di Enzo Di Giovanni
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Di solito l’epicrisi, l’appuntamento con cui i redattori di Ponzaracconta a turno sintetizzano e rileggono le vicende caratterizzanti la settimana appena trascorsa, verte su Ponza.
Ognuno di noi cerca cioè di trovare una sorta di filo conduttore che riesca ad interpretare il tempo che scorre, nell’illusoria speranza, forse, di dare ordine alle nostre vicende in attesa di tempi migliori. Perché i tempi non sono affatto buoni, a Ponza come altrove.
Al punto che questa settimana il tema ricorrente, per quanto mi sforzi, non è Ponza. E per la prima volta non inizio parlando della nostra isola.
Non per mancanza di argomenti: la Ponza di novembre, tra i primi maltempi di stagione, le strade deserte, le solite polemiche che non conoscono soste invernali, offre comunque spunti interessanti.
Ma la notizia che bisogna mettere a fuoco è un’altra, che emerge tra le pieghe della rassegna stampa settimanale: la scorta assegnata alla senatrice Liliana Segre.
Ne abbiamo parlato con vari commenti anche la scorsa settimana, a proposito della sua proposta di istituire una Commissione contro odio, violenza e razzismo, e soprattutto della sconcertante scelta di una importante fetta di rappresentanti parlamentari di non appoggiare tale proposta.
L’immagine, quasi iconica, di una scorta che protegga una vecchia signora di novanta anni vince su tutto. E’ il termometro, la sintesi perfetta del grado di imbarbarimento che abbiamo raggiunto, e che sembra non avere limiti.
Di solito le scorte vengono assegnate a politici di primo piano, a magistrati in prima linea, a collaboratori di giustizia. A persone cioè, che per mestiere possono rappresentare un pericolo per interessi illeciti, per la criminalità organizzata.
Chi si può spaventare per una vecchietta dal sorriso disarmante?
E’, dovrebbe essere, una nonna. La nonna con cui verrebbe voglia di bere il tè delle cinque, o a cui far raccontare favole ai bambini.
Ma il nostro mondo è profondamente cambiato e questa storia né è un perfetto paradigma.
La politica rappresentativa è in crisi, si dice. La sinistra è scomparsa dai radar, si dice, non ha più una classe sociale di riferimento. E’ in crisi persino chi doveva rappresentare il cambiamento: la dinamica è nota, passare dal Vaffa day alla poltrone, e ad una inevitabile dialettica politica toglie quell’aurea di verginità ed in questi tempi si paga.
Poco male, verrebbe da dire: l’alternanza in politica è fisiologica, anzi, benaugurante, è il momento della destra populista, sovranista come si usa dire adesso, che male c’è?
Purtroppo non è così. La vera sconfitta di questo momento storico è proprio la destra liberale, democratica.
Quei parlamentari seduti, inespressivi, “culi attaccati alla poltrona” nell’editoriale feroce di Serra (in Rassegna Stampa, al dì 8 novembre), sono in realtà il segnale di una sconfitta: aver abbandonato l’idea stessa di far politica, la presunzione di esprimere un programma, delle idee.
Schiavi a loro volta delle fake costruite a tavolino, su logaritmi e funzioni matematiche precise con cui nutrire un pubblico affamato, bulimico, compulsivo, a cui non interessa la verità.
Oggi si parla, si abbaia, senza cognizione alcuna. Ed a proposito di abbaiare, è da condividere la tesi di “Cari amici cani“, il pezzo riportato da Sandro Russo: che ai cani manca solo la parola, per fortuna.
Il pericolo è serio: in una deriva etica ed istituzionale continua, è il senso stesso dello Stato in pericolo, altro che sovranismo!
Dice bene Rosanna Conte, parlando della “Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, celebrazioni a Ponza”: sottolineando l’importanza delle Forze Armate di fronte al dilagare del sentimento della giustizia fai da te.
Oppure, tanto il teorema è lo stesso, nel non accettare che un avamposto di confronto e di socialità venga distrutto “Di nuovo incendiata La pecora elettrica“.
In un tale contesto, l’impegno del Centro Studi nel salvaguardare e divulgare la nostra storia assume un significato ancora più pregnante “La due giorni sulla colonia confinaria di Ponza“.
Ponza va ri-costruita, su questo non ci sono dubbi. Va ricostruito il senso stesso di una comunità che non c’è, non esiste. Addirittura, secondo “Visioni di Ponza“ non è forse mai esistita. Sul libro di John Peter avevo io stesso scritto un pensiero, tempo fa (leggi qui). Magari in forma più romantica, avevo evidenziato il buon carattere, l’armonia con la natura isolana. Franco De Luca evidenzia invece il carattere anarchico dei ponzesi, che impedisce loro di essere comunità nel senso più maturo del termine. In fondo diciamo la stessa cosa.
Oggi non basta più quell’imprinting ambientale per vivere su un’isola come Ponza. Anzi, la bellezza dei luoghi, le storie di vita possono persino diventare un handicap. Lo si può dedurre persino da struggenti “Considerazioni di un nonno“: senza una comunità capace di esistere, non basta resistere.
