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Vucciria…. – Eccolo, è qui, in ordine e senza polvere… una volta tanto! – esclamai ancora con il giaccone e la sciarpa addosso, mentre arrampicato sull’alto gradone di travertino, sfilavo il libro da una piccola pila nel comparto a suo tempo assegnatogli. Il piccolo bellissimo libro, di forma quadrata, con una copertina necessariamente coloratissima, non poteva essere che in quello scaffale o nell’altro, stivatissimo, che teniamo in camera da letto. Il libro edito, da Skira nel 2008, contiene un racconto – per esplicita dichiarazione di Camilleri – direttamente suggeritogli dal dipinto di Renato Guttuso, Vucciria; una sua nota al racconto, che, scritta per dare lumi al lettore in merito allo scritto, finisce per essere essa stessa un piccolo gioiello di scrittura, di amore e di metodo; e un saggio su quest’opera del grande pittore siciliano, scritto con perizia e invidiabile capacità narrativa da Fabio Carapezza Guttuso, che – lo ricorderanno i pochi affezionati superstiti lettori – è il figlio adottivo del pittore Renato. Completano l’opera le bellissime foto di diversi autori, fra cui mi preme ricordare – vil partigian io son! – Labruzzo, agenzia fotografica palermitana, fedelissima nel rappresentare tipi, cose, luoghi, umori, nessi, ombre e luci dello specifico panormita. Ecco che il cerchio si chiude: il racconto è ambientato a Palermo nel periodo buio e tristo dell’Inquisizione (uso per conformismo la maiuscola, ma sinceramente userei una “sottominuscola”, se solo esistesse). Dov’è che vive, di norma, il grande dipinto? Udite udite, per i bizzarri casi della vita, sta il dipinto proprio laddove la somma nequizia ebbe sede e da cui per quasi tre secoli (1600/1782) coprì di sangue e di terrore il popolo siciliano, particolarmente gli ebrei e altre minoranze etniche e religiose. A dirla con il Principe Pietro Lanza Scordia (Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789, 1836): “Dunque fra le molte demenze dell’umano spirito e piuttosto fra le umane pernizie porre l’inquisizione è mestiere”. Palazzo Chiaramonte, detto lo “Steri” (da Hosterium, palazzo fortificato), ospita oggi il Rettorato dell’Università di Palermo e in esso ha abituale residenza La Vucciria, tela di 300×300 cm, che nel 1974 Renato Guttuso dipinse, dopo cinquant’anni di incubazione. Per narrare di questo capolavoro fu scritto il bel libro di cui ho parlato, reperibile con facilità sul mercato fisico e su quello online. Dell’intima sostanza dei dipinti e della visita al Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, vi parlerò altrove, ora ho altro da fare. È il compleanno di mia moglie… annunca finisci ’a vucciria! Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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