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Se Capri “piange”… Ponza non ride. Quando ho letto sulla copertina de “il venerdì” di Repubblica di ieri il titolo “Povera Capri” non sapevo se sorridere o rimanere a bocca aperta. Qualche settimana fa, apprendo, Capri ha aderito a una petizione promossa insieme ad altre località dell’Ancim, Associazione nazionale Comuni delle Isole Minori (chissà se anche Ponza ha partecipato – Ndr): si raccolgono firme per una legge di iniziativa popolare che modifichi la Costituzione dell’articolo 119, introducendo dopo il comma quinto questo principio: “Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettiva parità e un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili”. Il sindaco Gianni Martino precisa che per la sua isola non chiede soldi, ma più servizi con la terraferma. Tutto a Capri, si legge ancora nel servizio di Cicala, rispetto al “continente”, costa un 30-40 per cento in più, merci e servizi: il gas esce ancora dalle bombole, i rifiuti salpano ogni giorno per Napoli. Sull’isola vivono circa 15.000 abitanti, Anacapri compresa, il cui numero in alta stagione raddoppia. Nelle giornate clou, sull’isola possono sbarcare 14.000 persone: autentiche orde, e ormai chi alloggia in albergo rimane in media due notti. “Mutatis mutandis”, un quadro che non differisce molto dalla realtà ponzese. Ridimensiona un po’ il tutto Peppino di Capri, il quale riconosce alla sua isola un unico autentico disagio: c’è una grande umidità, specialmente a febbraio “ma dire che siamo disagiati…”. Angoli incantevoli, il porto assolutamente da evitare soprattutto in certi orari (come del resto a Ponza, dove arrivi e partenze sono uno dietro l’altro), un afflusso superiore alla capacità ricettiva dell’isola. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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