di Sandro Vitiello
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Nella giornata dedicata ai nostri cari defunti mi è capitata tra le mani una poesia di Antonia Pozzi, grande poetessa milanese, vissuta nei primi anni del secolo scorso.
E’ una poesia molto semplice, capace di evocare un ricordo dolce di quanti ci hanno lasciati, come se fossero ancora parte del nostro mondo.
Più che una loro presenza, attraverso le parole di Antonia, percepiamo il loro sguardo. Loro non sono più parte della nostra vita ma ci accompagnano, senza interferire.
La percezione della presenza dei nostri cari è affidata a quella parte di noi che rimane legata all’essenza dei luoghi che li hanno visti in vita. E loro sono lì, nell’aria, nella terra, nei gesti che riempiono le nostre vite.
Un pensiero ai nostri cari che non ci sono più.
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Siedon sul grembo dei prati
a un crocicchio di strade:
odon fruscìo di ruote per la china,
bimbi e cavalli saltare le siepi.Sentono il tuono venire,
gli scrosci sul nudo fieno
(quando gli uomini per salvarlo
escono dalle case
coi corpi protesi alla terra).Ogni sera,
prima che il campanile verde sbocci in suono,
si domandan se la cresta del monte
non disegni un bambino riverso
dormente su loro.Poi, quando nel cavo degli occhi
corolle sperse di campane
scendono a bere,
lenti essi volgono il volto
ai cancelli:
se d’autunno un pastore s’attardi
senza timore a rompere il suo pane
e il gregge chiaro si prema alle sbarre.Allora ridono i morti
piano fra loro:
sognano lieve e più calda la notte.
Antonia Pozzi (Milano, 1912 – 1938)
E’ stata una poetessa italiana vissuta tra Milano e Pasturo (sul lago di Como).
La sua poesia ha forti richiami in quella che è la vita vissuta, oltre ad un grande amore per la natura. Le sue estati a Pasturo ne fanno un’appassionata amante della montagna.
Di famiglia benestante viaggia a lungo in Europa ed anche nel nord Africa. Appassionata di fotografia ci lascia anche tante immagini dei luoghi e delle persone incontrate. I suoi amori sfortunati ed un mal di vivere che l’accompagna dalla sua adolescenza la portano a lasciarsi morire, a 26 anni – dopo aver preso una abbondante dose di barbiturici – un pomeriggio d’inverno sui prati vicino all’abbazia di Chiaravalle, a Milano.
Le sue poesie, mai pubblicate in vita di lei, sarebbero rimaste dimenticate in un baule di legno che lei conservava nella sua camera. Un’amica della madre – suor Onorina Dino – ne apprezzò il valore e decise di portare a conoscenza di tutti noi l’opera di Antonia Pozzi.
Ho avuto modo di conoscere questa anziana suora una quindicina di anni fa nella casa-museo di Antonia a Pasturo; tutto era stato conservato come se il tempo si fosse fermato. La passione di questa donna ci ha permesso di conoscerne e apprezzarne la poetica.