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Quei fiori benedetti dell’Ascensione. Ci sono petali di rose, gelsomini, petunie, ginestre, gerani, foglie di cedrina, mentuccia, finocchio selvatico, l’erba limone, e anche anice stellato, nell’acqua che ho preparato come ogni anno per oggi, giorno dell’Ascensione. Spesso mi chiedo se qualcuno a Ponza mantiene ancora questa bella tradizione, in cui i riti religiosi si intrecciano con la bellezza e la ricchezza della natura. Sugli Scotti mia cugina Italia perpetua gli usi che le hanno tramandato mamma Antonietta e prima di lei nonna Titina e zia Antonietta. Certo: il suo catino è di quelli doc, e lo sfondo è incomparabile. Al confronto il mio, in plexiglass e poggiato su un pavimento di città, appare davvero misero. Ma l’assortimento di fiori c’è, l’intenzione è quella giusta… e la tradizione va avanti. La stessa cosa succede in quel di Padova, dove le mie cugine Maria e Rosanna portano avanti l’uso familiare raccolto da zia Carolina. Può forse sembrare ripetitivo ricordare ogni anno la tradizione legata alla festa dell’Ascensione, ma un anno non è mai uguale all’altro; e poi mi sembra giusto ‘verificare’ le usanze che ancora resistono nella nostra bella isola spesso distratta. Insomma: “Prima che il tempo cancelli le tracce… “.
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Un regalo per Luisa tratto da Isolaitudine – edizione Odisseo – 1994 – pagg. 19-20.
“Bisognava aspettare la mezzanotte per eseguire questo altro rito. Era naturale perciò intrattenersi insieme, in cucina, dicendo i cose ‘i Ddie. La nonna officiava sicura fra la curiosità e lo stupore delle nipoti, seguita dalle donne di casa. I maschi non partecipavano perché il loro pudore vinceva sulle devozioni. E così conversavano nel cortile, davanti ad un bicchiere di vino e immersi nel buio stellato di una notte di maggio.
Nell’approssimarsi della mezzanotte la nonna si portava nei campi di grano. In verità questi non erano che piccole catene eppure tutte insieme davano il grano per il pane occorrente per l’intero anno. Ogni donna percorreva la catena, badando a non sciupare coi piedi i fili di grano già alti e biondi, e recitando il rosario. La notte precedeva il ricorrere dell’Ascensione e le messi avevano il potere di attirare la benedizione del Signore che aleggiava. E le grazie si spandevano per l’aria e ricadevano sulla terra.
Perciò a volte i contadini conducevano fra le spighe anche i malati affinché quell’evento santo fosse causa di guarigione.
Quella sera ci portarono ‘Ntunetta che soffriva di eczema alle orecchie. Le cui estremità erano sempre arrossate da quell’irritazione. Le davano un fastidio non sempre sopportabile e le dita grattavano rinnovando il brutto rossore.
Nonna Lena passò fra le spighe ma inspiegabilmente il rosario si ruppe fra le mani. E per le successive due volte alla corona capitò la stessa cosa. ‘Ntunetta non sapeva cosa pensare ma nonna Lena la rassicurò dicendole: Figlia mia ‘u Signore nun vo’ ca tu puorte i recchine, perciò tienete ‘stu male e sparagne sorde.
Sulla credenza in un angolino, nella scodella era stato posto il latte a rassodarsi col favore del caglio. Domani mattina ‘a quagliata verrà mangiata col pane a colazione.
L’Ascensione è il giorno del tripudio di maggio. Così carico di simboli che tutto appare meraviglioso. Come il raggiare imperioso del sole nell’aria lieta per i voli che portano i profumi delle rose sino al mare, che mira il tutto con immobilità eterna”.
Nota: quest’anno il sole non c’è.