di Elio Altomare (Ponziano Benemerito)
Durante il mio lungo periodo di lavoro a Ponza ho avuto modo di conoscere e diventare amico di moltissimi ponzesi, isolani come me, ma di uno di loro ho un ricordo che sempre mi rincorre… Giovì Albano, capostipite degli ormeggiatori, un uomo dai modi gentili e prodigo di consigli nel primo periodo del mio lavoro a Ponza. Però la storia che voglio raccontare riguarda un altro aspetto.
Giovì ed i suoi amici, tutti piuttosto avanti negli anni, come Ninotto Mazzella, Burrasca, Giustino Mazzella, Giulio il pescatore, Maiorca, e tanti altri, solevano andare al Fieno per stare insieme in una cantina affacciata su Chiaia di Luna.
In una di queste occasioni mi invitarono a stare con loro ed io accettai di buon grado poiché era domenica e l’aliscafo non effettuava corse.
I vecchi andarono di buonora attraverso i sentieri che si inerpicano sul monte Guardia. Io arrivai più tardi dal mare, partendo dalla spiaggia di Chiaia di Luna con un gommoncino per poi risalire attraverso un ripido percorso che dagli scogli porta alla cantina.
Appena arrivato mi offrirono… murena fritta e vino: era la prima colazione ore 08 30. Il pescato proveniva dalla fonte… ’a murena…[espressione per indicare una modalità di pesca della murena tre gli scogli con l’esca a sarda innescata ad un filaccione – NdR].
Man mano si prepararono pietanze rustiche ed il bottiglione di vino trionfava sul tavolaccio con una lunga manichetta di plastica che a ripetizione riempiva i bicchieri di tutti. L’atmosfera andava sempre più su e Maiorca, con una cipolla in mano per microfono, cantava alla grande piangendo, ma non per le canzoni… era la cipolla.
Tra aneddoti e la chitarra, che avevo portato con me, ed altro, passò un bel po’ di tempo, fino al momento in cui si fecero tutti seri e si ritirarono all’interno della cantina scavata nella roccia per preparare Giovì alla vestizione. Rimasi perplesso poiché la situazione stava prendendo una piega troppo seria.
Poi uscì Giovì vestito da San Silverio con un sacco sulle spalle, due imbuti in testa ed uno scopazzo nella mano sinistra. Tutti s’inginocchiarono ai suoi piedi, anch’io che non potevo fare altrimenti essendo parte integrante del rito. Giovì iniziò la predica…
– Con la dispensa ricevuta dall’Arcivescovo di Gaeta vi benedico in nome di San Silverio… ricordo che qualche vecchio era in lacrime, ma tutti eravamo partecipi ed ebbi anche una benedizione personale…
– Benedici il nostro capitano che col mare briscosissimo [testualmente] ci porta a casa la sera.
Il rito della vestizione era compiuto e Giovì-San Silverio si ritirava mezzo ubriaco come tutti.
P.S. Qualche anno dopo Giovì era in ospedale a Formia, non stava bene e mi mandò a chiamare tramite Silverio, suo figlio. Quando fui accanto al suo letto, molto vicino al suo volto, mi strinse un braccio dicendomi: – Portami a morire a casa mia.
E così fu.