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Erotika ’60. (5). Al lanternino no

di Silverio Guarino
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Al “lanternino” no, era troppo rischioso e complicato.

Sì, perché, per appartarti con la tua bella dovevi passare sul corso o sotto la banchina del porto sempre davanti a tutti, prima di arrivare alla punta del molo per poi salire verso il “lanternino” che offriva parecchi anfratti “amorosi”.
Sempre di sera e sempre col buio.
Allora, il luogo “di perdizione” non era come oggi.

Le caratteristiche “organolettiche” del luogo non erano infatti delle migliori, poiché quegli stessi anfratti offrivano a chi ne avesse avuto urgente necessità, lo spazio ideale per fare la pipì, lontano da sguardi indiscreti. Questa abitudine era abbastanza consolidata e poteva essere complicata anche dal rilascio locale di cacche antropomorfe.

Ciononostante, era il posto ideale per le coppie più intraprendenti e “sfacciate” che se ne infischiavano dei giudizi della gente che le vedeva dirigersi verso il lanternino (…e degli odori del luogo).

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La fase II dell’approccio al lanternino era poter arrivare dietro la Caletta, per poter proseguire e completare l’approccio amoroso.

Lì la presenza della sabbia – e l’illuminazione già troppo presente allora -, ci inducevano a più miti consigli. Ci si accontentava pertanto, per passare il tempo, di fare giochi “infantili” come “acchiapparella”, “rubabandiera” o “nascondino”, con buona pace dei nostri sensi.

L’avvenimento più intrigante che si poteva verificare di sera dietro la Caletta era (riservata rigorosamente ai maschietti) la “gara dei rutti”, il famoso concerto in “ru” maggiore. Gara che veniva sempre vinta da un giovane turista pariolino “romano” (Luca?) che, bello, biondo e con gli occhi azzurri riuscì a far venire con le sue “vittorie ruttigene” (dopo averlo sentito dal vivo) l’orticaria a mia sorella Luisa (e non solo a lei) che “stravedeva” per lui …una delusione mortale!

No, al lanternino proprio no.
Non era il luogo ideale per i giovani innamorati, quei “ragazzi perbene” della panoramica.