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Costruiamo il nostro futuro

di Francesco De Luca

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Eccoci ad ottobre. Sarebbe tempo di riflessione. Ogni categoria sociale, pubblica e privata, lo dovrebbe fare, in forza del fatto che l’isola muta fisionomia e stile di vita al di fuori dello stordimento estivo.

Sono anni che su questo sito da parte di molti osservatori il mutamento stagionale va rilevato e valutato, e dunque una riflessione generale andrebbe fatta.

L’aspetto che più interessa a me in questo momento è quello politico-sociale. Lo so che più e più volte ho ribadito questo tema, talvolta annoiando. Lo faccio perché mi sono assegnato il compito di contribuire a far maturare il giudizio politico nei Ponzesi. Stimolando i pareri e non imponendo scelte. Aiutando, nel piccolo, a costruire, ciascuno, il suo convincimento, possibilmente elaborato sui fatti e non sui pregiudizi.

Ed ecco perché ho scelto come titolo l’ambizioso: costruiamo il nostro futuro. Lo dobbiamo fare insieme, con chi converge e con chi diverge.

E’ imperativo l’invito (lo dobbiamo) altrimenti altri ce lo imporranno. Il passato ci ha insegnato su alcune dinamiche.

La prima: non è salutare per noi ponzesi dividerci in frange contrapposte. Ancora fa capolino, nell’ombra, una forza politica, estranea alla nostra cultura, che, avendo dimostrato, nei fatti, di non ritenere noi ponzesi capaci di amministrarci, ci ha oltraggiato presso ogni Ente statale, ed anche pubblicamente. Quel passato lì lo dobbiamo ritenere sepolto. Anche se dobbiamo riconoscere taluni suoi meriti. Che però erano di facciata (Ponza più ordinata, un’organizzazione amministrativa più efficiente, la valorizzazione delle cisterne romane). Erano di facciata perché l’anima del disegno che si voleva realizzare era quello di cedere Ponza e i suoi beni a forze economiche private. Questo disegno è stato smascherato anche se gli esponenti della maggioranza, nostri compaesani, mai, e ribadisco mai, hanno dimostrato contrarietà da chi dava loro ordini.

Le divisioni sono sintomo di democrazia ma per noi Ponzesi devono duellare all’interno della nostra cultura, della nostra ‘insularità ’.

Questo è il primo obiettivo: non dividerci.

Il secondo. E’ assodato che l’attuale Amministrazione mostri segni di scompostezza. Pur se nata con un intento civico dichiarato e chiaro, nel cammino operativo sta dando prova di poca saldezza. A mio vedere stanno prendendo vigore gli interessi privati. Ognuno pensa al suo orticello e si fa quello che altre Amministrazioni ponzesi del passato hanno fatto: si pensa a portare in porto qualche risultato e si perde di vista l’obiettivo comune. Lo si è detto e lamentato già. E mi sembra che accada anche oggi.

C’è un vuoto di potere decisionale. Acuito dal fatto che in questa fase storica della nostra Repubblica, l’amministrare si basa su due piloni: quello politico e quello tecnico. Mi spiego. Se il Sindaco in campagna elettorale dice di voler estromettere una ditta dalla gestione di una funzione pubblica non lo può fare in modo autonomo e con atto d’imperio. Perché il contratto fra la ditta e il Comune è stato sottoscritto da un funzionario comunale (il tecnico). Il quale può opporsi a tale decisione, la può nullificare non avallando la scelta del Sindaco. Chi comanda, direte voi: il politico o il tecnico ? Purtroppo comandano tutti e due. E tutti e due dovrebbero convenire su una decisione. Ma… qui si aprono più strade. 1) Il tecnico può essere colluso con la ditta; 2) il Sindaco può essere colluso con la ditta; 3) il tecnico può richiedere per il suo consenso agevolazioni al Sindaco; 4) il Sindaco può concedere agevolazioni al tecnico per l’avallo. Chi vigila sulla regolarità dei comportamenti fra il politico e il tecnico? E’ la Magistratura. Che ha i tempi suoi, e modalità di controllo sue. I procedimenti rallentano, le decisioni si fanno attendere, la vita del paese abbisogna di interventi che non arrivano. A questo si aggiungano i ricorsi, le chiamate in giudizio da chi si è sentito scavalcato e il quadro amministrativo diventa veramente un caos dal quale difficilmente se ne esce senza ferite.

