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Incontri estivi (2). Ricordando Tarchetti…

di Francesco De Luca

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Quando la calura scema, come ora, sul Corso Pisacane circola un’aria di ‘ritorno al passato’. Eppure tanti sono ancora i villeggianti muniti di trolley, c’è di parte e chi arriva, altrettanto sono coloro che stazionano nei tavoli dei bar. Ma, addossati al muro della balconata, negli spazi liberi, si incontrano visi che l’ età non scompone. Sono Ponzesi che presto lasceranno l’isola per la loro dimora usuale, e che cercano nell’incontro casuale di ritrovare l’amico delle elementari, il compagno di birbonate, la compagna con cui mano nella mano ci si recava in chiesa.

La mia impressione, forse sbagliata, è che Ponza abbia trascorso le estati più memorabili nel dopoguerra, fino a quando il turismo di massa non ha vanificato la sua vita di piccola isola. I ricordi sono tutti fermi lì, cementati in quei rapporti che il paese offriva. Rapporti di amicizia, di simpatia, di rispetto, di gioia. Di tensione verso il futuro.

Ugo Anello (già conosciuto dai lettori) si intrattiene con Silverio Francavilla (‘i Musella), con Tonino Vitiello (‘i Gnaziello). Stessa età, amicizia saldata dall’isola, dai ricordi adolescenziali. Vita diversa, ognuno la sua strada, stessa gioia di vivere.

“Cosa successe con Tarchetti? – racconta Ugo. Successe che Tarchetti (anch’egli noto ai lettori) aveva comprato un semicabinato per la tratta Porto-Frontone, dove stava costruendo una serie di case (oggi albergo Giulia). L’equipaggio eravamo io, Silverio ‘pelé’ e Totonno ‘i semiscotte. Radunata la ciurma partimmo dal porto con maestralotto fresco. Tarchetti vestito di tutto punto: stivali, pantaloni di cuoio neri, sotto una salopette di fustagno e sopra un giaccone di montone. A tracollo tre macchinette fotografiche”.

Silverio già ride perché conosce la storia. Noi a sentire Ugo. “Tarchetti in piedi sulla prua come un esploratore per una avventura da ricordo. Pelé addentava un panino, io al timone. Le onde urtano lo scafo ripetutamente , e lo sportello del cavone di poppa sbatte altrettanto insistentemente Vai a fermare quello sportello, dico a Totonno che risponde irritato – io llà sotto nun ce vaco.

Ugo, allora, lascia il timone e va a fermare lo sportello. Ritorna a riprendere il timone e…“Tatò… dove sta Tarchetti? Pelé – chiede all’altro – dov’ è Tarchetti?”. Gira lo sguardo al mare. A destra la Torre si ergeva superba, ai piedi lo scoglio Rosso mostrava il bianco del maestrale in subbuglio, a un centinaio di metri fra le onde Tarchetti si agitava. Un po’ andava sotto perché appesantito dall’acqua e un po’ veniva su perché i pantaloni di pelle facevano da salvagente.

Girò la prua e gli si avvicinò ma non riuscirono a tirarlo su perché ingombrante. Gli passarono una corda intorno alla vita e lo trascinarono fin sotto il Mamozio. Maurino che lì tutto controllava lo aiutò, trattenendo le risa.

“E le macchine fotografiche? ” – chiede Silverio.

“Si persero fra le onde”.

“E lui? ”

Lui, Tarchetti, era uomo di mondo. Pittore, playboy, frequentatore dei salotti capresi e napoletani, fisico asciutto, abbronzato, con un anello al mignolo. Sposato con una facoltosa americana. Vivacizzò la vita di Ponza negli anni ‘60, ’70, ’80 perché esuberante, maldestro, ironico. E generoso… non fosse che per aver lasciato a Ughetto la possibilità di vivere di rendita per le storie umoristiche e no cui diede vita… e che Ughetto elargisce a piene mani.