di Tonino Impagliazzo
per la prima parte (leggi qui)
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Beniamino Verde, amministratore e Sindaco
Dopo tante battaglie e sconfitte, nell’anno 1983 iniziò un “progetto politico” innovativo e concreto, un pensiero autentico che spiccava il volo tra il cielo e il mare dell’isola.
Beniamino Verde e l’on.le Giovanni Spadolini
Era un mattino di primavera e sull’isola si era aperta una nuova finestra che consentiva al sole di entrare e portare tanta luce…
Era l’anno 1983 e la vittoria amministrativa aveva illuminato come d’incanto un percorso politico nuovo e tutto da costruire.
La popolazione, che, incredula e intrisa di commozione, si era riversata nella piazza principale dell’isola, prendeva coscienza di essere diventata protagonista del proprio destino.
Nel ricordo a ritroso di quegli anni quante amarezze e promesse svanite nel nulla, quanti sacrifici e sofferenze sopportate nella speranza di un cambiamento. E poi… le migrazioni nel nord Italia e fuori dall’Italia per realizzare una vita più dignitosa.
Per alcuni di noi, figli dell’isola, quel giorno era già iniziato negli anni ‘70 quando nella casa di Mario Barra a Roma, nel periodo universitario, fu stretto un patto di amicizia e di onestà intellettuale che fondava le proprie radici, indietro nel tempo, su amarezze patite nell’esercizio del commercio, della piccola imprenditoria rurale e nel lavoro manuale.
Apparve chiaro sin da subito che una rinascita amministrativa sarebbe stata costellata di occasioni da cogliere a volo, di strategie e obiettivi da focalizzare celermente e di opere da attuare con la massima determinazione. Ripercorremmo nel ricordo l’esperienza del ’78, allorquando un gruppo di giovani vide sfumare per una manciata di voti il successo amministrativo e capimmo sin d’allora che, soltanto con l’ unione tra giovani e vecchie passioni, poteva iniziare una nuova stagione.
Quella mattina dell’anno 1983, la popolazione dell’isola stava sigillando un percorso amministrativo tutto nuovo, durato poi circa venti anni, che, seppure costituito da tanti preziosi dettagli, deve essere letto e raccontato per i fatti salienti e le iniziative rilevanti che l’hanno caratterizzato.
Il giorno della vittoria
La banda.
Il maestro Pio Federici nel 1984 diede inizio ad un corso di primo avvio alla musica ed all’uso degli strumenti a fiato e percussione; nel marzo 1985 un gruppetto di 4/6 ragazzi dell’isola sulle scale del Forte Torre, e poi al monumento dei caduti, fece echeggiare poche note e bastò questo per suscitare nei cittadini presenti e negli anziani dell’isola emozioni e visibili commozioni; nel maggio del 1986, la piccola banda accolse ed accompagnò le ceneri di Altiero Spinelli dal porto al cimitero.
Quella banda, rinnovata nel tempo, esiste ancora e attualmente, partecipa a cerimonie, a eventi culturali e sportivi, a festività religiose, a manifestazioni commemorative e a tanti altri momenti di aggregazione che caratterizzano la vita pubblica dell’isola.
Il maestro Pio Federici
Il Museo archeologico, la Biblioteca e l’archivio storico.
Uno yacht tedesco nel 1985 venne intercettato dalla Guardia di Finanza “zeppo di anfore romane“; il comandante confessò che erano state recuperate nelle acque di Ventotene in località le Grottelle. Il capitano Fausto Paletti della G.di F. di Civitavecchia coordinò ed attuò un piano di recupero sui relitti identificati. Molto materiale fu inventariato ed assegnato al Comune di Ventotene e parte fu inviato a Firenze per il restauro.
Una mostra sulle isole pontine tenutasi in Roma nel giugno del 1983, le cui ricerche furono coordinate e condotte dal prof. Giovanni Maria De Rossi, da Margherita Cancellieri e Carla Maria Amici, già aveva acceso i riflettori sulle potenzialità archeologiche di Ventotene.
Il ritrovamento dei reperti archeologici, la mostra di Roma e l’interesse crescente verso le attività di recupero indussero Beniamino ad istituire il Museo Archeologico che inaugurò nel 1989. Nello stesso anno approvò anche i regolamenti per l’istituzione della Biblioteca comunale e dell’Archivio storico.
Il Presidente Sandro Pertini alla Mostra Archeologica di Roma del 1983
Beniamino Verde il giorno dell’inaugurazione del Museo Archeologico
Il Demanio dello Stato su Santo Stefano.
La notizia pubblicata su di una rivista tedesca nel 1983 che Santo Stefano stava per essere venduto ad un Gruppo straniero, sia la parte privata che quella demaniale, allarmò il Sindaco, gli amministratori locali ed il WWF che, con l’allora presidente Folco Quilici, offrì al Comune di Ventotene la somma di un miliardo di vecchie lire per scoraggiare l’acquisto da parte di terzi. Dopo ripetuti solleciti del Sindaco e dell’amministrazione Comunale, il Sovrintendente al Demanio di Latina dott. Cimmino, assegnò in custodia ed uso, ad un canone simbolico, il complesso storico-monumentale al Comune di Ventotene. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con decreto del 18-03-2008, dichiarò l’ex Carcere Borbonico e tutta l’isola di Santo Stefano Monumento Nazionale.
