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Quei fiori benedetti dell’Ascensione

di Luisa Guarino  [1]

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Ci sono petali di rose, gelsomini, petunie, ginestre, gerani, foglie di cedrina, mentuccia, finocchio selvatico, l’erba limone, e anche anice stellato, nell’acqua che ho preparato come ogni anno per oggi, giorno dell’Ascensione.
Il recipiente è rimasto tutta la notte all’aperto così che Gesù, ascendendo al Cielo, abbia potuto benedirlo: con quest’acqua, fresca e profumata, ci si lava al mattino il viso, per una benedizione speciale.
Quest’anno il mio bouquet è particolarmente ben assortito: oltre ai fiori presi in giardino e in giro per Latina cercando di evitare i luoghi più inquinati, c’è il finocchietto raccolto pochi giorni fa a Ponza, vicino casa di Enzo Di Giovanni, mentre l’erba limone (Cymbopogon citratuslemongrass) è sempre quella portata oltre trent’anni fa da Lomè (Togo), condivisa con l’amico Sandro Russo, che l’ha fatta attecchire anche a Lanuvio, accanto ai kiwi e ai magnifici cespugli di camelie.

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Spesso mi chiedo se qualcuno a Ponza mantiene ancora questa bella tradizione, in cui i riti religiosi si intrecciano con la bellezza e la ricchezza della natura. Sugli Scotti mia cugina Italia perpetua gli usi che le hanno tramandato mamma Antonietta e prima di lei nonna Titina e zia Antonietta. Certo: il suo catino è di quelli doc, e lo sfondo è incomparabile. Al confronto il mio, in plexiglass e poggiato su un pavimento di città, appare davvero misero. Ma l’assortimento di fiori c’è, l’intenzione è quella giusta… e la tradizione va avanti. La stessa cosa succede in quel di Padova, dove le mie cugine Maria e Rosanna portano avanti l’uso familiare raccolto da zia Carolina.

Può forse sembrare ripetitivo ricordare ogni anno la tradizione legata alla festa dell’Ascensione, ma un anno non è mai uguale all’altro; e poi mi sembra giusto ‘verificare’ le usanze che ancora resistono nella nostra bella isola spesso distratta. Insomma: “Prima che il tempo cancelli le tracce… “.
Ricordo sorridendo che un’estate avevo chiesto a un’amica di scrivere qualcosa per la ricorrenza del 21 luglio della Madonna della Civita; lei ha risposto che le sembrava inutile, visto che “la festa è tutti gli anni la stessa”. Beh! Anche registrare una cronaca tutti gli anni uguale (che poi proprio uguale non è e non può essere) è un dato di fatto, una certezza, la conferma di un’identità che proprio nelle piccole cose rischia di perdersi.

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