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Il prestito (seconda parte)

di Emilio Iodice

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qui di seguito la seconda parte del racconto – da una storia vera – di Emilio Iodice, in due parti; in italiano nella traduzione di Silverio Lamonica e i fondo, la versione completa dell’originale inglese per i lettori di Ponzaracconta d’oltreoceano.


Il prestito. Una storia vera di saggezza e di compassione
di Emilio Iodice

Intorno al 1920 il governo italiano decretò che le navi di una certa stazza dovevano avere al comando un capitano munito di patente. Salvatore fu costretto ad assumerne uno alla guida della Filomena. Il viaggio proseguì con successo fino ad un certo punto. Avevano fatto il carico di aragoste con destinazione Marsiglia.
Salvatore sapeva esattamente quanto a lungo il suo carico avrebbe resistito. Conosceva la rotta più breve per raggiungere la destinazione e suggerì al comandante la rotta migliore da seguire.
Sono io il comandante di questo bastimento e decido io quale rotta seguire – disse quello a Salvatore, il quale rispose: – Però il padrone del bastimento e del suo carico sono io. Io ti ho assunto. Se non arriviamo a Marsiglia in due giorni, la maggior parte delle aragoste morirà.
Ma lui insistette: – Tu sarai pure il proprietario, ma ho io il comando e la responsabilità della salvezza di questa nave e del suo equipaggio. Proseguiremo per la rotta che ho scelto.
– Tu non hai esperienza e il percorso che suggerisci richiede tre o quattro giorni! –
urlò Salvatore.
Replicò il capitano: – Se continui a disturbarmi ti metterò ai ferri!

Dipinto del Capitano Raffaele Sandolo nella chiesa dei Santi Silverio e Domitilla a Ponza. Per gentile concessione di Ponzaracconta

Salvatore si rese conto che non aveva potere e che era in balìa di un pazzo arrogante. Tutte le aragoste morirono. Licenziò il comandante, ma tornato dai suoi quattro figli disse loro: “Studierete per diventare capitani marittimi, in modo che nessuno farà a voi ciò che quest’uomo ha fatto a me”.
Per Salvatore fu un’esperienza su cui riflettere, ma indusse ciascuno dei suoi figli a raggiungere i ruoli più alti della marineria e a comandare i propri bastimenti.

Vascello nella tempesta

Salvatore aveva circa dieci pescatori a bordo di ciascun bastimento. All’epoca erano pagati in base al salario in corso, in più l’armatore dava loro pesci e cibo da portare a casa, una volta arrivati a Ponza.
Era un lavoro duro e pericoloso, quello del pescatore. La loro esistenza era precaria, specialmente se sperperavano i loro soldi in vizi e, in particolare, col gioco d’azzardo. Dal momento che i pescatori erano pagati alla fine del viaggio, spesso ricevevano somme in anticipo per sostenersi fino al termine del viaggio. Qualcuno aveva l’abitudine di chiedere costantemente anticipi sulla paga, come nel caso di Pasquale.

Pasquale era un bravo marinaio ed un pescatore esperto. Lavorava sodo. Aveva la moglie e tre figli. A Ponza avevano una casetta e pochi appezzamenti di terreno che coltivavano. Egli giocava d’azzardo e spesso Salvatore lo mise in guardia per questa sua abitudine. Salvatore proibì il gioco d’azzardo sul suo bastimento e ammonì i suoi uomini di stare molto attenti quando sbarcavano per qualche giorno a Barcellona o Marsiglia. Pasquale prese in prestito dei soldi da Salvatore perfino quando si trovava a Ponza e che gli venivano dati senza interessi. Di solito li restituiva nel giro di un mese ed erano sempre oltre cento lire. Aveva accumulato un debito di trecento lire, quando bussò alla porta di Salvatore.

Disse: – Ho bisogno di altre cento lire – e spiegò: – Debbo comprare un nuovo mulo e delle sementi da seminare per il raccolto della prossima stagione.
Salvatore conosceva il vero motivo: i debiti di gioco. Se gli avesse dato dell’altro denaro, la situazione sarebbe peggiorata. La moglie di Pasquale era allo stremo e chiese a Salvatore di non dare altri soldi al marito, perché li avrebbe buttati via. Salvatore sperò di dargli una lezione, privandolo anche delle risorse che desiderava per alimentare il suo vizio.

Salvatore rispose a Pasquale in questo modo: – Certo, figlio mio. Sarò felice di darti altre cento lire. Maria – disse – prendi dal cassetto cento lire e dalle a Pasquale. – Certamente – disse lei. Maria andò nella stanza e tornò dopo cinque minuti – Mi spiace, Salvatore – spiegò – ma nel cassetto non c’è nulla.
Salvatore guardò Pasquale – Vedi, figlio mio, se tu mi avessi portato i soldi, ora li avresti trovati, ma dal momento che non me li hai restituiti, ora non è rimasto nulla da darti.

Pasquale cominciò a tremare e pianse. Si inginocchiò in lacrime.
Mi spiace – disse. Salvatore lo abbracciò e gli disse: –Torna a casa, Pasquale. Hai bisogno di ricominciare a vivere. Hai bisogno di lavorare sodo e di pagare tutti i tuoi debiti e smettere col gioco d’azzardo. Se non lo fai, distruggerai te stesso e la tua meravigliosa famiglia.

Pasquale cambiò. Lottò per riappropriarsi della sua dignità e lo fece con l’aiuto di Salvatore che credeva in lui. Infine, fu in grado di cominciare a curare i suoi affari e dare perfino dei soldi agli altri.

Naturalmente, questa fu una delle tante storie che accadevano a Ponza decenni e secoli fa, che avevano una morale ed un significato. Fortunatamente c’erano persone come Salvatore e Maria che avevano l’intuito di comprendere la natura umana con tutte le sue debolezze, sapendo quando tendere la mano in aiuto, perché pienamente in grado di notare le varie sfumature dell’animo umano.

Sono orgoglioso di affermare che i miei antenati erano di Ponza e che Salvatore Sandolo e Maria Aprea erano i miei nonni.

 Scorcio del porto di Ponza a sera 

 

File pdf dell’intero scritto originale inglese: Emilio Iodice. The Loan [1]