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Lacrimava

di Francesco De Luca

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“Mi sono ritrovato che piangevo, stamane, con in mano una foto.
L’aria era cupa e l’isola era un granello immerso nel grigiore.
Solo.
I visi della foto opprimevano ed ero incapace di reggerne la vista. Volevano risposte. Pretendevano che riprendessi il mio posto in mezzo a loro.
I baffetti curati, l’espressione di sempre: seria e calma. Appagato. Mio padre, finalmente, non mi chiedeva impegno.
“Papà… ho fatto quello che ho potuto”.
E mamma?
Mi sorrideva, discreta, come sempre nei momenti d’affetto.
Mio fratello aveva il volto pacioso di chi ha trovato misericordia in Dio.
Il luogo era la ‘Loggia del Giudicato ’.
Nessuno di loro oggi mi parla. Tutti interagiscono tramite il ricordo. Che è fallace.
Non sono più quel bimbo vivace. Nessuna cosa oggi mi incuriosisce più: degli uomini, per ognuno ho pronta una scheda, e i fatti sono logiche conseguenze, di rado soggetti a distorsioni.
Dalla loggia aerea i tetti bianchi, dominati dalla cupola della chiesa, lontana, quel dedalo di vicoli e di scale mi stupivano ogni volta: là si apriva la bocca del ‘rifugio’ impenetrabile e impedito dal divieto del padre, là il portone del palazzo Iacono, nascondiglio sicuro per me che conoscevo i due ingressi, e il vicolo del Comandante? “Eccià… eccià…” si gridava nel giocare a nascondino.

Ho tentato in ogni modo di inserirmi nel mondo lucido della foto. Più lo facevo più ne ero distante. Mi ritrovavo solo in un groviglio di relazioni, non vere come quelle infantili… “chi vo’ iuca’ mettesse ’u dito cca sotto”… bensì bugiarde perché l’età ripudia la spontaneità.
L’impegno per guadagnare libertà dovrà durare tutta la vita.

Eccomi qui. Invecchiato e disilluso. Una foto riesce a dire più di quello che l’animo recepisce. I rimpianti superano i propositi, li sviliscono e li sdilinquiscono nel pianto”.


Immagine di copertina. Una foto del Cimitero di Staglieno (Ge) (NdR)

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