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Quante nuove malattie delle piante! Ecco l’ultima

di Sandro Russo

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È della scorsa estate la scoperta di una nuova malattia sulle mie piante – …e stéveme scarz’! …direbbe Giggino – che mi ha impegnato prima sul fronte dell’identificazione e poi al tentativo di risoluzione del problema (tuttora in corso).
Vivo per la maggior parte del tempo in una casa in campagna (zona Castelli Romani) ma curiosamente ho fatto questa scoperta nella casa di appoggio a Roma (quartiere S. Lorenzo), dove pure ho piante su due piccoli terrazzi.

Preciso subito che delle piante sono un amatore, un autodidatta informato, un coltivatore in proprio.
Comunque sono, tra i redattori del sito, quello più in prima linea e con un confronto quotidiano con le realtà del mondo vegetale, i suoi problemi e i nuovi flagelli. Per questo mi sento quasi in dovere di dare io questa informazione ai lettori.

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Ecco i fatti.
Quasi a fine estate, dicevo, mi sono accorto che una vite che avevo messo in un grosso vaso per fare “fraschetta” sul tavolo, aveva una crescita troppo lenta. Le conosco bene le viti: se hanno terra, acqua e sole crescono vigorosamente… invece questa stentava e le foglie avevano un colore verde un po’ malaticcio. Un’ispezione successiva mi ha fatto rilevare la presenza di piccoli puntini neri, piuttosto aderenti, sulla pagina inferiore della foglia.

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Allargando l’ispezione ad altre piante del terrazzo, ho trovato gli stessi maledetti puntini neri, oltre che sulla vite, anche sotto le foglie di rosa:

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E sotto quelle degli agrumi:

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Perfino sulla pagina inferiore delle belle foglie palmate di Aralia sieboldii, che poverina sta proprio a fianco alla vite:

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Malgrado l’ampia diffusione, non gli ho dato eccessivo peso e ho pensato che una passata di verderame avrebbe risolto il problema.
Ma niente.

Sempre per non essere troppo invasivo sono ricorso all’acqua saponata – da un sapone di Marsiglia ottenere con un coltello circa 100 gr di scaglie; metterle in un pentolino con circa un litro di acqua e 50 ml di olio di semi: far sciogliere a caldo il sapone e mescolare bene il composto. Ottimo per gli afidi, che non sono troppo difficili da dissuadere, il composto funziona come irritante e anche come asfissiante, creando una patina che impedisce gli scambi respiratori.
Anche così niente!

Ultimo rimedio provato è stato l’aceto. Si prepara una miscela fatta da 3 parti di acqua, una parte di aceto e un cucchiaino di detergente per i piatti. Si scuote il vaporizzatore prima di utilizzarlo per mescolare tutti gli ingredienti e si spruzza sulla parte inferiore delle foglie. In questo caso l’azione è molteplice: irritante e asfissiante, ma grazie all’aceto, anche de-cheratinizzante sugli scudi delle cocciniglie.
Risultato anche stavolta minimo. L’infestazione non aumentava ma neanche si risolveva drasticamente.

A questo punto ho smesso di andare avanti con rimedi empirici e alla cieca. Urgeva fare una diagnosi, ma non è stata facile.
Essendo una patologia abbastanza nuova, le conoscenze – come pure le notizie sul web – sono scarse.
Alla fine, per un colpo di fortuna, ne sono venuto a capo; e queste sono le notizie che ho messo insieme dal web, da hobbista informato.

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Si tratta di Aleurocanthus spiniferus, un aleurodide tropicale, originario di Africa, Asia e Australia. Gli aleurodidi, detti anche mosche bianche, sono una famiglia di insetti dell’ordine dei Rhynchota Homoptera. In Italia le prime segnalazioni risalgono al 2008 in Puglia, ed al momento la diffusione è in forte aumento.
Gli adulti di questa specie non sono abili volatori; la diffusione può essere operata dal vento sulle distanze più o meno brevi. Ma soprattutto il rischio di contagio è altissimo per il contatto con materiale vegetativo già infetto.

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E’ un insetto polifago, la cui alimentazione causa disseccamento delle foglie e, se non trattato per tempo, la morte della pianta attaccata. Le forme giovanili di questo omottero infestano generalmente la pagina inferiore delle foglie delle piante, dove mediante stiletti boccali pungono i tessuti vegetali cui sottraggono linfa, producendo escrementi zuccherini che imbrattano le piante attaccate, determinando lo sviluppo di fumaggini. Il numero delle generazioni annuali è variabile in funzione dell’andamento climatico (generalmente tre generazioni), mentre lo svernamento avviene per lo più allo stadio di neanide.

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In Italia fino ad ora ha mostrato una particolare predilezione per tutte le piante del genere Citrus, ovvero su tutte le tipologie di agrumi, ma attacca anche altre piante come le rose e le viti (ma anche altre piante, come si può vedere dalle foto).

Ad un esame poco attento lo si potrebbe confondere con una cocciniglia, mentre così non è, e il trattamento da effettuare è totalmente differente. Le formazioni di cocciniglia sono solitamente o interamente bianche o interamente scure, mentre nel caso dell’Aleurocanthus la formazione delle neanidi, lo stadio intermedio di crescita, presenta un bi-cromatismo tipico con il centro scuro con una corona bianca intorno.
Per quanto riguarda l’utilizzo dell’olio minerale o olio bianco si precisa che esso è un insetticida di contatto, che funziona provocando asfissia. Esso risulta quindi efficace sugli adulti ma non ha effetti rilevanti né sulle uova né sulle forme intermedie di crescita, le neanidi, che sono rivestite da una sostanza cerosa che impedisce l’azione dell’olio minerale.

E veniamo al trattamento: come ho detto i rimedi della nonna non funzionano. Sul web sono consigliati “imidacloprid, acetamiprid oppure thiamethoxam: In alternativa si possono utilizzare piretroidi del tipo cipermetrina. Meno efficace deltametrina o piretro vero e proprio, perché su infestazioni abbastanza diffuse sortiscono scarso effetto. Per evitare l’insorgere di fenomeni di resistenza nell’insetto si consiglia inoltre, in caso di gravi infestazioni, di alternare i principi attivi utilizzati tra un trattamento e l’altro”. Personalmente partirei con i piretroidi, meno tossici degli altri: “sono una classe di insetticidi e acaricidi di sintesi. Sono gli analoghi sintetici delle piretrine, costituenti naturali dei fiori di Tanacetum cinerariifolium. (…)”. “I piretroidi non sono in grado di penetrare nella pianta per cui esercitano azione prevalentemente per contatto, favorita dalla loro liposolubilità che ne permette la penetrazione nelle cere epicuticolari” (sintetizzato da Wikipedia).

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Il piretro della Dalmazia (Tanacetum cinerariifolium) è una pianta della famiglia delle Asteraceae (come le comuni margherite), coltivato per le sue proprietà insetticide

Ora siete avvisati.. Non ve la voglio tirare, ma la diffusività di questa patologia vegetale è alta; se una pianta si mostra sofferente e non vi convince (specie se è una vite, una rosa o un limone), un’occhiata alla pagina inferiore delle foglie datela sempre… potreste fare delle scoperte e avere delle sorprese, come appunto è capitato a me.

 

Note

Tranne le ultime quattro, le foto dell’articolo sono dell’autore.

Per approfondimenti e bibliografia, a questo link:
http://www.aboutplants.eu/portal/cms/content-fitopatologia/2003-aleurocanthus-spiniferus-un-nuovo-pericolo-per-le-ornamentali.html [17]