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I pescatori-ranger che proteggono i pesci. Una notizie è una notizia. La riportiamo perché ha colpito anche noi, quale segnale di un mondo che cambia, forse troppo velocemente per riuscire ad adattarci. Da la Repubblica di lunedì 18 giugno 2018 SCIENZE di Giacomo Talignani Cap Roux. All’ombra della grande montagna rossa dell’Esterel, nelle acque turchesi di Cap Roux, tra Cannes e Saint-Raphael, va in scena un paradosso difficile da immaginare. Qui i pescatori proteggono il pesce. In Francia, a meno di 70 chilometri dalle coste italiane, da 15 anni esiste una zona di mare protetta (Mpa, Marine protected areas) decisa e realizzata – uno dei primi casi in Europa – proprio dai pescatori e sono loro a gestirla direttamente. Nel 2003 un gruppo che riforniva abitualmente i mercati della Costa Azzurra ha ascoltato i segnali del mare. C’era sempre meno pesce e quello pescato era sempre più piccolo. Inoltre, centinaia di pescatori amatoriali saccheggiavano ogni estate quelle acque. E poi l’inquinamento da plastica in aumento, il sovra-sfruttamento della pesca (overfishing) e il surriscaldamento globale: tutti fattori che contribuiscono al cambiamento degli ecosistemi. In breve tempo i francesi hanno delimitato con boe gialle e altri segnali un’area di 450 ettari dove non si pesca, permettendo così ai pesci di riprodursi e crescere. E, sorpresa, cinque anni dopo, spiega Patrice Francour, «il pesce è raddoppiato per numero e dimensioni». Francour, biologo marino dell’Università di Nizza, coordina la missione scientifica del programma europeo Fishing MPA Blue2 sostenuto dal Wwf e conferma che si tratta di un risultato inatteso: «Pensavamo ci volesse più tempo…». Coinvolgere direttamente i pescatori come protettori dell’ambiente marino, è la stessa cosa in cui si sta impegnando il Wwf in tutto il Mediterraneo. Fra le migliaia di piccole riserve nei nostri mari sono state infatti scelte undici Mpa pilota, in Italia per esempio le Egadi, Torre Guaceto e Portofino, per vedere se e come stavano funzionando. «Crediamo nell’idea di piccole riserve gestite direttamente da loro, aiutandoli ad adottare modelli sostenibili. Questo è un laboratorio, se funziona sarà la strada del cambiamento», dice Anne Remy, responsabile comunicazione Wwf del progetto. Qualcuno vorrebbe un ranger dedicato, altri chiedono di essere pagati come guardiani. «Siamo divisi ma troveremo una soluzione. Al momento, l’unica cosa che possiamo fare è istruire ed educare le persone sulla riserva e ammonire chi ne abusa». Perché non è solo una questione d’ambiente, ma di lavoro: nel Mediterraneo operano 137mila piccoli pescatori, con una flotta che rappresenta l’80 per cento delle barche. Presto potrebbero essere loro i “guardiani” del mare.
Foto di copertina : Wwf Mediterranea. Cristina Mastrandrea
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