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Certe canzoni “rimangono in memoria”. Ti ritrovi a fischiettarle dopo anni che non ci pensavi; provi a ripeterla e scopri che la ricordi bene: tutte le parole! Chissà dove era andata a nascondersi..!
Un pezzo notevole, nato per ispirazione improvvisa di un cantautore bravo, ma non di grande successo: Edoardo De Angelis, classe 1945, che aveva cominciato al Folkstudio, come (e più meno in concomitanza con-) De Gregori e Venditti…
Lella è del 1971, ma l’atmosfera che vi si respira non è di quegli anni; Roma sembra un piccolo mondo antico legato a figure e comportamenti che saranno presto spazzati via (ma qualcuno è duro a morire, anzi ‘riciccia’); mi ha ricordato piuttosto la Roma del dopoguerra (anni ’50, più o meno), ritratta nell’invettiva-grido d’amore di Remo Remotti (guarda e ascolta qui).
La voce narrante – perché di letteratura si tratta, anche se concentrata in forma di canzone – è quella di un “duro” di quartiere (sciupafemmine, in romanesco), a cui non si deve dire di no. Che comincia una storiaccia con una donna sposata, ricca e bella per vantarsene co l’amici: una faccenda di sesso da consumare in fretta; l’amore non è previsto. Ma ad un rifiuto della donna, presentato come un capriccio – insopportabile per uno come lui -, non trova di meglio che strangolarla.
Passano quattro anni e il rimorso gli rode dentro, come Raskòl’nikov di Delitto e Castigo, torna sul luogo dell’omicidio – ma solo a guarda’ er mare (…chi ci crede?)– e in fondo vorrebbe essere scoperto, per sgravarsi l’anima, anche se chiede all’amico de nun lo di’ a nessuno.
La ballata è suggestiva, e fluida la corrispondenza con le parole… Il romanesco contribuisce per la sua parte alla suggestione del testo (…er cravattaro è quello che presta i soldi a strozzo; …co’ ’ste mano e una perla!)
Qui nella versione di Lando Fiorini (le immagini non sono congrue col tempo, ma ho scelto comunque questa versione; le immagini sono nel video di Remo Remotti).
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Lella
Te la ricordi Lella quella ricca
La moje de Proietti er cravattaro
Quello che ci’ha er negozio su ar Tritone
Te la ricordi te l’ho fatta vede
Quattr’anni fa e nun volevi crede
Che ‘nsieme a lei ce stavo proprio io
Te la ricordi poi ch’era sparita
E che la gente e che la polizia
S’era creduta ch’era annata via
Co’ uno co’ più sordi der marito…
E te lo vojo di’ che so’ stato io
E so’ quattr’anni che me tengo ‘sto segreto
E te lo vojo di’ ma nun lo fa sape’
Nun lo di’ a nessuno tiettelo pe’ te
Je piaceva anna’ ar mare quann’è inverno
Fa’ l’amore cor freddo che faceva
Però le carze nun se le tojeva…
A la fiumara ‘ndo ce sta er baretto
Tra le reti e le barche abbandonate
Cor cielo griggio a facce su da tetto.
Na matina ch’era l’urtimo dell’anno
Me dice co’ la faccia indifferente:
Me so stufata, nun ne famo gnente
E tireme su la lampo der vestito…
E te lo vojo di’ che so’ stato io
E so’ quattr’anni che me tengo ‘sto segreto
E te lo vojo di’ ma nun lo fa sape’
Nun lo di’ a nessuno tiettelo pe’ te
Tu nun ce crederai nun ciò più visto
l’ho presa ar collo e nun me so’ fermato
che quann’è annata a tera senza fiato…
Ner cielo da ‘no squarcio er sole è uscito
e io la sotterravo co’ ‘ste mano
attento a nun sporcamme sur vestito.
