Attualità

La Lezione di Giuseppe Luongo e quella di Edoardo Malagoli (2)

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

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Per la prima parte dell’articolo (relativa a Giuseppe Luongo), leggi qui

Ci sono persone che non dimenticherò mai. Persone che ricordo ogni giorno; che “saccheggio” ogni volta che debbo scrivere un articolo, preparare un intervento pubblico, perché questo loro insegnamento mi è entrato dentro ed è inseparabile da me stesso.

Una di queste persone indimenticabili è stato il prof. Edoardo Malagoli (1918-2001). Non sono stato suo allievo al Liceo Classico di Ischia. Ho fatto “ragioneria”; ma sono stato suo allievo ascoltando le sue conferenze negli anni ’60 e ’70, quelli della formazione culturale e poi nelle frequentazioni in occasioni di conferenze, dibattiti, manifestazioni negli anni ’80 e ’90 fino a quando il Professore ce l’ha fatta ad essere presente, ad intervenire, a stimolare, a farci riflettere.

Chi è stato suo allievo sia nella scuola che nella società civile ricorda il suo straordinario e rivoluzionario modo di insegnare; il parlare lentamente con quell’intercalare “è vero” come pausa necessaria; il suo perfetto italiano lavato in Arno che ti faceva innamorare perdutamente della lingua di Manzoni; le citazioni dotte ed appropriate in italiano, latino, francese che davano ricchezza ulteriore al suo discorso; l’immensa cultura storica o meglio storicistica, come preferiva definirla, da allievo fedele (ma lui si definiva “umile”) di Benedetto Croce che gli faceva dire che “era educato a misurare in tempi lunghi le vicende” dell’unica Storia che conoscesse che era quella “vivente” cioè degli Uomini e delle Donne e non delle cose; la sua irrinunciabile fede nel liberalismo e nella Parola come “forma della Ragione” e quindi l’assoluta incertezza nel giusto strumento partitico della Politica poiché il suo compito da sostenitore del pensiero di Norberto Bobbio e di adesione al gruppo de “Il Mondo” di Mario Pannunzio era “diffondere Dubbi non seminare certezze” ed infine il grande rispetto per il giovane allievo a cui dava del “lei”.

Questa sua Cultura laica, che esercitava come un missionario della Ragione, della Libertà e della Democrazia si scontrava violentemente negli anni ’50 e ’60 del “secolo breve” in un ambiente arretrato e clericale quale era quello dell’isola d’Ischia con un potere politico confessionale e clericale che con Guicciardini gli faceva dire che “bisognava liberare l’Italia dalla scellerata tirannide dei preti” e da qui le sue roventi polemiche con il Vescovo d’Ischia, Antonio Cece, con le denunce al Ministero della Pubblica Istruzione per il suo insegnamento laico e sull’interpretazione dell’art.33 della Costituzione sul “libero insegnamento” e su i suoi limiti costituzionali.

Chi fra i giovani lo amava veniva indirizzato verso il liberalismo e poi ancora, con il conquistato discernimento, verso il socialismo come naturale complemento del pensiero libero che naturalmente respingeva il comunismo e combatteva il neofascismo per la ricerca della “Terza Via” nel neocapitalismo.
I miei successivi studi economici mi portarono su quelle posizioni perché a Marx preferivo Keynes e Schumpeter.

Andai ad intervistare il prof. Malagoli nel marzo del 1987 nella sua casa di Forio per una testimonianza il più possibile completa e la lunga intervista di circa tre ore la raccolsi nel registratore, cosa che facevo raramente, perché nel trascriverla volevo essere il più possibile fedele alla sua parola, rappresentare nella forma più completa possibile il personaggio, assegnandomi un ruolo secondario da semplice testimone di un testamento.
Quella lunga intervista – che feci leggere prima della stampa al Professore che mi corresse solo il termine “anticlericale” al suo insegnamento perché “molta acqua era passata sotto i ponti” ed aveva ormai raggiunto con la Chiesa di Papa Giovanni del Concilio Vaticano II un clima di tolleranza e di apertura – è contenuta nel mio libro “Tempi d’Ischia” (1988) e nel libro “La tradizione culturale ed artistica dell’isola d’Ischia” che gli amici del circolo “Sadoul” nel 1998 per i suoi 80 anni, raccogliendo parte dei suoi scritti, vollero pubblicare come omaggio con le belle introduzioni del sindaco d’Ischia, avv. Luigi Telese e del consigliere delegato alla Cultura, Gianni Vuoso.
Non avrei mai immaginato che quella intervista potesse acquistare un valore storico. L’essenza del suo pensiero, della sua vita, del suo insegnamento è in quella intervista che ho continuamente citato e dalla quale ho continuamente attinto per ventisette anni e lo farò ancora.

