Ambiente e Natura

Incontri d’estate

di Francesco De Luca

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Cosa fa di una persona un personaggio? La maggiore rilevanza sociale. Non importanza, ma la rilevanza, l’essere cioè presente, il sapersi imporre nella considerazione sociale, nei pettegolezzi, nelle convinzioni. Così, personaggio può definirsi l’idiota del paese, il bravo pescatore, il medico rispettato, il fannullone che inibisce e infastidisce.

La comunità paesana conosce discendenza e storia personale, valuta le presenze e le assenze, percepisce il detto e il non detto e… attribuisce la qualifica di personaggio.

Ciccillo ‘i maistà lo è stato senza dubbio un personaggio. Dal nomignolo non ne so la ragione ma la sua figura è presente nella coscienza paesana. Fondamentalmente a causa dei motti di spirito, delle battute. Perché aveva spirito arguto.

Faceva un mestiere che lo metteva a contatto con i suoi concittadini nella varia natura e qualità. Era infatti ciabattino e il suo striminzito laboratorio lungo il Corso sulla Punta Bianca rimaneva impresso per il disordine, per il puzzo della tomaia e delle scarpe ammonticchiate. Per la poca luce.

Sto parlando di lui per presentarlo ai lettori giacché Cristoforo Tagliamonte me lo nomina di continuo.
In inverno la banchina Di Fazio che per noi residenti ostinati dell’isola è una semplice via, in estate diventa una vetrina di turisti che vengono, vanno, che si imbarcano, acquistano cibo e vestiari, di macchine, furgoni e motorette. Un inferno ma… attraente e piacevole per chi non ne è coinvolto. Per noi, appunto, ostinati residenti sull’isola.

Lì, su quella strada ci incontriamo pure d’inverno ma l’animo non è disposto alla conversazione. In estate no, in estate si parla, si conversa, ci si intrattiene.

E così oggi Cristoforo mi confida che Ciccillo ‘i maistà è stato il suo maestro di pesca.
“Sì – dice – io e Severino Pacifico stavamo ai remi e lui a poppa. Aveva un handicap alle gambe, Ciccillo, ma aveva una barchetta. Con quella noi guadagnavamo il mare e la fatica dei remi per noi era un gioco. Si andava a pescare nella Parata, vicino allo scoglio Rosso, arrivando al massimo al faro della Guardia.
Cosa pescavamo? Tutto: perchie, occhiate, purpe, mafrune, mennelle, surece. Usavamo per esca i tremmuline che io e Severino avevamo preso il giorno precedente, di solito nella spiaggetta sotto monte Mangiaracino. C’è una spiaggetta di sabbia scura. Smaneggiando la sabbia al di sotto trovavamo quei vermetti”.
“E tuo padre? – mi insinuo – Non andavi con tuo padre?”
“No – risponde – preferivo andare con Ciccillo ‘i maistà e con Severino. Mi divertivo di più”.
E adesso? – chiedo – Non ci vai?”
– “Adesso? E’ un rompicapo uscire dall’ormeggio perché le barche stanno addossate l’una all’altra. Le ancore sono intrecciate e ancora di più le cime di poppa. Eppoi a mare ti sfrecciano i motoscafi, i barconi, la lenza in superficie nessuno la guarda, quella a fondo non riesci a controllarla perché le onde indotte dai motoscafi non danno tregua. Bisogna aspettare settembre. A settembre c’è più calma e i pesci pure ritornano a terra. Appena fa bello vado a surece”.

– “Con la coffa?”
“No, no, con la coffa non c’è gusto. Voglio sentire la toccata e poi… quando ho preso il necessario mi ritiro. A settembre traseno i verdone”.
I che? – dico.
I verdone, li chiamiamo così i surece di stazza più grande, con la livrea verdognola, non rosata come quelli più piccoli. I surece sono pesci buonissimi. Mi fanno disperare per pulirli. Hanno le squame sottili e il corpo viscido, non si riesce a tener fermo. Allora io li faccio arrosto, così la pelle si netta tutta insieme”.

Cristoforo è prossimo alla pensione. Fanalista di famiglia, presto lascerà il faro della Madonna e si godrà casa sua nella Dragonara insieme alla moglie MariaRosaria.

Condividiamo, noi due, lo stesso amore per la nostra isola, ma Cristoforo è un isolano assoluto, più di me.
A Ponza gli interessi, gli svaghi, le pene e gli amori. Lo sguardo pulito, la parlata schietta. Lo perdo come vicino ma non lo perdo perché Cristoforo è di quelli che ci sono sempre.

 

Nella foto di copertina (di Enzo Di Fazio): Cristoforo nella saletta circolare sottostante la lanterna del faro della Guardia

 

1 Comment

1 Comments

  1. Francesco De Luca

    31 Agosto 2018 at 18:23

    Sono mattinate che ciondolo fra Santantuono e il Porto chiedendo informazioni: perché quel Francesco De Luca lo chiamavano Ciccillo ‘i maistà?
    Bene: Ciccillo è diminutivo dialettale di Francesco.
    ’I maistà? Perché il padre Silverio era chiamato maistà. Ma perché? Perché era di tendenza monarchica e quando si parlava del re si alzava in piedi e profferiva: “Maestà!”.
    Me lo ha confidato Ciro Parisi. Lui, quando aveva il bar a Santantuono ne sentiva di aneddoti e storielle. E poi… la monarchia a suo tempo attraeva come in seguito il fascismo. Cambiano i tempi, le mode e i colori.

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