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Chi ha paura del “villaggio vacanze”?

di Luisa Guarino
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La definizione di “villaggio vacanze” per la nostra isola ricorre a ritmi alterni in molti scritti pubblicati sul sito. Ed equivale sempre a una sorta di spauracchio: un’ipotesi paventata e temuta, un concetto da allontanare, un modello da evitare. Amici miei, non nascondiamoci dietro un dito: Ponza è, e già da tempo, un “villaggio vacanze”: guai se così non fosse. Non la conoscerebbe nessuno, non sarebbe la meta prediletta da tanti turisti per le loro vacanze, siano pure esse “usa e getta”. Se Ponza non fosse un “villaggio vacanze” come vivrebbero commercianti e imprenditori che, con o senza esperienza alle spalle, si sono buttati a capofitto nel turismo? Certamente, con il passare degli anni i tempi di questo turismo si vanno sempre più accorciando, vuoi per una crisi di carattere nazionale di cui ancora non si intravede la fine, vuoi per tante carenze legate alla sua gestione, sia da parte degli operatori stessi che dell’Amministrazione comunale.

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E’ chiaro a tutti che i tempi e i modi del turismo ponzese vanno allungati e modificati, offrendo ai turisti un ventaglio di proposte che non si basino soltanto su sole, mare, bellezze naturali, locali in cui trascorrere le ore notturne. Disponiamo di notevoli richiami anche al di fuori di quelli scontati che abbiamo appena elencato: beni archeologici, percorsi per escursioni a piedi, autentici tesori rappresentati da terreni agricoli e coltivazioni mirate, possibilità di effettuare immersioni subacquee anche negli altri mesi dell’anno, materiale e spunti per iniziative di carattere eno-gastronomico.

Puntare su tutto ciò, incentivare iniziative di questo genere, si può e si deve fare, ma proprio prendendo le mosse dalla popolarità che Ponza “villaggio vacanze” ha acquisito negli anni. Purtroppo anche quest’estate mi è capitato spesso di ascoltare i discorsi dei turisti in vacanza: pigiati nei bus (di cui sul sito si è parlato proprio di recente), a criticare con veemenza non solo quei mezzi di trasporto e quei “viaggi della speranza” per raggiungere ogni giorno Ponza da Le Forna e viceversa, ma i prezzi di bar e ristoranti, l’inadeguatezza di stanze e appartamenti presi in affitto a fronte di costi elevati.
“L’anno scorso eravamo a… , tutta un’altra cosa!”
“Il prossimo anno non torniamo: ce ne andiamo a… “.
Come un ritornello. Poi magari proprio quegli stessi turisti l’anno prossimo torneranno. Perché è difficile rinunciare a Ponza “villaggio vacanze”: non fosse altro che per sbattere in faccia ad amici e parenti il fatto di esserselo potuti permettere!

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So perfettamente che su queste pagine e a più riprese è stato affrontato il tema della residenza invernale, che va sostenuta e incoraggiata, come giustamente auspicano in maniera particolare Vincenzo Ambrosino e Biagio Vitiello.
Certo, bisognerebbe andare incontro a chi vive a Ponza tutto l’anno, magari riducendo le tasse, controllando i prezzi, incrementando i servizi, soprattutto potenziando e qualificando i trasporti marittimi.
Ma, mettiamocelo bene in testa, lo spopolamento è inevitabile, fisiologico, inarrestabile: qui, come in tante altre città e isole italiane.
Non è da oggi che chi ne ha le possibilità manda i figli fuori a studiare, acquista una casa a Formia, Roma, Napoli o dove sia,  in cui svernare. Accadeva quando  imprenditori e operatori erano pochi e il turismo appena agli albori, figurarsi oggi che Ponza è un “villaggio vacanze”.
Però a mio avviso si tratta di un concetto che non va demonizzato, poiché esso può creare le premesse per lo sviluppo futuro della nostra isola.