L’isola di Santo Stefano – Il carcere
Il decreto del 18 marzo 2008 del Presidente Giorgio Napolitano
La Casa alloggio.
Si trattava di un vecchio edificio di epoca borbonica di proprietà del Demanio in località Piazza Chiesa dove un tempo venivano assistiti e curati i meno abbienti. Il bene concesso in uso al Comune di Ventotene consentì nel 1986 al Sindaco Verde di attuare dopo un restauro un’impresa ardua di servizio sociale per gli abitanti dell’isola, la Casa Alloggio per Anziani. La casa rimane tuttora una struttura aperta al territorio ed è dotata dei confort igienico–sanitari fondamentali, dei servizi di prevenzione e quelli di assistenza socio-sanitaria. Trattasi di un centro sociale, ben integrato con l’isola, in grado di garantire ogni supporto assistenziale e sociale a quanti ne fanno richiesta, anche per più periodi nell’anno . Un tempo la Casa era diretta dalle suore del Preziosissimo Sangue, tra cui Suor Attilia, che garantivano giorno e notte tutti i servizi socio-assistenziali.
La Casa Alloggio per Anziani
Beniamino Verde e un’anziana signora ospite della Casa Alloggio
Il Museo della Migrazione.
Un giovane ricercatore, il Prof. Fernando Spina dell’INFS di Bologna, telefonò a Beniamino per essere autorizzato a condurre una ricerca sui migratori selvatici sulle rotte dall’Africa all’Europa ed in sosta momentanea sull’isola. Venti anni di studi e di ricerche e, oggi, il Museo della Migrazione è una realtà che suggella e testimonia per l’isola di Ventotene una grande intuizione a favore della ricerca, della tutela e dello studio di questi piccoli migratori. Il restauro del “vecchio semaforo della Marina”, fortemente desiderato da Beniamino e dalla dott.ssa Contino della Regione Lazio, rimane il risultato di un impegno portato avanti nel segno del dono e del rispetto ed è il simbolo di una eccellente risorsa culturale e naturalistica che da anni rappresenta un valore aggiunto nell’offerta turistica.
Il Porto Nuovo – località Cala Rossano.
Beniamino partecipò con interesse e attenzione alla definizione nei minimi particolari del nuovo molo sopraflutti e delle opere connesse alla stabilizzazione del moto ondoso all’interno dello specchio acqueo. Il progetto fu realizzato integralmente dalla Regione Lazio e fu considerato una iniziativa tesa a migliorare la sicurezza del ricovero e la modernizzazione dei servizi con riflessi positivi anche per le casse comunali.
Il federalismo e le ceneri di Altiero Spinelli a Ventotene.
Raccolse e trasformò da iniziativa sperimentale a progetto stabilizzato l’istituzione di una scuola per la formazione federalista sull’isola di Ventotene . Il Manifesto di Ventotene, inizialmente chiamato Manifesto per un’Europa Libera e Unita, scritto da Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli nel ’43 durante il confino politico, propugna il rispetto dei diritti fondamentali e la pari dignità tra tutti gli uomini, il perseguimento della pace e della democrazia tra i popoli, la sussidiarietà e la complementarietà dei cittadini.
Il rapporto confidenziale e positivo stabilito da Beniamino nel corso degli anni con la moglie di Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann, e la figlia Barbara, gli consentirono di ottenere che le ceneri di Altiero Spinelli fossero deposte nel cimitero di Ventotene.
Attualmente, la “collina della memoria” e la piccola area-monumento in cui sono ricordati “i confinati politici” rimangono i segnali visibili di una vita spesa per la tutela della democrazia, dei più deboli e del politico perseguitato, facendo dell’isola di Ventotene un “crogiolo e simbolo” dei valori universali e dei diritti negati.
L’ Area marina protetta (A.M.P.) e la Riserva naturale statale (R.N.S.), sono lì a testimoniare due passioni che lo avevano costantemente accompagnato nel proprio vissuto: l’amore per la terra e il rispetto per la ricchezza del mare.
Il mondo contadino
Sin da ragazzo aveva imparato a conoscere i sapori eccellenti, le produzioni autoctone ed i frutti unici. La ricchezza della terra e l’esistenza di ambienti caratteristici ricavati nella roccia tufacea, gli ipogei, stimolarono e alimentarono in Beniamino l’amore verso il mondo rurale al punto da diventare dei valori unici e magici della sua cultura. Ebbe modo di apprezzare come ambienti e spazi caratteristici ubicati al disotto del piano di campagna fossero vitali per la protezione dalle intemperie e dal vento e fondamentali per la vita degli animali, per la custodia del vino, per le riserve idriche e per la cucina. Seppe dare importanza, proteggendoli, agli spazi esterni degli ipogei come l’aia, la cosiddetta curteglia dove venivano ubicati i lavatoi, l’angolo per riscaldare i cibi, le vasche per sciogliere il verderame e per i lavori artigianali. Il complesso di questi ambienti, utilizzato a supporto della produzione e della vita comunitaria, consenti con il trascorrere degli anni che la saggezza e la dignità contadina diventassero una risorsa e un valore culturale aggiunto per l’isola.
