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Epicrisi 228. Siamo tutti nervosi

di Giuseppe Mazzella
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Quella che si sta chiudendo è la settimana più nervosa dell’anno, nonostante la buona volontà che ognuno mette per razionalizzare il momento. Cominciamo dall’ordinanza sul traffico [2], rito e atto amministrativo che ufficializza l’inizio della bella stagione. E come ogni intervento che “regolamenta” suscita critiche e valutazioni diverse, ognuno secondo il “proprio particulare”, come insegna Guicciardini. L’impressione che se ne ricava è quella di una ordinanza equilibrata e necessaria.

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Arriva poi la seconda notizia, del resto già abbondantemente conosciuta e annunciata da mesi (leggi qui [4]). Dante Taddia ci parla da geologo (nonché da innamorato di Ponza) della bianca scogliera di Frontone” [5]. Effettivamente i lavori si inseriscono in una progettualità prevista, anche se non siamo in grado di saperne di più. E quindi rivolgiamo una richiesta di maggiori dettagli agli organi competenti, fiduciosi di una risposta.

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Quello che, però ci rende più nervosi, sono come è ovvio le prossime elezioni europee, nella quali verranno al pettine i nodi irrisolti, e sono tanti, che hanno reso la nostra vita sempre più precaria. Fa bene Vincenzo Ambrosino a tratteggiare la storia recente dei comportamenti elettorali nella nostra isola [7]; fa bene Enzo Di Fazio ad allertarci sulla posta in gioco sull’Europa [8]; fa bene Franco De Luca a margine della speranza e la voglia di impegnarsi che torna ad ogni inizio estate, a ricordarci l’obbligo di votare e di saper scegliere [9], secondo scienza e coscienza.
Votare è un diritto e un dovere che permette nel nostro piccolo di dare un proprio contributo all’indirizzo politico. Su un punto, però, sembra siamo tutti d’accordo e anche tutte le forze politiche in campo: l’Europa è necessaria, ma va cambiata. Ognuno di noi si impegni perché diventi migliore, nell’interesse di tutti e nella conservazione della democrazia e della libera competizione, senza ostracismi ed indebite esclusioni.

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Per fortuna a rendere la settimana meno nervosa ci sono i contributi ancora di Franco De Luca, che ci racconta una storia legata ai munacielli [11], forse in grado, mi sembra di leggere tra le righe, di giocare una burla anche nelle aspettative elettorali, della serie: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, e di Alessandro Vitiello che continua la sua accorata epopea sarda [12], raccontandoci questa volta la storia di Gigiotto Aversano e dei pescatori ponzesi pionieri in quel di Arbatax.

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Una buona notizia è anche un rinnovato interesse dei nostri lettori per le belle storie, come è stato il caso di Nonn’Anna [14], pubblicato domenica scorsa, che ha ricevuto il maggior numero di accessi degli ultimi tempi, per un racconto.

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Lascio in ultimo la segnalazione di Sandro Russo, nostro infaticabile capo-redattore, sul rischio della manipolazione delle notizie [16]. Il rischio non solo è reale, ma grave. Da troppi anni, infatti, l’informazione è preda di organi che “inventano il reale”, indirizzandolo verso una direzione voluta. Da troppi anni l’informazione, che dovrebbe essere libera, è al servizio dell’esigenza politica e di mercato. Da troppi anni le informazione sono dipinte di pochi colori.
Come è avvenuto tutto questo?

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Le cause sono tante. Innanzitutto la presa di coscienza da parte degli addetti ai lavori dell’importanza della comunicazione sulla influenza dei convincimenti della gente e la sua sempre più sofisticata specializzazione. La crisi di personalità intellettuali di alto profilo e di ben chiara visione politica in grado di scorporare l’analisi dai propri convincimenti politici. In ultimo, e non come ultima cosa, la disaffezione ai giornali, a favore di strumenti solo subdolamente più efficaci e aperti, quali sono la maggior parte dei social. Quello che sta accadendo è un vera rivoluzione copernicana, nella quale però non è solo la terra a non essere più al centro del sistema, ma neanche il sole, ma la “stella” di turno che sfolgora per un istante e attira folle sterminate, per poi scomparire nel buio. Questo esercizio, senza una maturazione del pensiero, lascia sconcertati e insoddisfatti, e quel che è più grave pronti ad una nuova “stella”. Credo che per invertire questa tendenza, bisogna riandare ai principi fondanti della nostra civiltà cristiana che troppi aborrano, ed è una libertà che bisogna preservare, soprattutto perché non ne conoscono l’importanza storica e sociale.

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Oggi – e chiudo questa filippica della domenica – tanto per non uscire fuori dal clima di nervosismo, va tanto di moda l’accoglienza e l’integrazione, che sono assolutamente positive, ma che vanno vissute nel rispetto reciproco. L’integrazione non è soffocare con nuove “vedute” l’esistente e sostituirlo, ma farlo coesistere in armonia con queste. Solo così lo scambio potrà essere produttivo per una civiltà evoluta e produttiva. Una regola applicata anche dagli antichi romani che, allargando il loro impero con metodi a volte rozzi, lasciavano i loro sudditi liberi di seguire le proprie tradizioni religiose, alimentari e di costume. Ed è stato con lo scambio tra queste diverse esperienze che la nostra Italia ha potuto maturare le eccellenze in tanti campi che nel corso dei secoli la contraddistinguono.