C’è quella meravigliosa risposta alla mia domanda sul futuro della nostra isola:
Il futuro è certamente affidato ad orizzonti più vasti. Direi che l’Isola si dovrà “italianizzare” nel senso più alto cioè dovrà prendere gli aspetti più positivi, più stimolanti, di cui l’Italia è capace e nello stesso tempo si dovrà “europeizzare” sempre di più il che non significa imparare semplicemente le lingue straniere che servono per il turismo ma farsi una mentalità veramente “ planetaria”. Il che non vuol significare uscire dal “provincialismo” o dal “paesismo”, è vero, perché tanto più si è moderni tanto più si è capaci ed aperti al futuro quanto più si è fedeli osservanti e memori delle proprie tradizioni. Una modernità senza radici è una falsa modernità…”.

Ho speso ventisette anni della mia vita per “italianizzarmi” sempre di più e per “europeizzarmi” sempre di più perché l’Unione Europea con tutte le difficoltà e le luci e le ombre della “storia vivente” è la Grande Speranza per noi, i nostri figli, i nostri nipoti.

Dieci anni dopo quell’intervista nel settembre 1997 partecipai ad un “workshop” riservato ai Comunicatori Pubblici nella mia qualità di responsabile dell’Ufficio Stampa della Provincia di Napoli al Residence di Ripetta a Roma sugli “scenari futuri della Comunicazione” quando cominciava la diffusione di Internet.
I relatori furono il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita con il direttore del Censis, Giuseppe Roma, il Presidente del Forum della Pubblica Amministrazione, Carlo Sismondi, il segretario generale dell’Associazione Comunicazione Pubblica, Alessandro Rovinetti e l’on. Marcello Dell’Utri, presidente delle “Pagine Utili S.p.A.

L’allora direttore dell’Agenzia Nazionale ANSA, della quale ero collaboratore da Ischia e Procida, Giulio Anselmi, fece da “Chairman”.

Da quel “workshop” emerse che “ perato o tenuto che sia il futuro sarà telematico e basato sulle reti” e che “questo Paese va a fondo se non migliora la Pubblica Amministrazione”.

Dal “workshop” trassi convinzioni fermissime che racchiusi in un articolo raccolto nel mio “Ischia, l’isola che non c’è” del 1999 e da lì nacque il mio impegno per la “Programmazione Negoziata” per un nuovo modello di sviluppo dell’isola d’Ischia con il Patto Territoriale per rilanciare soprattutto l’area in declino industriale di Casamicciola e consolidare il maturo sistema economico dell’intera isola.
Non avevamo, a mio parere, alternative all’“europeizzazione” nel mondo “globalizzato” e dovevamo “imparare le lingue straniere” non solo per il turismo ma per una Cultura “planetaria” e multidisciplinare come mi aveva ammonito dieci anni prima il prof. Malagoli.

Per la prima volta in vita mia leggevo in un cartoncino di invito che un “seminario” si chiamava “workshop” ed un “moderatore” si chiamava “chairman”. Dovevo rimettermi a studiare l’inglese, andare di nuovo all’Università, iscrivermi e partecipare ai corsi di formazione professionale, perché stava cambiando tutto e l’Europa ci imponeva il“lifelong learning” cioè l’insegnamento o la formazione permanente.

Diciasette anni dopo quel “workshop” siamo qui ad Ischia allo stesso punto.
Non abbiamo un nuovo modello di sviluppo, non abbiamo adottato la Programmazione Economica né la Pianificazione Territoriale come metodo di politica economica , finanziaria, urbanistica , il sistema economico di Ischia è squilibrato, abbiamo ancora sei Comuni, non abbiamo un ente di promozione turistica, Casamicciola è diventata ancor di più l’area in declino industriale, la crisi finanziaria nazionale si è estesa a livello locale con punte elevatissime di disoccupazione soprattutto giovanile, le società “partecipate” dei Comuni sono al collasso, i problemi perpetui dei trasporti, del disinquinamento delle acque, della raccolta dei rifiuti, restano insoluti.
Il “cahier des doléances” (un po’ di “francesismo” non guasta!) è enorme.

All’arch. Caterina Iacono con la quale oggi 12 gennaio 2014 alle 16.30 a Villa Arbusto presenteremo il progetto di Trasformazine Urbana ho suggerito di riprendere l’“europeizzazione” anche nella forma con l’inglesismo del “workshop” e del “chairman” perché non abbiamo alternative, nell’interesse dei nostri figli, alla necessità di aprirci “alla storia in fieri che è storia europea” come ci ammonì il prof. Edoardo Malagoli lasciando un segno indelebile nelle nostre vite.

Casamicciola, 12 gennaio 2014 (versione originale)

Giuseppe Mazzella
Direttore de “Il Continente”
Casamicciola, 8 novembre 2019 (revisione e aggiornamento)

[La Lezione di Giuseppe Luongo e quella di Edoardo Malagoli (2) – Fine]

 

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