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Epicrisi 230. Una risposta ‘morbida’ non basta

di Rosanna Conte

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Scritti molto soft, questa settimana a parte una coda di commenti dal tono surriscaldato all’articolo della settimana scorsa Domenica un voto per cambiare l’Europa, non per sfasciarla [1].

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L’atmosfera della settimana è stata addolcita dalle calde e bellissime immagini del pellegrinaggio a Palmarola [3] nonché dai colorati fiori dell’Ascensione [4] proposti da Luisa Guarino, dal racconto di Sandro Russo con le silenziose e variopinte farfalle [5] ed anche dalla rievocazione con lume a petrolio di un invito a nozze d’altri tempi [6] fatta da Rita Bosso.

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Se questa è l’atmosfera di sottofondo, anche la vita quotidiana fa capolino con movimenti incisivi, ma poco rumorosi.
Barbara Vitiello [8] ha preso il diploma di sommelier, un evento che tutto sommato rientra nella normalità, ma a guardarlo bene vi si legge una progettualità di vita che va ben oltre il voler sapere e il saper fare per puro piacere.
Anche l’azione dell’assessore Nocerino [9], non fa scalpore, anzi, può essere guardato con indifferenza o al più con curiosità e con il sorriso sulle labbra, ma in realtà mostra una concezione del ruolo dell’amministratore che, per quanto esuli dal contesto appropriato, dimostra almeno un certo senso di responsabilità che altri non hanno.

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Anche la condizione di ascolto [11] proposta da Franco De Luca sembra soft, ma non lo è. Si richiede una risposta da parte dell’amministrazione che deve dar conto ai suoi elettori, prima che ai suoi avversari politici. La domanda presuppone forti dubbi sull’effettivo cambio di rotta che aveva promesso e la presenza dei giovani non pare che sia stata garanzia per la svolta auspicata da chi li aveva votati.

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Forse sulla nostra isola sono mancati i “maestri”, quelli positivi per la comunità isolana, perché di quelli bravi ad insegnare con l’esempio la strada dell’interesse personale o dello straniamento ce ne sono stati a bizzeffe. Secondo una recente piccola, ma preziosa pubblicazione di Gustavo Zagrebelsky, le figure dei maestri cambiano nel tempo prendendo forma dalle società che li considerano degni di trasmettere le loro competenze e/o culture.
I maestri di oggi, novelli guru ansiogeni, ricchi di promesse placebo, trasmettono comportamenti egoistici che hanno radici negli interessi individuali. Ed urlano, e sì, urlano, e questo è considerato una modalità apprezzabile di relazionarsi, forse perché i rumori caotici della comunicazione contemporanea non consentono di sentire se non coloro che urlano o con la voce o con la violenza delle parole.
Allora forse, per poter contrastare l’urlo sguaiato, bisognerebbe andare ben oltre il soft.

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Fa bene Patrizia Montani ad usare parole chiare contro la maestra che non ha mai compreso i bambini [14]a cui ha insegnato per 20 anni, anzi li ha detestati contro ogni principio pedagogico che vuole l’empatia come veicolo per trasmettere conoscenze e arrivare alla formazione.

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Calca la mano il consapevole Erri De Luca nella sua visione catastrofica di un mondo distrutto dalla specie umana [16]. Il suo sguardo profetico sembra esulare dalla quotidianità, ma ogni nostro singolo gesto può entrare nel circuito comunicativo con gli altri e pian piano, raggiungendo milioni di persone, può arrivare ad acquisire una potenza enorme. Pensiamo al contagio del panico, che coinvolge all’improvviso tante persone. E’ un mare che s’ingrossa a vista d’occhio, come nella tempesta del 1966 a Ventotene [17] di cui ci racconta Impagliazzo. Ma almeno lì il pericolo era reale, la paura era motivata e non indotta, come purtroppo succede sempre più frequentemente oggi, quando l’acquisizione del potere è determinata dalla grandezza della paura che il bullo di turno riesce ad infondere nelle masse.

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Eppure non basta. Il mondo della riflessione, del discorso articolato non scalfisce minimamente la spaventosa superficialità che è intorno a noi e che è ancora minoranza, ma che minaccia di allargarsi generazione dopo generazione. E non è un discorso che parte da chi “ha studiato”  per quelli che “non hanno studiato”.
Alessandro, uno dei due protagonisti del film-documentario Selfie, che ha lasciato la scuola alle medie perché la sua insegnante l’aveva bocciato per non aver imparato L’infinito di Leopardi [19], a sedici anni è in grado di riflettere: l’ermo colle è il Rione Traiano di Napoli, dove vive, da dove la sua mente può vedere oltre e scegliere di lavorare, di fare il ragazzo del bar a pochi soldi, ma non di finire nelle bande della malavita. E lo afferma consapevolmente.

Guarda qui il trailer del film, attualmente nelle sale:

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Alessandro è un ragazzo come gli altri, tuttavia usa il suo cellulare per costruire la testimonianza che nel Rione Traiano esistono anche i ragazzi non omologati alla tipologia ricorrente dei quartieri popolari di Napoli, dove imperversa la malavita.

Forse a questo tipo di risposta bisogna guardare. E’ questo il vento che soffia ancora [20].
Ma bisogna sbrigarsi perché, altrimenti, si rischia realmente il baratro descritto da Erri De Luca.