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Epicrisi 238. Un’isola alla ricerca di se stessa

di Rosanna Conte
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Questa epicrisi non può che iniziare con una riflessione sull’atto vandalico perpetrato la notte scorsa sopra Tre Venti dove è stata decapitata la statua di Padre Pio [2]. Una simile azione, analizzata a trecentosessanta gradi, ci dice tanto, ma noi ci limitiamo a un solo aspetto, altrimenti trasformeremmo quest’epicrisi in un articolo monotematico.

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Non sappiamo chi sia stato, ma probabilmente chi l’ha fatto non è uno di Ponza dove la comunità, anche nelle sacche dove la fede religiosa può essere venuta meno, mantiene ancora un certo rispetto per i segni della religiosità tradizionale. È più facile guardare ai ragazzini mandati a pascolare da soli a Ponza visto che sono decenni che assistiamo, nel periodo estivo, a comportamenti piuttosto gravi da parte di alcuni di questi giovanissimi.

Certo che la responsabilità di quanto fanno è degli adulti che li circondano, prima di tutto i genitori, ma anche di quelli che imperversano in tv e sui social che oggi hanno sostituito la piazza del paese, controllabile e conosciuta, con un ambiente virtuale dove entra di tutto. Per quelli mandati a Ponza credo che i genitori potrebbero essere accusati veramente di abbandono di minori e chi ha dato loro alloggio non è a sua volta senza colpa poiché li ha accettati senza l’accompagnamento di un adulto.

Ma non pensiamo che questo sia il male maggiore, non illudiamoci. Anno dopo anno la situazione sta degradando e più di un esercizio di livello pensa che sia il caso di chiudere a Ponza. Il consorzio d’imprese ponzesi di recente nascita, Con Ponza [4], dovrebbe effettivamente entrare subito in azione, se intende arginare questa deriva di decadenza che tra l’altro si accompagna anche ai danni dell’inquinamento a mare.

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Possiamo impegnarci ad offrire serate gradevoli e ricche di spunti culturali – come quelle con il grande Ambrogio Sparagna [7] o con il nostro Joe D’Urso [8] e la sua bravissima band, con la lettura di poesie e brani di Raffaele Zocchi da a rena ’e Palmarola, con le rappresentazioni di Ulisse ritrovato [9] a cura di Francesco Cordella e di Telegono [9]del nostro Gino Usai, o anche con la mostra artistico-artigianale Le Penelopi [10] -, ma non basta, perché se orientiamo il livello dei nostri ospiti verso il basso, invece che verso l’alto, perdiamo una forte percentuale di potenzialità del legame cultura-turismo.

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E veniamo a quanto proposto questa settimana dal nostro sito.
Interessante l’articolo di Franco Zecca, Gli anni che ricordiamo: la levatrice [12], che ci presenta una figura che ha goduto sempre di molto rispetto in ogni comunità, dalla notte dei tempi. Sono ormai decenni che il parto è medicalizzato col ricovero in ospedale e non si avverte più la necessità di avere una levatrice a disposizione sul territorio comunale. Da alcuni anni, però, sta prendendo piede il ritorno al parto in casa o in strutture tipo Case Maternità con l’assistenza di ostetriche: è una pratica, già radicata in altri paesi europei, ma abbastanza diffusa anche sul territorio italiano, più al nord che al sud, come al solito. Come curiosità posso aggiungere che, se le più conosciute mammane ponzesi sono state Riccetta e Cummarona e l’ultima, come ricorda Martina, Lucia Mazzella, conosciuta anche come ’A Piscialietto, la prima in assoluto è stata Domitilla Migliaccio, figlia di Pietro Migliaccio, nata a Ponza nel 1733, prima ancora che le nostre isole diventassero napoletane passando a Carlo di Borbone. È attraverso le sue mani che sono nati i nostri antenati. E giusto per continuare con qualche curiosità, sempre nel ’700, con l’arrivo dei torresi, su richiesta del medico dell’isola, fu concesso un ciuccio in maniera ufficiale per gli spostamenti alle Forna. Come mezzo di locomozione ha sempre funzionato bene.

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Un encomio va a Franco De Luca che ha sollecitato la nostra riflessione sul benessere, [14] tema centrale del pensiero di Agnes Heller, la grande filosofa allieva di Luckàcs, scomparsa il 20 luglio. Non è mai di troppo riportare una visione della vita e dell’uomo che cozza con gli standard comunemente accettati, oggi ritenuti “normali”. Oggi prevale un benessere che gravita intorno al corpo – la bellezza fisica è tutto – camuffando da bisogno radicale il bisogno di apparire, di sicurezza e di altro, sottovalutando o ignorando l’importanza del rapporto con gli altri. È importante, quindi, che si parli della visione della Heller e se ne conservi il senso: per una mia illimitata fiducia nel futuro, penso sempre che un domani, anche lontano, potrebbe tornare utile per re-immaginare una vita ormai senza spessore.

