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Ponzaracconta si conferma sempre più un sito piacevole da leggere e, secondo me, l’inverno fornisce argomenti più profondi su cui confrontare i propri pensieri, condividerli o approfondire qualche storia personale intrisa di fantasia o di verità.
Mi è capitato leggere pezzi che mi hanno catapultata dentro sentimenti forti che, tra rabbia, nostalgia e malinconia, hanno spolverato memorie storiche e artistiche.
Mi riferisco a Dante Taddia che già “conosco” per averne letto l’interessante “La Repubblica Partenopea a Ponza”.
Ho seguito il suo commovente racconto sul sito a proposito dell’Olocausto (qui l’ultima puntata). Anche se in attesa dell’ultima parte, posso, fin da ora, dire della commozione che mi ha suscitato la lettura e la convinzione che queste scritture come anche la filmografia relativa, dovrebbero essere ricordate sempre, dall’inizio dell’anno fino alla fine.
Anche a me, la lettura di queste bellissime pagine, scritte con passione e sentimento profondo, ha richiamato film interessanti e lo stesso “Vai e vivrai” nominato da Sandro Russo nei Commenti come anche “Il bambino con il pigiama a righe”, “La vita è bella” e molti altri ancora e libri come “L’amico ritrovato” che io sempre ho letto con tutti i miei alunni in V elementare, il Diario di Anna Frank, il Diario di Etty Hillesum e… persone importanti che hanno salvato molti bimbi ebrei come Irena Sendler a cui ho dedicato una lettera pubblicata su Ponzaracconta (leggi qui), Nicholas Winton che ha salvato altri bambini e poi ancora e ancora…
Volevo complimentarmi con Dante Taddia sia per i suoi scritti che per quella “spolverata magica di teatro” che regala in Tanzania.
Dimenticavo… Auguroni anche al suo piccolo nipotino che compie tre anni!
P.S.
All’inizio ho parlato dell’inverno come stimolo creativo perché, per me, l’estate è come parlare della felicità che basta a se stessa mentre l’inverno la pioggia partorisce poesia – sottolineo… per me! – A tal proposito mi riferisco al bellissimo pezzo di Francesco De Luca sull’isola d’inverno (leggi qui). Ma questa è un’altra storia che parla di altri importanti e bellissimi sentimenti inerenti l’animo umano.
Stefano Cavalchini
30 Gennaio 2019 at 18:04
Ho passato la piovosa e fredda giornata di domenica scorsa in Umbria, costretto a casa dall’influenza e così la tv mi ha imposto alla memoria… il Giorno della Memoria. Su la7 c’era una sorta di “maratona Mentana” che comprendeva una intervista a Liliana Segre (sul tema degli indifferenti dell’epoca) e due film.
Il primo “La tregua” di Francesco Rosi, basato sull’omonimo libro di Primo Levi sul suo lungo ritorno a casa dal lager. Guardato da me distrattamente perché mi pareva un film che tradiva lo spirito del testo con i suoi colori smaglianti, i suoi attori in posa, il macchiettismo di troppi personaggi e (…oddio no!) anche la storia d’amore. Ma certo ci si poteva commuovere e indignare pensando al testo originale.
Il secondo era “L’onda”, recente, tedesco e di certo più interessante. Storia di un esperimento didattico di un docente dotato di buone intenzioni che invece sortisce l’effetto di creare una classe di studenti “fascisti” e finisce male. All’inizio didascalico anche nei confronti dello spettatore, finisce invece per inquietare e fare venire l’ansia che è quello che doveva produrre. Ho pensato che comunque l’affermazione di un regime fascista ha bisogno – non mi fraintendete – dell’entusiasmo e della forza fisica ed è quindi affare per gente giovane anche se organizzata da adulti. Spero che i giovani di oggi difettino di queste facoltà virate al nero.
E per finire la mia memoria familiare di quei tempi, ovviamente raccontatami nell’infanzia da chi c’era. Mio padre che, giovane studente di economia, cresciuto in una famiglia di artigiani romani di moderate idee socialiste, sposa una sua compagna di studi ebrea per sottrarla alle leggi razziali. Il nome della signora mi è ancora noto, penso sia morta; il matrimonio naufragò nelle guerra e nella prigionia di mio padre ma il lieto fine c’è: papà si è risposato e per questo sono qui e la signora ha vissuto serenamente a Londra. E si sono salvati anche alcuni amici ebrei e un mio zio disertore che la mia numerosa famiglia decise di nascondere per tutta la lunga notte del ’43 nella casa in cui sono nato. Nessuno del palazzo tradì quello che tutti sapevano ( nemmeno la portiera!). E sulla porta di casa fino agli anni settanta c’era uno spioncino di sicurezza. In caso di allarme ci si calava nell’adiacente seminario coi preti anche loro d’accordo.
Tutto qui. Difficile quantificare l’indifferenza di un popolo. Ma non scordiamo che prima degli ebrei, da noi e peggio ancora in Germania, era stata fatta fuori la sinistra politica, persone che potenzialmente avrebbero protestato e si sarebbero attivate. E’ anche mia convinzione che la memoria sia solo un fantastico strumento, non un valore in sé. Possiamo riempirla di comprensione e senso di giustizia ma, come si vede da tante vicende etniche in corso, anche di odio e rancori eterni.
Marina Giacobbe
31 Gennaio 2019 at 08:35
Grazie Stefano, della bella memoria personale che condivisa provoca risonanze (credo) nel vissuto di molti di noi.
Una generazione che può ancora giovarsi dei racconti in prima persona di genitori e nonni che in quegli anni erano lì, hanno scelto di fare o di non fare, e poi hanno restituito alle nostre orecchie di bambini una testimonianza viva, che portiamo con noi e probabilmente ci ha aiutato a riflettere e a scegliere a nostra volta da che parte stare.
Per forza di cose, per inoppugnabili motivi anagrafici, siamo pressappoco l’ultima generazione che ha beneficiato di questa esperienza; col passare degli anni la memoria passerà sempre di più dalla vita vissuta all’area dell’esercizio etico, intellettuale, estetico, e così via.
Stiamo in guardia: quello che si sente montare in giro sembra echeggiare in qualche misura cose già accadute.
Come disse saggiamente un piccolo sardo occhialuto… “La storia è maestra, ma non ha scolari”. – “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”.
Stiamo in guardia.
Dante Taddia
1 Febbraio 2019 at 21:40
Ringrazio moltissimo Gabriella delle parole di apprezzamento per il mio racconto ispirato alla Giornata della Memoria, e per la stima che testimonia anche per un mio precedente lavoro.
Seppure con tratti romanzati “L’intervista di Sara” è ispirato a vicende vere, che mi sono state raccontate da mia madre Anna, nata nel 1917 a Venezia, dove viveva non lontano dal Ghetto e dove ha avuto modo di conoscere e frequentare tanti bambini e ragazzi ebrei della sua stessa età.
Gabriella ricorda altresì il mio “impegno teatrale” in un villaggio della Tanzania: un’esperienza intensa e importante, che resterà nel mio cuore.
Ora mi sono spostato a Maputo, capitale del Mozambico: bella ma un po’ dispersiva come tutte le città grandi. Se farò qualcosa vi terrò informati.
Grazie infine per gli auguri al mio nipotino Francesco, che compirà tre anni ad agosto, quando sarà piena estate, proprio come piace a nonna Luisa, segno zodiacale Leone come lui.