E’ proprio, sempre, così ? No, non è sempre così. I fattori positivi ci sono e riguardano la moralità del politico, quella del tecnico, la procedura regolare delle esecuzioni, il clima interno all’ Amministrazione stessa, il clima interno al paese. Anche qui, come si vede, c’è poco da essere ottimisti, ma il bene Amministrare è possibile.

Un fattore mi appare risolutivo per migliorare il quadro complessivo dell’Amministrare: la compattezza della compagine amministrativa.
Cosa significa compattezza? Uno per tutti e tutti per uno? No, questo è uno slogan. Come si raggiunge la compattezza? Si raggiunge col confronto continuo, con la mediazione pervicace. Con la fiducia scambievole. Si è tutti uniti nel fare il bene comune, e in questa prospettiva ci si adegua, si accettano i compromessi, ci si accontenta, si tollerano gli obiettivi minimi.

Terzo punto.
La compattezza della compagine amministrativa deve ruotare intorno ad un leader, ad un uomo prestigioso? La domanda è mal posta. L’uomo prestigioso non è tale per qualità innate, lo è perché riconosciuto tale da chi gli è vicino nell’amministrare. Perché si è conquistato quel merito.
L’uomo prestigioso non è prestanome di alcuno. Non è quello che ha meno da perdere. E’ quello che presenta idee politiche più convincenti, capacità operative, e capacità di mediazione più ostinate. A lui va la fiducia piena. Non interessata. A lui si toglie la fiducia se le sue decisioni non sono condivise o le impone col ricatto.

Quarto punto.
Chi influenza le elezioni amministrative? Tutti i soggetti politici, ovvero coloro che vivono sull’isola, e così partecipano attivamente alla sua esistenza sociale. Tutti coloro che producono beni, servizi, cultura, e consumano cultura, servizi e beni. Più è grande l’influenza che hanno nel loro settore più sono interessati a indirizzare la politica dell’isola.

Quali sono i poteri forti che condizionano le scelte elettorali della gente comune? Sono quelli che in forza del potere economico o ideologico col ricatto influenzano i pareri elettorali.
Col ricatto? Sì, col ricatto morale, economico, con quello culturale. Il ricatto morale di solito si consuma all’interno della famiglia o della parentela. “Nuie d’ a razza De Luca aimma téne sempe quaccheduno ind’ all’Amministrazione”. Cosicché c’è un parente nella lista A e un altro nella lista B. Sono scene cui abbiamo assistito anche se col mal di stomaco. Il ricatto morale lo si vede puntualmente ripetuto. Nell’ultimo mese si concedono in uso locali comunali a enti privati, con lo scopo evidente di accaparrarsi voti. Oppure c’è un capo-bastone di contrada che assicura l’interessamento per migliorare la viabilità della contrada stessa. Chi viene votato? Un analfabeta che ha cambiato casacca varie volte, che non ha dato lustro alla contrada perché non lo sa fare però… è uno del posto. E si annulla il pensiero con la stupidità.
Il ricatto culturale è quello che può manifestarsi a scuola o in una infermeria. Tutte interferenze che dovrebbero non ascoltarsi.
Il ricatto economico è quello che si impone con la forza del denaro. E’ quello che non si ritiene degno di una civiltà emancipata come la nostra. Esiste… sì… esiste ed è corposo ma col voto ci si può affrancare da questa schiavitù.

Ciò che decide sulla scelta elettorale è il libero convincimento del cittadino. Il quale può e deve avere pareri ideologici, sentirsi legato alla parentela e al suo tornaconto ma se non lascia che il bene comune prevalga, si mortificherà per tutta la vita per non aver scelto chi poteva prospettare per l’isola un futuro migliore.
E’ la mortificazione che stiamo patendo noi, tutti, da tanti anni. Vediamo i disastri e non vi poniamo mano.
E’ vero, talvolta, negli anni passati, abbiamo fortemente creduto in miglioramenti, che non ci sono stati.

La sfiducia in tutto e tutti non migliora però le cose. Così come l’astenersi dal votare. Il voto garantisce al cittadino il suo valore. Scelgo, voto e mi adopero perché il programma politico sia rispettato.
Se si viene disillusi dall’Amministrazione è il momento di impegnarsi di più affinché chi ha a cuore il bene pubblico prevalga.