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Possiamo parlare di fascismo?

di Francesco De Luca
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E’ difficile in tempi di “animi in fiamme” riuscire ad avere un ‘sentire oggettivo ’.
Parlo di sensazioni e non di ragioni, perché nelle ragioni predomina la logica, ma quando la logica si cimenta con le affermazioni ideologiche perde di rigore, si allontana la scientificità e prevale il pregiudizio.

Oggi, è stato acclarato che le ideologie poggiano su pre-giudizi e ne alimentano altrettanti. Le ideologie sono menzognere perché sono al servizio di una verità di comodo, di parte.
La caduta delle ideologie però non ne ha distrutto la matrice. Che è ancor più viva nei populismi di marca odierna. Anzi, tanto più viva, da divenire estremismo. Gli slogan dei premier, nazionali e no, trasudano estremismo perché tendono a modificare la realtà dei fatti in funzione del consenso.
Il ‘sentire oggettivo’ delle opinioni, che auspico, tenta di mitigare l’opportunismo. Dà il comando alla sensazione, al senso comune, si ferma a quel che si trasmette oralmente ed è depositato nella coscienza comune. Tenta, in altre parole, di non cassare l’oggettività dei fatti.

Questa premessa mi serve per trattare l’argomento: fascismo e antifascismo a Ponza. Non lo faccio da storico e perciò posso tralasciare alcuni fatti. Lo affronto da osservatore, coi limiti di tale approccio.

Non guarderò l’aspetto nazionale del fenomeno, anche se ne è correlato, ma soltanto quello relativo alla nostra isola.

Prima domanda: i Ponzesi furono fascisti durante il Fascismo? Risposta: sì, furono fascisti come tutti gli italiani. Lo subirono, se ne vestirono, e talora vi si opposero.

Lo subirono.
La presenza della colonia degli oppositori al regime impose che sull’isola vi stazionassero un corpo militare a guardia dei confinati, e poi la Guardia Nazionale per l’ordine civile. Con in più i Carabinieri.

Che i miliziani abbiano abusato della loro posizione per affermare un sistema di sopruso, è attestato nelle relazioni ufficiali che denunciano sopraffazioni, specie a Le Forna presso le famiglie dove gli uomini erano assenti per la stagionale campagna di pesca (in Sardegna e altrove).
L’episodio dell’uccisione di Salvatore Scotti (leggi qui [2]) è emblematico del terrore che ha accompagnato, anche a Ponza, la presenza del Fascismo.

Se ne vestirono.
Ci sono poi casi in cui i Ponzesi, pur in divisa nera e professando la fede nel totalitarismo, hanno mantenuto ferma la loro comunanza coi compaesani.

Il primo ‘Podestà’ a Ponza fu il dottore Silverio D’Atri, padre di Genoveffa. La quale mi dice: “furono chiamati i due fratelli Silverio e Luigi D’Atri, per partecipare ad un tirocinio al termine del quale o sarebbero andati al fronte o avrebbero dovuto servire come podestà. Mio padre – soggiunge Genoveffa – divenne Podestà di Ponza”.
Chi ha conosciuto il dottore D’Atri (sono fra costoro) non può non ricordare la sua bontà e lo spirito di solidarietà che lo legava ai compaesani.
Altri fascisti furono il padre di Tonino Esposito, di Maria, di Mauro. Ricorda Tonino che il padre fu assegnato a guardia dell’antifascista Sandro Pertini. Uscivano insieme e, una volta fuori dagli occhi indiscreti, il padre concordava col detenuto quando ritrovarsi. Rimasero in buoni rapporti e dopo anni, a Pertini deputato nel parlamento italiano, il padre scrisse e ottenne risposta.
Esposito Mario fu un fascista per nulla ossessivo e spigoloso. Perché l’adesione al regime non mutò l’indole né la esacerbò. Come si può dire di Usai, padre di Titino, di Gino, di AnnaMaria. Uomo dalla bontà estrema. E di Giuseppe Valiante che ha lasciato ricordi di maestrìa.

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Vi si opposero.
Eppoi ci sono stati Ponzesi che si sono opposti al Fascismo. Furono soprattutto le donne. Quelle che contro la volontà delle famiglie sposarono antifascisti in domicilio coatto, e ne appoggiarono le scelte. Donne determinate, volitive, pronte a dividere con l’amato le sofferenze della deportazione e delle offese pubbliche.

La pagina di storia che hanno scritto le donne ponzesi in contrasto col Fascismo ancora deve trovare la giusta considerazione nazionale (Vedi All’isola di Ponza di Silverio Corvisieri, pagg. 273 – 312 ).
Infine, i veri confinati in quel nefasto periodo per l’ Italia furono i cittadini ponzesi. Impediti nel libero movimento per il paese, le donne non potevano circolare se non in coppia perché la presenza dei militi era eccessiva e fastidiosa. I pescatori non potevano prendere il mare con le barche se non ad una certa ora e dietro autorizzazione. I viaggi in continente erano controllati.

I fascisti ponzesi, quelli con la tessera di iscrizione al partito non sono da marchiare perché di nessuna pecca si sono macchiati a livello personale.
La macchia vera, quella che anche oggi va temuta e combattuta, è l’alienazione della coscienza nella propaganda e negli slogan.

 

Immagine di copertina: Il Fascio giovanile a Ponza