Ambiente e Natura

Historia del Caffè Tripoli (3)

di Rita Bosso

.

Terza e ultima puntata della storia del Caffè Tripoli narrata da Luigi Di Monaco, che nei locali di piazza Pisacane è nato e cresciuto e, talvolta, ha usato il biliardo come culla.
Siamo arrivati al 1970.
Il Caffè, conscio della sua posizione privilegiata (il lato corto del Foro, dove i Romani sistemavano il tempio) dà uno sguardo alla loggia del municipio, un altro al corso Pisacane e intanto tiene d’occhio ’u Capitano, l’omone che, dopo il matrimonio con Mamena, si è insediato dietro al bancone: è l’inizio di un rapporto duraturo e felice ma, all’epoca, né u Capitano né il Caffè sanno come andrà a finire; all’inizio, come in ogni storia, ci si studia, ci si misura.
Intorno i negozi  vicini si rinnovano, i bar mettono tavolini e sedie colorate; il Caffè mantiene le sue solide porte in legno, le seggiole impagliate, il bancone proveniente dal Banco Meridionale… non è fuori moda, è semplicemente oltre le mode, come la regina Elisabetta.


 Luigi ’u Capitano con l’attrice Michela Roc

Nel 1970 Luigi Di Monaco è il classico scapolo d’oro: bello, buon lavoro – la macelleria di corso Pisacane -, ottima famiglia, simpatico e brillante. Sinora ha goduto della posizione privilegiata di maschio di casa, servito e riverito da mamma e sorella. Luigi capisce che questo capitolo della sua vita si è oramai concluso, che deve aprirne un altro; sceglie di farlo con Maria Paola e, a distanza di cinquant’anni, dice che non avrebbe potuto fare scelta migliore.

da sin: Giovanni D’Arco, Benito Costanzo, Luigi Di Monaco, Alessandro Curcio, Tommasino De Luca

Oggi, nella sua bella casa che domina il porto, Luigi Di Monaco fornisce le tessere per comporre il mosaico dell’isola nei primi decenni del Novecento.
Anche allora la clientela del Tripoli era eterogenea (ma esclusivamente maschile); altrove vigevano rigide divisioni: i lavoratori nelle osterie, borghesi ed intellettuali ai tavolini di eleganti caffè in stile liberty. A Ponza, invece, tutti si davano appuntamento al Tripoli – “Se beccàmo ar Tripoli”, dicono oggi i turisti romani-: il giovane dandy figlio dell’armatore, il facchino, il piccolo imprenditore, il marito d’a bona cristiana, l’impiegato, il commerciante. Spaccato di una società composita, di un’economia vivace e abbastanza diversificata.

Silverio Corvisieri descrive la situazione socio-economica di Ponza ai primi del Novecento con supporto di dati ben contestualizzati.
L’isola dispone di una flotta di prim’ordine in continua crescita; si incrementa il numero delle barche, aumenta il tonnellaggio. Il porto è insufficiente ad ospitarle, il sindaco Giovanni Coppa ne chiede l’ampliamento, accompagna la relazione con parole d’orgoglio: “I velieri ponzesi esercitano il commercio per conto proprio, cioè con capitale proprio, in tutti i porti della Sardegna, dominando il commercio di quelle piazze con un movimento di milioni.

Pochi armatori detengono la proprietà dei velieri di grande stazza; sotto di loro, un nutrito esercito di padroni di gozzi e, alla base della piramide, una folta schiera di pescatori. Ricchezze e fatiche non si distribuiscono omogeneamente all’interno della piramide: le prime si concentrano nelle mani di pochi, al vertice; le fatiche si depositano in basso, sull’ampia base di lavoratori.
Per molti le condizioni di vita sono difficili; le famiglie sono numerose, l’isola è, per parecchi dei suoi figli, povera di risorse e di prospettive. Nel primo decennio del secolo si contano ben 1441 emigranti, pari a un terzo della popolazione isolana.
I giovani partono col desiderio di tornare, stipati in una valigia di cartone pochi stracci e tanti sogni di arricchimento facile e veloce nterr’a Merica…
Tra loro c’era anche mio nonno Aniello, nato a Ponza nel 1890, arrivato a Ellis Island nel 1913 sulla nave Stampalia; la sua valigia però era di legno, la costruì e levigò con cura nella bottega dell’amico Vittorio Scotti. Tornò a Ponza qualche anno dopo la fine della guerra.

Ringrazio Luigi Di Monaco per avermi concesso tempo, pazienza, ricordi, fotografie. Ringrazio e ricordo con gratitudine e stima immense i ponzesi che ho consultato per le mie ricerche: generosi, modesti, rigorosissimi, disinteressati. Hanno fornito testimonianze scevre da sensazionalismi, da polemiche, da letture ideologiche.
Del pari, ringrazio Vincenzo Conte per le foto d’archivio e Milena per il sorriso con cui accompagna il primo cappuccino delle mie giornate ponzesi.

Milena

I dati che ho raccolto sinora – attraverso le ricerche sull’appriezzo, sullo stracquo, sul confino – confermano il modello di una società complessa, con una forte presenza borghese. Sin dalla sua nascita, due secoli e mezzo orsono. Ma questa è un’altra storia; una storia tutta da raccontare.

[Historia del Caffè Tripoli (3) – Fine]

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top