- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

L’ultima volta a vedere il mare

proposto da Sandro Russo
[1]

.

Leggo il giornale ogni giorno e metto da parte notizie che in qualche modo mi colpiscono; anche senza un’idea di utilizzo immediato. Il più delle volte dimentico tutto, altre volte mi vengono delle idee, mi ritornano delle immagini…
Molti anni fa mi è capitato di accompagnare in elicottero un bambino all’ospedale di Latina in quanto unico medico anestesista presente sull’isola (senza averne alcun titolo, ma erano altri tempi).
Ricordo che per qualche motivo (il vento forse) passammo sopra Palmarola e pensai ai viaggi che fanno qualche volta i ponzesi a causa di un’emergenza sanitaria.
Dall’alto non l’avevo mai vista, Palmarola… (di droni ancora non si parlava).
Riconoscevo gli anfratti della costa, le poche case, tanti particolari noti… Pensai che ero fortunato a vederli da sveglio e in buona salute… Immaginai che per molti ponzesi poteva essere stato l’ultimo viaggio, in condizioni in cui neanche potevano star a pensare a cose diverse dal tirar dentro il respiro successivo; magari stesi in una barella senza poter vedere proprio nulla.
Così – dopo qualche giorno – ho capito perché questo articolo mi aveva colpito (un grazie a Paolo Di Paolo, che conosco) e così lo propongo ai lettori di Ponzaracconta.
S. R.

[2]

La storia
Il desiderio di un anziano
Il vecchio e il mare, l’ultima volta con l’ambulanza sulla spiaggia
di Paolo Di Paolo

E il figlio scrive alla Croce Rossa: “Grazie agli angeli che lo hanno accontentato”

L’ambulanza, partita da Carrara, è diretta a Ivrea. A bordo c’è un uomo di ottantotto anni, costretto a lasciare i suoi luoghi per essere ricoverato in un ospedale che non sia troppo distante dalla zona in cui vivono i figli. Ai volontari che lo accompagnano, l’anziano malato fa una richiesta inattesa.
Vorrebbe fare una breve sosta.
Prima di lasciarsi alle spalle Marina di Carrara, gli piacerebbe vedere il mare per qualche minuto, ancora una volta. Forse l’ultima volta, dice il figlio nel post con cui ringrazia chi ha esaudito quel desiderio.
Lui li chiama i quattro angeli, Tiziana, Debby, Maurizio e Alessandro; loro dicono che non è niente, è solo un piccolo gesto.
Eccolo lì, il signor Gianfredi, con l’erogatore nasale per l’ossigeno, disteso sulla sua barella rivolta verso il mare. È una giornata limpida di fine estate. Nella fotografia si intravede, al limite della spiaggia sassosa, qualcuno che azzarda un bagno di settembre.

È un’immagine che lascia interdetti per qualche istante, poi commossi. Non ha bisogno di didascalie, parla come parla la vita, trasparente, universale.
Indica l’appuntamento inevitabile? No, non è questo, non solo. C’entra ciò che sta nei pressi del traguardo – la manciata di attimi che, senza poterli contare, ce ne separano; e comunque, la possibilità di rubare, portare via con noi qualcosa. Ma cosa? Non è un trasloco, la lista è necessariamente corta. Non funziona nemmeno come un generico “before I die” – un progetto di arte diffusa chiamato proprio così ha tradotto la lista dei desideri in pareti su cui scrivere, e condividere.

Se c’entrano i desideri, e forse sì, ecco, c’entra l’ultimo. Che cosa dunque? Una sigaretta, un tramonto, un bicchiere di vino, un bacio. Un quadro di Rembrandt. Una canzone. Un posto in cui tornare. Oppure una cosa ancora più semplice, una cosa da niente: un frullato al gusto di moka che fanno in un bar della città in cui sei nato. L’anno scorso, Emily, cinquant’anni, ricoverata a Washington per un tumore al pancreas, ha chiesto di poter avere ancora una volta, sulla lingua, il sapore di quel frullato. È stata accontentata. E chissà quanta vita c’è dentro un frullato, quanta, e come bevendolo — col traguardo come una finestra murata al capo del letto — può sembrare di riaverne insieme tutti i sapori.

La solita terribile storia è che non ci appartiene niente, non possiamo tenere né trattenere niente. Ecco ciò che devi amare e sapere, ha scritto il filosofo Jean-Luc Nancy. E se ci è dato il tempo di un’ultima richiesta, è dura scegliere tra le infinite, bellissime cose da niente di cui è fatta una giornata non memorabile.

In Australia una squadra di volontari si offre a persone malate con lo stesso programmatico slancio dei volontari della Croce Rossa di Ivrea. Nessuno sforzo, nessun dono materiale. Sono – sempre che il tempo lo conceda – assistenti, accompagnatori, complici di una piccola e decisiva, preziosissima illusione.
Provano a bloccare gli orologi: attimo fermati, sei bello! E facendolo per il signor Gianfredi, consentendogli di portarsi appresso, in un tratto di vita faticoso, ancora un lampo di bellezza, ancora il bagliore del suo mare sulla retina, lo fanno pure per noi.
O quantomeno – mettendoci davanti alla loro premura generosa – ci spingono, che so, a fare un po’ più profondo un respiro: davanti al solito tramonto, alla miracolosa stranezza di essere vivi. A sentire con più concentrazione il sapore del frullato domattina, il bicchiere di vino di stasera; a fissare più a lungo possibile il lungomare di Marina di Carrara, e qualunque lungomare — come se fosse sempre l’ultima volta, come se fosse sempre la prima.

[3]

L’anziano con la figlia, i medici e i volontari della Croce Rossa di Ivrea

File .pdf dell’articolo: Il vecchio e il mare… Da la Repubblica del 23 sett. 2018 [4]

[Da la Repubblica del 23/9/2018]