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Aggio ditto ’a messa p’u cazzo

di Francesco De Luca

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Traduco per i puristi: Ho detto messa per nulla. La traduzione letterale è più cruda e puntuale. Potrà essere goduta appieno se unita al racconto che l’accompagna. Voce di popolo, niente di serio, e soprattutto… voce ’i malalengue.

Siamo a Ponza… e dove se no? A Ponza negli anni antecedenti la grande guerra: prima decade del 1900. Due parrocchie, tre chiese, quattro preti.
Quattro preti? Sì, perché i parrocchiani erano tanti. L’isola contava intorno ai seimila residenti. Tanti parrocchiani e tante situazioni che ruotavano intorno allo stato delle famiglie, ai rapporti coi paesani, alla pratica religiosa. Le disposizioni della curia vescovile inducevano ad essere vicini ai nuclei familiari. Per la salute dell’anima, ma anche per l’educazione dei figli, per i comportamenti corretti dei padri, per una decente conduzione familiare.
Si curavano l’anima e il corpo.

Il corpo… si sa, è corruttibile. E infatti don Mario Scotti (lo chiamo così per non farlo riconoscere) non aveva la responsabilità del parroco bensì quella dell’ausiliario. Sbrigava le funzioni meno sacre: andava per le case, si informava dei vecchi, portava l’ostia ai malati, agli invalidi, benediceva le case. Insomma trafficava per il paese. A fin di bene, sia chiaro, a lode e gloria di Dio. Sì, è così ! Dall’alto Dio vedeva e provvedeva, sentiva e rimediava. E don Mario godeva alla grande di questa protezione. Gli erano aperte tutte le porte. Anche quelle che avrebbero dovuto essere blindate per la lontananza del padrone di casa. Assente lui don Mario trovava ricetto nel letto della moglie. Devota, e soprattutto votata a rendere concreto il messaggio: p’ammore ’i Ddio.

Una tresca amorosa, segreta per quelli che non volevano sapere, discreta quel tanto che non fosse avvertito il vescovo.

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La famiglia di lei era allietata da due bambini. Il padre a pesca in Sardegna, lei a curare gli animali e quel poco di terra. Niente di esaltante e nemmeno di aberrante, ma la realtà ha una forza maggiore di quello che appare nei racconti. Anzi. La quotidianità spesso rasenta l’urgenza che non si trattiene.

Don Mario arrotondava il suo onorario sacerdotale con le offerte per le messe. Come succede ancora oggi perché munno era e munno è. Ma quell’ extra, il più delle volte lo lasciava alla donna che si dibatteva nelle ristrettezze giornaliere. In attesa del marito.

E così sbottò don Mario. Pur se sotto l’egida della santa provvidenza, sbottò: aggio ditto ’a messa p’u cazzo.

Questo è quanto si racconta a commento della massima, e lascio a ognuno di fare i riferimenti che vuole.