Magari cominciando dal nome: vecchia questione ancora irrisolta, quale debba essere il nome dell’arcipelago su cui ritornano con interessanti contributi Tonino Impagliazzo e Franco De Luca con “Isole Ponziane e Isole Pontine” ed “Arcipelago ponziano. Arcipelago pontino“. Personalmente propendo per la tesi di Franco, di cui apprezzo la sintesi finale, che dovrebbe escludere a priori un campanilistico ed improduttivo derby tra Ponza e Ventotene.
Nella comunità che non c’è, viviamo in uno strano e continuo stato di schizofrenia.
Abbiamo un ambiente naturale unico, ma siamo incapaci di valorizzarlo, come ci evidenziano Luisa Guarino e Biagio Vitiello: Nuovi alberi nel Lazio con “Ossigeno”: e a Ponza? – A margine dell’articolo sul “verde” a Ponza mettono a nudo la scarsa conoscenza e sensibilità verso le specie autoctone.
Abbiamo risorse e una storia da proteggere, ma sembra che non ci appartenga: un danno alla cultura, ma anche all’economia “Tra il Museo di Capodimonte e quello di Ponza“.
Abbiamo confermata la stella Michelin dell’amico Gino Pesce “Le stelle sono tante… La nuova Guida Michelin“.
Abbiamo il nostro Emilio Iodice, che presenta a Roma il suo “Ritratti di leadership“, frutto delle esperienze maturate in un eccellente carriera diplomatica.
Abbiamo le ragazze di Basket che mietono successi “Bull Basket Ponza, prima vittoria in campionato”.
Abbiamo frequentatori di altissimo livello “La posta dei lettori. Montale a Ponza“… o almeno speriamo di poterlo confermare.
Abbiamo lettori attenti che ci rammentano che la Storia passa spesso da Ponza “La posta dei lettori. Quella battaglia navale del 1435“.
“Ho cominciato
a piangere per gioco,
e poi ho creduto
che fosse il mio destino”
…Che la grande, grandissima Alda Merini (leggi qui e qui) avesse radici ponzesi?
vincenzo
10 Novembre 2019 at 10:53
Il debito pubblico evidentemente non è un argomento interessante.
Ho capito che per essere ascoltati dai redattori di Ponzaracconta bisogna farsi raccomandare dal “feroce Serra”.
Quindi dico che anche Serra a suo modo ne parla nell’Amaca dell 22 ott 2017.
“il verbo “vigilare” applicato alla irrefrenabile e in parte rovinosa attività finanziaria degli ultimi decenni, stringe il cuore per tenerezza. E’ come vedere un fungo atomico spandersi nel cielo e sotto un omino che l’osserva (indossa occhiali neri, mica è imprudente) e ci rassicura: “Sto vigilando”.
https://www.repubblica.it/rubriche/l-amaca/2017/10/22/news/l_amaca_del_22_ottobre_2017-178984739/
Caro Michele Serra tu che puoi permetterti di stare in “Amaca” nel grande giornale Repubblica parla in nome dei cittadini – vessati e precarizzati – dell’importanza di occuparsi seriamente del “debito Pubblico”.
“Basta vigilare” qui bisogna agire!
Fallo in nome dei cittadini italiani che perdono posti di lavoro, che perdono diritti civili e politici, che vedono la qualità della loro vita sempre più precarizzata.
Caro Michele Serra la gente campa a debito ma diventa sempre meno libera per questo perde tutto e non si ribella. Tutte quelle conquiste ottenute in tanti anni di sacrifici e di lotte delle classi lavoratrici e anche borghese.
Hanno destrutturato gli Stati nazionali, ridotto la politica nazionale a un teatrino, disintegrato le famiglie, occupato tutti i posti di potere e noi tutti continuiamo ad applaudire gaudenti.
Non ci faranno del tutto fallire ma ci tengono in pugno.
Caro Serra tu sai che gli usurai non vogliono che gli venga restituito il debito, agli usurai bastano che gli vengano versati gli interessi per mantenere il loro dominio sul debitore”
Caro Serra è caduto il “muro di Berlino” e sotto quelle macerie sono morti i sogni di una società che avevamo sognato più giusta e umana?
Enzo Di Giovanni
10 Novembre 2019 at 11:28
Perdonami, Vincenzo. Nel curare questo appuntamento settimanale ognuno di noi cerca come dicevo di concatenare gli interventi secondo un proprio sentire, che non per forza deve includere tutto. Che il tuo pezzo sia sfuggito alla mia personale “interpretazione”, nulla toglie e nulla aggiunge alla sua valenza, ovviamente. Anzi, invito chi può arricchire il discorso ad addentrarsi negli oscuri meandri dell’economia globale, che lungi dall’essere una scienza esatta, predica tutto ed il contrario di tutto. Sul sito ci sono commentatori ben più preparati di me, in materia.