Ambiente e Natura

Estate delle buriane

di Francesco De Luca

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E’ un fuggi fuggi. Nel porto borbonico i pochi motoscafi tirano le ancore e così fanno quelli legati ai pontili. Le acque ribollono di eliche che spingono per portare lontano gli scafi. Dove vanno? Tutti si dirigono verso punta Madonna, la scavalcheranno per dirigersi a Chiaia di Luna, dove il levante non ha forza.

Aha… ma allora è una levantata quella che si teme! E che si sta gonfiando col passare delle ore. Prima sbuffi di vento, poi ondicelle che si accodano, poi le creste bianche di chi si adira e non ammette intoppi.

E’ una levantata. Quella di marca estiva. Quella che può causare naufragi ai marinai incauti che pensano di salvarsi fidando sulla catena dell’ancora. Ma il fondo sabbioso non offre appigli ai rampini dell’ancora ed essa striscia e lascia lo scafo alla forza del mare. Quando ci si accorge di ciò è ormai tardi. La spiaggia è a pochi metri e il motore per quanto faccia non riuscirà a mettere in salvo lo scafo.

Eccolo là sulla battigia della spiaggia di Frontone alla mercé delle onde. Viene sballottato e ne avrà danni.

Le levantate improvvise trovano impreparati gli sprovveduti. Prendono la barca. Sono marito e moglie.
– Non vi allontanate – raccomanda loro il barcaiolo – perché il tempo non è stabile.
I due lasciano il porto e girano il promontorio della Madonna. Vanno al Bagno Vecchio. Si sdraiano al sole, fanno il bagno, nuotano con piacere. Il levante inizia a dar loro fastidio. Pensano – Meglio non proseguire, ritorniamo nella conca del porto. Meta: la Piana Bianca. Così invitante, così diversa come luogo per il bagno. Tirano la barchetta sulla spianata bianca. I fondali sono variopinti e stimolano le apnee.

Il levante comincia a frangere sulla grande piana e loro trovano saggio tirare lo scafo ancora più su, per non danneggiare la chiglia che è spinta a dondolarsi. Ma il mare ora è crestato di bianco e i due capiscono che non riusciranno a mettere in acqua lo scafo. Le onde contrastano perché vengono proprio di faccia.
Il levante cresce. Sul mare non ci sono barche, tutte rientrate precipitosamente. Loro non possono. Stanno lì, si agitano, fanno segno con le braccia. Qualcuno ha avvertito la Guardia Costiera. Loro non lo sanno. Hanno tirato lo scafo ancora più su e in quel fazzoletto di roccia bianca si muovono nervosi.

Anche la nave postale in arrivo traballa entrando nel porto. Il fuggi fuggi lo ha desertificato. Nessuno scafo si permette di ostacolare l’impeto delle onde. Che nel porto borbonico non entrano, perché protetto dalla scogliera.

Se si è fortunati il levante si attenuerà verso le 14. Ecco infatti la pilotina della Guardia di Finanza che esce, anticipato dal suono della sirena. Va alla Piana Bianca, ma non può avvicinarsi per la presenza delle chiane ’i Pacchiarotto. Insidiose, tanto che il povero Pacchiarotto, nel traghettare delle persone dal porto alle scale di Cala Inferno, con un mare infido, andò a sbattervi contro e una persona, caduta in acqua, morì. Quegli scogli affioranti, con quella denominazione, ricordano l’evento e il personaggio. Il fatto avvenne negli anni ’40 dello scorso secolo (…è anche una canzone di Nino Picicco: leggi e ascolta qui).

Pericolose allora e pericolose ora. Ma i militari si tuffano, raggiungono la roccia, mettono in acqua il natante e poi aiutano i due a salirvi a bordo. Li portano in salvo. L’espressione sembra solenne ma la sostanza è quella.

I due ringraziano. Nel pagare si prendono le bestemmie bonarie del barcaiolo. Costui ispeziona la sua barchetta per sincerarsi che non abbia subito danni e, mentre i due turisti si allontanano, commenta: – Guarda ca s’ha da fa’ pe’ campà. Però ’sta lezzione m’è servuta. Con gli incompetenti la prudenza deve essere doppia.

 

Immagine di copertina: Buriana. Dipinto di Elisa Panfido

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