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Ponza e non più Ponza

di Tano Pirrone
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Avevo promesso a Sandro che avrei scritto di Ponza. L’ho fatto – eccomi! – ma non è dell’isola tanto amata dal mio amico semi-ponzese che umilmente scrivo, bensì della commedia pirandelliana “Così è (se vi pare)”, il cui protagonista maschile è, per l’appunto, il signor Ponza, segretario di prefettura in provincia, dove si è trasferito, proveniente da un piccolo paese della Marsica realmente distrutto dal terremoto del 1915, in cui aveva perduto buona parte dei suoi familiari. Con lui sono arrivati nella nuova residenza anche la moglie e la suocera, signora Frola.

La celebre commedia di Luigi Pirandello è andata in scena al Teatro Ghione di Roma, firmata da Francesco Giuffrè.
La pièce introduce per la prima volta nel teatro la rivoluzionaria poetica pirandelliana. Già famoso per le sue novelle e i suoi romanzi, lo scrittore siciliano la trae dalla novella La Signora Frola e il Signor Ponza.

I tre suscitano curiosità e morbosa attenzione. Tutti pretendono di sapere chi sono, che rapporti fra loro intercorrono, quali segreti nascondono (perché i segreti devono esserci, per suscitare la scarsa irrilevante vita che in essi alberga). I comportamenti di questi profughi sono al di fuori dei loro canoni e quindi la loro diversità morbosamente li attrae.
All’apertura del sipario si ha accesso in un grande locale; sembra un antro (preannunciando l’efferato finale), ma è arredato alla moda piccolo borghese.
Dal signor Ponza e dalla signora Frola che parlano fra di loro – significativamente ancora con soprabiti, sciarpe e valigie – apprendiamo che sono genero e suocera. Parlano della signora Ponza: il segretario prefettizio afferma che essa è la sua seconda moglie e che la prima, figlia della signora Frola, è morta. La suocera afferma invece che l’attuale moglie di Ponza sia sua figlia. Ce n’è abbastanza, sin dal principio, per attirare l’attenzione dello spettatore e per suscitare nei cittadini morbose curiosità: tutti vogliono sapere la verità sulla signora Ponza, che fra l’altro non esce mai di casa e comunica con la signora Frola tramite bigliettini.

L’unico ad avere un atteggiamento distaccato è Lamberto Laudisi, portavoce delle idee dell’autore, che cerca di spiegare agli altri che non riusciranno mai ad agguantare il bandolo di questo caso intricato.
Pirandello costruisce una vicenda grottesca e paradossale per affermare, attraverso le parole di Laudisi, che l’identità profonda della persona è inconoscibile, perché questa anche per se stessa diventa quello che rappresenta per gli altri (Io sono colei che mi si crede). Ognuno costruisce la propria personalità secondo i diversi ruoli che deve assumere nella società; è costretto a indossare di volta in volta maschere che talvolta in maniera dolorosa contrastano con “la vita”, ossia con il complesso della realtà individuale.
E così, in conclusione, la signora Ponza, quando viene chiamata a svelare il mistero, dice che per l’uno è la seconda moglie e per l’altra è la figlia. La sua identità si è sgretolata anche per se stessa ed ella finisce, nell’ottima lettura fattane da Giuffrè, mangiata viva dai borghesi famelici di vite altrui, perché incapaci di averne una propria cosciente, autonoma e libera.

Dal fiero pasto si esimono Laudisi e la giovane nipote Dina: l’autore, cioè, e la sua residua speranza nelle future generazioni.

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Giuffrè ha confermato la sua eclettica bravura: ottima l’interpretazione della commedia, l’uso degli attori (cast sfoltito, come s’usa – ma cum grano salis); tutti gli attori perfettamente calati nel ruolo e affiatati. Menzioni speciali per Marial Bajma Riva (nella parte di Dina, figlia di Amalia e nipote dell’alter ego dello scrittore, Lamberto Laudisi), che avevamo già apprezzata quest’estate al Teatro Greco di Siracusa nelle Troiane di Euripide nel ruolo di Cassandra; e per Alessandra Scirdi, che ha fatto di Amalia (moglie del consigliere di prefettura Agazzi e sorella di Lamberto Laudisi; madre, per reciprocità, di Dina) un ritratto straordinario, usando, di là del testo, posture e mimica di altissimo pregio (e che sguardi!).