…

di Tano Pirrone

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Eccolo, è qui, in ordine e senza polvere… una volta tanto! –  esclamai ancora con il giaccone e la sciarpa addosso, mentre arrampicato sull’alto gradone di travertino, sfilavo il libro da una piccola pila nel comparto a suo tempo assegnatogli. Il piccolo bellissimo libro, di forma quadrata, con una copertina necessariamente coloratissima, non poteva essere che in quello scaffale o nell’altro, stivatissimo, che teniamo in camera da letto.
Non ricordavo se lo avevamo sistemato tenendo conto dell’autore o dell’argomento: se avevamo seguito il primo criterio avrei dovuto trovarlo nella grande libreria Billy che si arrampica per tutta la parete, fronteggiando il letto. Lì, infatti, fra varie categorie, soggiornano a vista gialli/polizieschi/noir (ne parliamo un’altra volta) e le opere complete (o pressoché) di tre autori fondamentali (per me, naturalmente): PPP, Simenon (con Maigret in tutte le salse) e Camilleri, di cui credo di avere ripetutamente letto tutto e tanto riletto.
Il libro, come avrete capito, ha come autore lo scrittore siciliano e tratta d’arte; quindi avrebbe potuto trovarsi anche là, in soggiorno, dove, nell’ampia libreria o (quelli di inusuale dimensione, che non entrano in nessuno scaffale) in pile ordinate sul cassone e su un mobile, sono in bella mostra i libri d’arte. Per il libro che cercavo era stata scelta la “comunità” artistica, selezionata compagnia, sempre a portata di vista e di mano: lì ho ritrovato subito La Vucciria.

Il libro edito, da Skira nel 2008, contiene un racconto – per esplicita dichiarazione di Camilleri – direttamente suggeritogli dal dipinto di Renato Guttuso, Vucciria; una sua nota al racconto, che, scritta per dare lumi al lettore in merito allo scritto, finisce per essere essa stessa un piccolo gioiello di scrittura, di amore e di metodo; e un saggio su quest’opera del grande pittore siciliano, scritto con perizia e invidiabile capacità narrativa da Fabio Carapezza Guttuso, che – lo ricorderanno i pochi affezionati superstiti lettori – è il figlio adottivo del pittore Renato. Completano l’opera le bellissime foto di diversi autori, fra cui mi preme ricordare – vil partigian io son! – Labruzzo, agenzia fotografica palermitana, fedelissima nel rappresentare tipi, cose, luoghi, umori, nessi, ombre e luci dello specifico panormita.
Per lo sviluppo del racconto – una storia d’amore ai tempi dell’Inquisizione che s’intitola La ripartizione – Camilleri si è servito del saggio di Francesco Renda L’Inquisizione in Sicilia (Palermo, 1997), e di quello di Maria Sofia Messana Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna (Palermo, 2007).

Ecco che il cerchio si chiude: il racconto è ambientato a Palermo nel periodo buio e tristo dell’Inquisizione (uso per conformismo la maiuscola, ma sinceramente userei una “sottominuscola”, se solo esistesse). Dov’è che vive, di norma, il grande dipinto? Udite udite, per i bizzarri casi della vita, sta il dipinto proprio laddove la somma nequizia ebbe sede e da cui per quasi tre secoli (1600/1782) coprì di sangue e di terrore il popolo siciliano, particolarmente gli ebrei e altre minoranze etniche e religiose. A dirla con il Principe Pietro Lanza Scordia (Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789, 1836): “Dunque fra le molte demenze dell’umano spirito e piuttosto fra le umane pernizie porre l’inquisizione è mestiere”.
Sede di questa gestapo cattolica, fu in quest’arco lunghissimo di tempo il Palazzo Chiaramonte-Steri, che, a Palermo, s’affaccia su Piazza Marina, in cui, nel Giardino Garibaldi, che quasi per intero la occupa, si ergono, monumentali come piramidi arboree, bellissimi esemplari di ficus magnolioides, le cui chiome e radici superficiali sono di dimensioni impressionanti.

Palazzo Chiaramonte, detto lo “Steri” (da Hosterium, palazzo fortificato), ospita oggi il Rettorato dell’Università di Palermo e in esso ha abituale residenza La Vucciria, tela di 300×300 cm, che nel 1974 Renato Guttuso dipinse, dopo cinquant’anni di incubazione.

Per narrare di questo capolavoro fu scritto il bel libro di cui ho parlato, reperibile con facilità sul mercato fisico e su quello online.
E ad esso nel Palazzo di Montecitorio è stata dedicata l’esposizione del quadro – e di due quadri più piccoli, appartenenti alla collezione della Camera dei Deputati, il Cristo deriso (1934), e i Carrettieri siciliani (1946). L’esposizione, apertasi il 29 novembre si è già conclusa oggi, 12 gennaio 2020.

Dell’intima sostanza dei dipinti e della visita al Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, vi parlerò altrove, ora ho altro da fare. È il compleanno di mia moglie… annunca finisci ’a vucciria!

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