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Una canzone per la domenica (31). Come fu che Cat Stevens divenne Yusuf Islam

proposto da Sandro Russo

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Anche se è lunedì, sempre la “Canzone per la domenica” rimane..!

Alcuni artisti sono emblematici per più di un motivo. Prendiamo Cat Stevens (nato Steven Demetre Georgiou, da padre greco-cipriota e madre svedese, a Londra nel luglio ’48 (precisamente a Soho, il quartiere dei ristoranti e della “vita”). Cresciuto tra le musiche greche che si suonavano nel locale e poi vissuto nell’esplosione creativa della swinging London della metà degli anni ’60.

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Nella buona biografia che Wikipedia [2] gli dedica – ci sono le tappe importanti della sua vita, una lunga permanenza in sanatorio per una tubercolosi; dal nome “Cat”Hai gli occhi come quelli di un gatto -, attribuitogli da un’ammiratrice, alla definizione di uno stile personale – “chitarre acustiche in primo piano, sonorità delicate, richiami alla tradizione greca, testi a metà strada tra la canzone d’amore ed il misticismo, il tutto condito da una calda vocalità” (Wiki) – premiato dai primi successi. Ma soprattutto la caratteristica di “testimone dei tempi” che gli dà – ai miei occhi, almeno -, un’aura mitica.

Ebbe la sua formazione in una atmosfera frizzante di multi-culturalità in un ambiente stimolante (la sua somiglia un po’ alla storia di Demis Roussos [3]); inoltre una “curiosità” nei confronti del “senso della vita” e delle religioni lo portò al clamoroso gesto di abbracciare la fede musulmana (sembra in seguito ad uno scampato pericolo di vita, nel 1977 di poco successivo alla lettura del Corano regalatogli dal fratello).
Dal 1995 è conosciuto anche come Yusuf Islam o Yusuf. Vive a Londra con moglie e cinque figli ed è un esponente rispettato della comunità musulmana inglese, senza per questo rinunciare alla musica e a dei periodici tour.

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Di Cat Stevens / Yusuf Islam vorrei presentare qui due canzoni.
La prima, delicata e avvolgente, mi avrebbe spinto a dare il nome di Lisa a mia figlia, se l’avessi avuta.

Sad Lisa (tratto dall’album Tea for the Tillerman; novembre 1970)

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La seconda è un super-classico, emblematica (e molto citata) della dialettica genitori-figli al tempo dei “figli dei fiori”. Mi è sembrata alquanto datata invece ad ascoltarla adesso, ora che anche in quei rapporti tutto è cambiato.

Father and son

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Father and son

It’s not time to make a change,
Just relax, take it easy
You’re still young, that’s your fault,
There’s so much you have to know
Find a girl, settle down,
If you want you can marry
Look at me, I am old, but I’m happy

I was once like you are now, and I know that it’s not easy,
To be calm when you’ve found something going on
But take your time, think a lot,
Why, think of everything you’ve got
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not

How can I try to explain, when I do he turns away again
It’s always been the same, same old story

From the moment I could talk I was ordered to listen
Now there’s a way and I know that I have to go away
I know I have to go

It’s not time to make a change,
Just sit down, take it slowly
You’re still young, that’s your fault,
There’s so much you have to go through

Find a girl, settle down,
If you want you can marry
Look at me, I am old, but I’m happy

All the times that I cried, keeping all the things I knew inside,
It’s hard, but it’s harder to ignore it
If they were right, I’d agree, but it’s them you know not me
Now there’s a way and I know that I have to go away
I know I have to go