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Pascone

di Francesco De Luca

 

Una rondine, una, saetta sulla testa. Veloce gira nel cielo delimitato dai cespugli del colle poi… scompare. Come si fa a guardarla che il sole scoppia negli occhi. È volioso di brillare ora che la primavera gli ha tolto le catene. E sui uastaccette indora i fiorellini che colorano i clivi dell’intera isola.

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Chist’anno Pascone segue ’a tradizzione perché il tempo è clemente, anzi è accondiscendente e permette agli isolani di sciamare sui colli, nelle piccole aree prive di arbusti dove bearsi di sana compagnia, di serena allegria, di gioiosa spensieratezza. Quella propria della fanciullezza. Oppure no… quella dell’adolescenza, meno rumorosa ma più magica per via degli amori nascosti, dei sentimenti latenti.

Il pascone spesso aiutava a liberare le inibizioni. Forse per l’aria intrisa di fragranze, forse per le corse fra parracine e pugniente, forse per la mangiata senza ritegno, e il vino e lo spumante, e i sorrisi schietti delle ragazze, anch’esse in sintonia col tempo che s’apre al sole.

Pascone ’ncopp’u Semaforo, oggi tanto cadente da risultare un pericolo ma ieri, ieri no, in quelle stanze desolate si poteva sentire il battito del cuore, oppure al Fieno, dove il gheppio stride e fa alzare il capo mentre il piede va in fallo fra il selciato della discesa. Nooo… anche qui si beve! Liberato insiste col suo bottiglione che racchiude il meglio dell’anno. La grigliata si improvvisa lì per lì. Oppure ’a macchia ’u spalece col pensiero che dopo si andrà sulla spiaggia del Bagno Vecchio. Dopo… dopo quando? Il venticello sta rinfrescando. Meglio mettersi il maglione. Bisogna ritornare a casa… e c’è Verucciello che va aiutato perché non si regge in piedi.

Spariti. Tutti sono spariti. In un batter d’occhio i compagni si sono dileguati. Siamo rimasti io e Veruccio, e mi tocca aiutarlo a scendere fino alla Dragonara. Ad ogni passo ride… “Dai… che ci siamo quasi. A casa fatti fare un po’ di caffè… così contrasti l’alcol”.

“Però… – mi guarda con occhi spiritati – non ho bevuto molto. M’ha fatto male ’u vino ’i cugnateme. Pozza scula’… era pure frizzantino. Russo, doce e… e frizzantino”.

Una rondine sfreccia sulla testa. Nella penombra della sera lascia l’isola agli isolani.