Bisognerebbe sempre riflettere sul presente partendo dalla premessa che non è detto che sia l’unico possibile.

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L’articolo di Enrico Ceci comparso su InNatura [16] ci suggerisce che, se avessimo avuto coscienza dei nostri diritti naturali e li avessimo rispettati, oggi, a Ponza, avremmo la condotta d’acqua sottomarina e non lo strazio delle cisterne e, principalmente, di Acqualatina.
Non è un’idea peregrina che riflessioni circostanziate, inserite in una visione ampia, proiettate a lungo termine abbiano maggiori probabilità di portare a decisioni vantaggiose.

Certo quando le riflessioni stazionano ferme per anni, senza mai confrontarsi e vengono tirate per gli angoli da diverse parti, rispondenti ad interessi particolari, allora succede quanto emerge Un archivio fotografico per Ponza. Visioni di un mondo possibile. [17]

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Del progetto museo si parla da decenni senza alcun risvolto concreto. Dall’incuria in cui giace da anni, al suo smembramento fino all’omissione di qualsiasi intervento, non si riesce a comprendere che percorso decidere perché gli ex-cameroni dei confinati diventino Museo. Ci siamo posti il problema della sua funzione e della sua finalità, e sappiamo che deve essere espressione del territorio e non restare mero luogo di conservazione. Lungi dal cristallizzare la comunità in un’astratta immagine del passato, auspichiamo tutti che invece, la vivifichi, divenendo luogo operativo dove l’apprendimento e lo scambio culturale siano le attività principali. Insomma sappiamo che potrebbe essere il cuore pulsante dell’isola in grado di dare molto ai ponzesi, senza trascurare il visitatore esterno che, volendo conoscere la storia dei luoghi, potrebbe contribuire con un piccolo prezzo per l’ingresso a mantenerlo.

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Tutte queste considerazioni, presenti nelle diverse proposte che giacciono inevase da tempo, presuppongono ovviamente un ambiente qualificato, idoneo alla conservazione di documenti cartacei e materiale informatico. Qualsiasi amministrazione dovrebbe muoversi in questo senso come premessa ad una seria intenzione di far nascere un museo a Ponza. Sandro ha fatto bene a gettare questo sasso nello stagno: recuperare questo discorso non è un optional, ma una cartina di tornasole.
E Silveria Aroma in Scivoli ponzesi [20] non è da meno con la sua allusione alla disattenzione dell’amministrazione per quanto accade sull’isola.

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Passiamo alla positiva notizia presente ne I [22]l saggio sul confino fascista di una studiosa svizzera [22]. È da accogliere sempre con interesse la pubblicazione di nuovi studi che vedono coinvolta la nostra isola: ci aiutano a sapere di più su di noi e a farci conoscere dagli altri. Nello scorrerlo, peraltro, possiamo notare che anche Ponzaracconta ha dato il suo contributo a questo lavoro, e questo ci fa piacere.

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L’attenzione di tanti studiosi, e non solo storici, per Ponza ci dà la dimensione di un’eventuale svolta culturale da dare all’isola.
Sono decenni che Ventotene vive di questo, ma noi no… noi non ne abbiamo bisogno (!): riteniamo che le nostre bellezze siano uniche e capaci di farci vivere senza curarci d’altro e di altri.

Il Libera nos… (2) [24] di Franco De Luca elenca diversi difetti dei ponzesi che ci spiegano il permanere di un comportamento autolesivo.

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Certo, al di là dei giovani che arrivano ottimamente alla laurea come Marika Caruso, [26] ci sono anche altri esempi positivi come l’iniziativa di Gianluca Infante [27] di riciclarsi come apicultore o il tentativo guidato dall’amministrazione, nella persona dell’assessore Gelsomina Califano, di chiedere ad un tavolo di discussione al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (Mipaaft) interventi concreti sui problemi della pesca del tonno rosso [28].

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Ci sono anche riconoscimenti ufficiali come quello ottenuto dalle Antiche Cantine Migliaccio col premio “La Vigna di Sarah BIO per l’agricoltura eroica [30]”, ma temo che le persone che rientrano nelle litanie del Libera nos… siano troppe sull’isola e il  piccolo crollo della Parata [31] potrebbe essere un segno premonitore di un crollo ben più importante dalle conseguenze irreversibili.

 

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