Il Sindaco Verde era convinto che, attraverso il recupero del paesaggio rurale, dei siti caratteristici e dei territori micro-insulari, avrebbe potuto mitigare il rischio idrogeologico e, al tempo stesso, favorire le produzioni eco-agricole e tutelare gli habitat rurali come importante “bacino culturale” ed elemento di sviluppo turistico di grosso spessore.
Il mare che circonda l’isola lo aveva incuriosito sin da giovane per la ricchezza delle specie, per l’arte della cattura, per l’intrinseco valore della qualità del prodotto e per l’autenticità dei personaggi che quel mare solcavano e vivevano; c’era Pascalotte e c’era Perrott ‘i tore (Crescenzo, Raffaele e Stefano), c’erano Geremicchielle e Musulline, c’erano Capacorte e ‘u Russe (Aniello), c’era ’u Nballiere (Francesco), c’erano ‘a Lupa (Gennaro) e Ugarielle, e tanti altri.
Beniamino in questo contesto maturò l’idea che soltanto attraverso un “progetto mirato e partecipato”, capace di coniugare il rispetto del mare e lo sfruttamento equilibrato delle inestimabili risorse naturali, si sarebbe potuto scongiurare l’abbandono di questi territori. Prese coscienza che nuovi mestieri andavano diffondendosi, come quelli legati all’ industria ed ai servizi, i quali favorivano uno spostamento delle popolazioni dai paesi verso le città determinando un lento impoverimento dei lavori tradizionali legati alla terra ed al mare. In questo scenario consolidò l’opinione, che soltanto la realizzazione di un’Area Marina Protetta e una Riserva Naturale statale, avrebbe potuto attutire la frenesia dello scempio e dell’abbandono delle isole ed al tempo stesso, servirsi del recupero di queste eccellenti risorse naturali e culturali come volano per una crescita economica e sociale.
Lo sviluppo delle isole, con la diversificazione delle attività economiche e la destagionalizzazione del turismo, che negli anni 70’ appariva legato quasi prevalentemente a quello di tipo marino, avrebbe potuto favorire politiche di sviluppo locale e disincentivare le emigrazioni invernali.
Beniamino aveva spesso la presunzione di ricordare che la passione verso questi obiettivi ha un solo denominatore: l’amore per la propria terra. Il turismo delle isole non doveva essere comandato dalla luna come per le maree, ma dagli orari del servizio dell’ultimo traghetto per Formia.
Il suo sogno… che ogni visitatore, salito sulla nave, nel lasciare l’isola si fosse portato dietro l’emozione di aver scoperto una terra scomoda e selvaggia, ma infinitamente magica.
[Il ricordo di Beniamino Verde a vent’anni dalla sua tragica scomparsa (2) – continua]
vincenzo
1 Maggio 2019 at 11:44
Quando l’architetto Calselli dice che “per far partire un progetto di tipo Culturale ci vogliono due ingredienti essenziali, il Sindaco e il Progetto”: dice una cosa semplice e giusta.
Nel caso di Beniamino Verde c’era il Progetto e il Sindaco.
Come mi sembra di aver capito anche per Colleferro. Un sindaco eletto nel 2015 a soli 27 anni ha trasformato insieme al progettista un territorio definito “brutto anatroccolo” in un territorio che sta diventando un punto di riferimento della Regione Lazio.
Sta facendo bene l’amico Tonino Impagliazzo a ricordare la figura del Sindaco Beniamino Verde per indicare ai giovani, che si vogliono interessare dello sviluppo dei loro territori, che una via coerente c’è: per produrre sviluppo sociale e protezione ambientale senza tradire i mestieri e le abitudini storiche degli isolani.
Ma le cose devono partire dal basso.
Tonino sta analizzando questa storia di Ventotene facendola partire dai fatti, dalle occasioni che nelle mani di Beniamino diventano progetti. Ma io penso che solo una idea di insieme progettuale può far capire quali sono le buoni occasioni da portare avanti e quali lasciarle morire.
Io penso che Beniamino Verde aveva un progetto di sviluppo della sua isola ben chiaro e l’ha portato avanti, con passione fino alla sua morte ben sapendo che “i politici – tranne qualcuno – sono cantastorie” e ben sapendo che bisogna sempre restare con i piedi sull’isola sfruttando ogni occasione, ogni conoscenza, ogni idea buona e soprattutto coinvolgendo nelle scelte quei residenti che rimangono la fonte ispiratrice che sola può infondere forza ad un Sindaco isolano per andare avanti”.