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Ricordo bene il nostro primo incontro…

di Rita Bosso
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Ricordo bene il nostro primo incontro. Tu indossavi una maglietta nera che mi sarebbe diventata familiare; il logo Sellerio non mi diceva nulla, il Tuo nome neanche.

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Io stavo su un’isola, per alcuni aspetti simile a Vigata ma dove Salvo non potrebbe vivere.
Con la tua voce roca – rrocaaa – mi raccontavi Il birraio di Preston. Ce ne ho messo di tempi a capire cosa volessi intendere con le parole ‘trentino’, ‘macari’ …. Ce ne avrei messo anche di più, ne valeva la pena.
Ancora più tempo è servito per conoscerci di pirsona pirsonalmenti.

Più di una volta hai dato buca, come Sandro Russo ha ricordato (…Sandri’, quella volta stavamo a Nemi!)leggi qui [3].
All’epoca Tu abitavi ai Castelli, andavi ovunque Ti invitassero ma, quando tra il pubblico c’eravamo noi, saltava fuori l’impedimento. E nella sala nessuno si incazzava: centinaia di persone arrivate lì solo ed unicamente per Te accoglievano con comprensione e simpatia la notizia che non ci saresti stato, che avremmo dovuto accontentarci di un video. Con chiunque altro sarebbero stati fischi e buuuhh. Un’altra volta rischiammo l’arresto.
La sala era enorme ma noi eravamo tanti; la genialata fu entrare in sala qualche ora prima, sorbirci presentazioni di autori sconosciuti ed emozionati per la presenza del folto pubblico, e attenderTi. Fuori, una fila chilometrica aspettava di entrare.
Prima del Tuo arrivo avrebbero voluto liberare la sala; minacciarono di chiamare la sicurezza interna e la polizia ma nessuno dei presenti batte’ ciglio… per Te, questo e altro!
Infine arrivasti. Fragile, sorretto, i piedi strascicanti, un’eternità per percorrere pochi metri e tutti noi col fiato sospeso a sospingerti.
La sciacquetta che ti intervistava (oggi è un gran nome dell’editoria) proponeva frasucce striminzite che Tu dilatavi, nobilitavi, ispessivi.
Poi la sciacquetta osò introdurre una delle sue scemenze con: – “Noi, gli scrittori della generazione…”
– “Voi, chi?” – la tua voce ancora più roca, il nostro silenzio ancora più religioso e poi l’applauso scrosciante.

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Vabbè, vuoi sapere perché Salvuccio tuo non potrebbe vivere dalle nostre parti? Non è tanto per la pasta ’ncasciata di Adelina, qualche altro piatto appetitoso lo troverebbe. Di Catarella poi, potremmo dargliene in quantity. II guaio è che Salvo ha bisogno della nuotata a prima mattina o quando gli gira, deve poter uscire di casa e gettarsi in acqua, quattro bracciate e ritorno. Non lo puoi deportare su una spiaggia e tenercelo dalle undici alle diciassette, Salvo. Il mare è per lui necessity & liberty.
E vuoi sapere perché il luogo da cui scrivo è simile a Vigata? Perché, al pari di Vigata e di Macondo, è un posto immaginario, un luogo dell’anima, che sopravvive solo nella memoria di alcuni grazie a una manutenzione quotidiana.
I posti reali oramai sono tutti uguali, paccottiglia e caciara, soldi e cineserie da smerciare ai turisti (…ma quanti frigoriferi hanno, per appenderci tutti i magnetini che comprano?).

Ovunque Tu sia, Maestro, sappi che una lettrice ti sta ringraziando.