Me ne so’ annato senza guarda’ ‘ndietro
nun ciò rimorsi e mo’ ce torno pure
ma nun ce penso a chi ce sta la’ sotto…
io ce ritorno solo a guarda’ er mare…
E te lo vojo di’ che so’ stato io
E so’ quattr’anni che me tengo ‘sto segreto
E te lo vojo di’ ma nun lo fa sape’
Nun lo di’ a nessuno tiettelo pe’ te
(Compositori: Edoardo de Angelis / Edmondo Giuliani / Stelio Gicca Palli)
P.S. – Grazie all’opera di scavo per preparare il pezzo, ho scoperto che dello stesso Edoardo De Angelis è anche La casa di Hilde… (portata al successo da De Gregori).
Bella… L’ombra di mio padre due volte la mia, / lui camminava ed io correvo… (chissà perché la attribuivo a Ivan Graziani!)
Appendice del 30 novembre 2019 (cfr. commento di Sandro Russo)
Prendo al volo l’occasione di un cinquantenario – la nascita della canzone Lella, scritta nel ’69 – raccontata su la Repubblica di ieri, 29 nov. attraverso le dichiarazioni degli autori, Edoardo De Angelis e Stelio Gicca-Palli, ora 74-75enni…
Luisa Guarino
5 Maggio 2019 at 14:54
Interpretato da molti cantanti (oltre a Lando Fiorini, la Schola Cantorum e più recentemente anche Paola Turci), il brano in romanesco “Lella” ha conquistato un’ampia popolarità, scalando le classifiche di vendita, subito dopo il 1972. Merito dei Vianella, il duo composto da Wilma Goich e Edoardo Vianello, all’epoca marito e moglie, che inventarono questa formula ‘in coppia’ proprio per re-interpretare brani in romanesco più o meno conosciuti, trasformandoli tutti in grandi successi.
Sandro Russo
30 Novembre 2019 at 21:25
Prendo al volo l’occasione di un cinquantenario – la nascita della canzone Lella, scritta nel ’69 – raccontata su la Repubblica di ieri, 29 nov. attraverso le dichiarazioni degli autori, Edoardo De Angelis e Stelio Gicca-Palli, ora 74-75enni (leggi il relativo .pdf nell’articolo di base)
Lella è stata una delle nostre canzoni della domenica (nel maggio di quest’anno) e il titolo era inequivoco: Una canzone per la domenica (41). Lella, un femminicidio d’antan.
Ebbene, suscita qualche pensiero la dichiarazione di Gicca-Palli in proposito: «Allora non si parlava ancora di femminicidio, non ci avevamo proprio pensato, Lella semmai racconta il sopruso del ricco sul povero » dice Stelio, « è fondamentale quel “me so stufata, nun ne famo niente e tirame su la lampo der vestito”, che Lella dice al suo amante sulla spiaggia alla Fiumara » dice Stelio, «è la donna ricca che si rivolge con disprezzo al suo toy boy».
Ci si domanda come è possibile?
Ora è facile da comprendere se si pone mente al travagliato cammino delle donne nell’organizzazione sociale in epoca storica e al loro ruolo nelle diverse religioni. Per dire: il diritto di voto alle donne in Italia è stato introdotto solo nel 1946! Toglierne di mezzo una ogni tanto era nell’ordine delle cose!
È che nella storia umana niente è ovvio, se non al senno di poi. Quello che a noi sembra evidente non lo era per niente a chi ha vissuto in un’altra epoca.
Altrove abbiamo letto come un’anima sensibile, una scrittrice come Karen Blixen, abbia potuto magnificare il piacere della caccia e la perfezione dei corpi dei leoni morti e scuoiati (leggi qui): “I leoni uccisi, lì accanto, apparivano stupendi nella loro nudità. Non un solo filo di grasso ricopriva i muscoli tesi, arcuati, precisi. Non avevan bisogno di manto: nulla mancava alla loro perfezione”.
E da qualche altra parte abbiamo scritto – leggi qui – della mancata percezione delle schiavismo come realtà aberrante, in un’America di non troppo tempo fa (l’abolizione a livello federale fu sancita dalla Costituzione nel 1865, dopo la guerra civile americana: sono circa 150 anni!). Prima di allora poco o nulla da eccepire, da parte delle anime belle, degli ecclesiastici, degli intellettuali del tempo!