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Quattro pagine in Rassegna Stampa. Cerco di trovare un senso all’impegno di ogni mattina (un vero lavoro, a questo punto, spartito con Enzo Di Fazio) di estrarre notizie di interesse (per Ponza e per la nostra discussa “umanità”) tra un mare di meschinità, gossip e “vere bufale” che ingorgano i giornali on line e cartacei. Vi invito questa mattina a scorrere solo i titoli, nel sommario del giorno 25/8 (leggi qui e cerca il .pdf relativo):
Se vorrete fare la fatica di scorrere quelle pagine anche voi, quando avrete un po’ di tempo, forse ne resterete colpiti e concorderete con me – o forse no – nel trovarci come un filo che le lega. L’agro pontino è una continua scoperta, anche per me che ne vivo ai margini (a Lanuvio, che è a due passi da Aprilia). Gli indiani sono un popolo gentile, posso dirlo per averli conosciuti e frequentati. Bisogna sempre rifuggire dalle generalizzazioni – vengono prima le singole persone e poi le etnie – ciononostante alcune caratteristiche saltano all’occhio. Forse per motivi religiosi [prevalente induismo nella grande India, buddhismo nel sud, in Kerala, in continuità con le popolazioni dello Sri-Lanka, di simile matrice etnica e culturale] hanno una “naturale” empatia per le persone, per le piante e gli animali. Lo sanno bene quelli che ci hanno lavorato insieme. L’immigrazione clandestina è un problema che si spera (o si dispera) di riuscire a risolvere; ci sono le leggi dello Stato al riguardo, e non ci dovrebbe essere bisogno di sceriffi con la barba e con la voce grossa, ma tant’è. Eppure stringe il cuore vedere le foto di quelle povere dimore prese d’assalto da gendarmi in tenuta anti-sommossa, tra un fuggi-fuggi generale. Per spingere la mente un po’ più in là, per propiziare il contatto col “divino”, a volte anche solo per reggere alla fatica, ecco arrivare – sempre e ovunque, nella storia dell’umanità – le cosiddette “droghe”. All’inizio era una “droga utile” a contrastare la fatica e le marce prolungate sugli altipiani della Colombia, del Messico, del Perù ecc., anche la cocaina, prima che l’industria dalla droga se ne appropriasse come sostanza d’abuso, la polvere degli eccessi. Così sono un blando supporto della fatica e del dolore, anche le povere capsule secche di papavero – sono nel mirino per le tracce di oppioidi che contengono, ma credo che la percentuale in esse sia bassissima e l’uso non sia perseguibile. Il giornale fa menzione di un’altra sostanza “eccitante, ma non perseguibile dalla legge”. Mi informerò meglio, ma conoscendo un po’ le loro usanze, dovrebbe trattarsi del Betel (in singalese bulath), le foglie di betel (piper betel) da masticare in un involto che contiene anche tabacco essiccato, noci di areca frammentate (areca nut) e calce, per svolgere il principio attivo. E’ un blando eccitante, assimilabile alle nostre sigarette, non proibito, anzi venduto per strada in tutti i mercati. E veniamo alla terza e quarta notizia. Intanto la notizia si sparge e c’è un mesto corteo dei compagni di lavoro di Singh Davinder (la vittima, 32 anni, una moglie e un figlio in India), com’è tipico di quei popoli con forte spirito di comunità; ma di tutti i lavoratori di una volta, affratellati da un destino comune (basta leggere della solidarietà tra i nostri pescatori quando una disgrazia del mare colpiva uno di loro). *** Questi sono i fatti. Un figlio nostro, del nostro modello di civiltà, investe e uccide un “immigrato”, proveniente da un paese lontano, da un’altra realtà. Venuto qui per lavorare, non certo per fare “la pacchia”. Fermiamoci un attimo a pensarci sopra, quando leggiamo – sempre di corsa e come di cose che riguardano gli altri – queste notizie.
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